Le marianne francesi che vincono nelle praterie

1 Luglio 2024

Come hanno sottolineato Davide Caprioglio e Niccolò Donati[1] su Fondazione Feltrinelli per le elezioni europee 2024, anche le legislative del 29-30 giugno, indicano una sorprendete similitudine con   le presidenziali Usa 2016: il centro urbano presidiato da forze centriste in Francia, democratiche in USA, così come del PD in Italia. Au contraire il territorio, quella vasta desolata prateria americana che va dal Middle West, Iowa, Kentucky fino al Kansas, fa emergere un profondo dissenso antigovernativo per la crisi dell’abbandono. Il territorio è lontano, vedi la Sindrome di Lothan, regione della Scozia, ai margini delle regioni meridionali del Firth. ll problema fu posto nel 1977 da Tam Dalyell, deputato laburista del West Lothian con il celebre richiamo in piena Aula dei Comuni “For how long will English constituencies and English Honourable members tolerate … at least 119 Honourable Members from Scotland, Wales and Northern Ireland exercising an important, and probably often decisive, effect on English politics while they themselves have no say in the same matters in Scotland, Wales and Northern Ireland?”

RN non è molto diverso da Fratelli ( e sorelle) d’Italia. Un nucleo di dirigenti ha dato una sonora sterzata ad un partito militarista, di vecchio stampo lepenista dovuto al Padre abbastanza Eterno Jean Marie Le Pen, un partito la cui nostalgia si stendeva nei ricordi di Vichy accoccolato ad una componente più che rivoluzionaria, sediziosa e squadrista di ampia nostalgia radicale.

Marine Le Pen utilizza invece il Sistema della De-diabolization, la rigenerazione dai miti fasciti d’antan, usando come leve quelle della migrazione clandestina, lo spettro della debacle demografica e scomparsa dell’identità francese, lo sradicamento delle ideologie islamiste. In few words, la cancellazione del multiculturalismo di cui hanno beneficiato le minoranze quebecquan, con la rivisitazione ab imis della “contaminazione e assimilazione” degli immigrati di oltreoceano e delle ex colonie francesi. Accanto a questo non manca quel sano richiamo alla politica sociale d’antan oggi rivisitata in funzione della “rivincita dei posti che non contano”.

Nasce così la politica economica mista di corporativismo centralista ma con l’occhio rivolto alle periferie dimenticate. La Francia ha da sempre il problema del centralismo Parigino e della Provincia, una vera sineddoche, la parte per il tutto, essendo tutta la Francia identificata in Parigi con annessa la Provincia che racchiude tutto il resto.

Si sente quel sentiment di rivolta delle periferie che oggi il civismo vorrebbe riabilitare donandole una proposta organica che, se non è europea, è un ben nulla. Anche in Italia non mancano sparute manifestazioni Civiche, più spesso legate a marchingegni elettorali ma sostanzialmente prive di elaborata strategia corale e di sinergia politica che impediscono loro di recepire e catturare quel sostanzioso  50% di astenuti dal voto. Sicché Marine Le Pen con il Rassemblement National è andata prendersi lo scontento periferico indossando i panni del populismo qualunquista misto allo sventolio della bandiera del Welfare che tanta presa fa su anziani, pensionati, malati. La de-diabolisation sta dando i suoi frutti, Giorgia lo sa bene perché lo ha fatto prima lei. Quando parlava da leader di FdI, non ancora Premier, sembrava la paladina della destra sociale, e se si chiudevano gli occhi al suo posto sembrava udire Dolores Ibarruri, la Pasionaria. Oggi, divenuta Premier, incarna perfettamente il ruolo di Leader Europea e quando si parla di welfare, osta tante scuse per i bilanci da rispettare. Resta il problema sbandierato delle povertà irrisolte e delle voci che non contano come sottolineava nel 2018 Andrè Rodriguez-Pose[2] quando scrisse il Manifesto delle povertà:

Persistent poverty, economic decay and lack of opportunities are at the root of considerable discontent in declining and lagging-behind areas the world over. Poor development prospects and an increasing belief that these places have “no future”—as economic dynamism has been posited to be increasingly dependent on agglomeration economies—have led many of these so-called “places that don’t matter” to revolt against the status quo. The revolt has come via an unexpected source: the ballot-box, in a wave of political populism with strong territorial, rather than social foundations. I will argue that the populist wave is challenging the sources of existing well-being in both the less-dynamic and the more prosperous areas and that better, rather than more, place-sensitive territorial development policies are needed in order to find a solution to the problem. Place-sensitive development policies need, however, to stay clear of the welfare, income support and big investment projects of past development strategies if they are to be successful and focus on tapping into untapped potential and on providing opportunities to those people living in the places that “don’t matter”.

La povertà persistente, il decadimento economico e la mancanza di opportunità sono alla radice del notevole malcontento nelle aree in declino e in ritardo di tutto il mondo. Le scarse prospettive di sviluppo e la crescente convinzione che questi luoghi “non abbiano futuro” – poiché si ritiene che il dinamismo economico dipenda sempre più dalle economie di agglomerazione – hanno portato molti di questi cosiddetti “luoghi che non contano” a ribellarsi contro l’economia globale. status quo. La rivolta è arrivata attraverso una fonte inaspettata: le urne, in un’ondata di populismo politico con forti basi territoriali, piuttosto che sociali. Sosterrò che l’ondata populista sta mettendo a dura prova le fonti del benessere esistente sia nelle aree meno dinamiche che in quelle più prospere e che sono necessarie politiche di sviluppo territoriale migliori, anziché più sensibili al territorio, per trovare una soluzione a questo problema. il problema. Se vogliono avere successo, le politiche di sviluppo sensibili al territorio devono, tuttavia, stare alla larga dal welfare, dal sostegno al reddito e dai grandi progetti di investimento delle strategie di sviluppo passate e concentrarsi sullo sfruttamento del potenziale non sfruttato e sulla fornitura di opportunità alle persone che vivono in quei luoghi. che “non importa”.

La Le Pen si occupa anch’essa di pensioni, ne chiede l’aumento e l’indicizzazione all’inflazione, ma la logica resta antipluralista, l’idea della solidarietà marginale o solo elettorale e non riesce a permeare l’intera politica sociale. Conta l’identità esclusiva e non inclusiva, conta il regionalismo esclusivo e non il federalismo inclusivo. Ma agli abitanti della Provincia lontana e dimenticata questo interessa ben poco, sentono una voce di riscossa e le “Marianne” allora si attivano. Marine e la nipote Marion Marèchal stravincono nelle praterie polverose, lasciando l’asfalto dei quartieri-bene ai Macron di turno, si chiamino pure Glucksmann o Mèlenchon. Lo stesso disinvolto e più volte usato termine ” Rassemblement” (da Chirac a oggi) indica quanto e nettamente sia diviso il popolo francese, parigini contro provenzali, ma questa volta è in gioco il futuro europeo e c’è poco da rivaleggiare.

[1] Caprioglio D., Donati N. La Francia del RN, per molti ma non per tutti. FF, 24.06.24
[2] Andrés Rodríguez-Pose, Cambridge Journal of Regions, Economy and Society, Volume 11, Issue 1, March 2018,

TAG: France Insoumise, I rassemblement francesi, marine le pen, Melenchon e Glucksmann
CAT: immigrazione, Politiche comunitarie

Nessun commento

Devi fare per commentare, è semplice e veloce.

CARICAMENTO...