Immigrazione

Non ci basterà “restare umani” per sconfiggere Salvini (che oggi ha vinto)

11 Giugno 2018

La vicenda della nave Aquarius si avvia verso una soluzione non traumatica, dopo che Pedro Sanchez, nuovo primo ministro spagnolo, ha dato la disponibilità ad accogliere i migranti nel porto di Valencia. L’apertura iberica è stata prontamente salutata con un ringraziamento dal presidente del consiglio Giuseppe Conte, silente per tutto lo svolgimento delle operazioni e mai partecipe, almeno pubblicamente, della partita politica tutta condotta da Matteo Salvini con il supporto del ministro competente per materia, il titolare del dicastero delle infrastrutture Toninelli. Se davvero questo sarà l’approdo, e questo sarà il finale di partita, al di là di ogni condanna etica per l’azzardo condotto dal ministro degli interni mentre in mare c’erano oltre 600 persone, molti minorenni e alcune donne incinte, sarà difficile non registrare la sua vittoria politica, almeno nel breve periodo. Dopo aver messo all’indice la vicina Malta (che stando a dati ufficiali negli ultimi tre anni ha sempre negato alle navi cariche di migranti di effettuare sbarchi sull’isola) e aver tenuto la linea dura sui porti italiani, incassa la mossa di Sanchez come una sua vittoria. Il fatto che sia un governo di sinistra ad accogliere l’Aquarius è, per Salvini, un ulteriore e innegabile successo, perché serve a rimarcare una volta di più le differenze tra il governo giallo-blu a trazione salviniana, da un lato, e i suoi avversari politici principali, quelli della sinistra “buonista e radical chic”, che in Italia invero stanno dando poche soddisfazioni e pochi punti di riferimento al capo leghista.

Se l’emergenza contingente è stata probabilmente archiviata in maniera positiva, almeno per i 629 esseri umani che son diventati carne da cannone, la guerra è appena cominciata, ed è una guerra di lungo periodo. Riguarda il tema epocale dell’immigrazione e, più in generale, dei rapporti con le istituzioni sovrannazionali, con l’Europa, la sua realtà e i suoi fantasmi. Dietro l’angolo ci sono diverse “Aquarius” pronte a salpare, e sul tavolo, alla luce del sole dell’estate mediterranea, ci sono ora tutti i nodi che la brutale prova di forza di Salvini ha fatto emergere, con cinismo e cattiveria non sorprendenti, invero, come non lo è l’intuito politico del capo leghista. In un sol colpo, decidendo di lasciare in mezzo al mare l’Aquarius e qualche centinaio di persone disperate, ha reso tema di dibattito pubblico (interno e internazionale) anzitutto la “questione maltese”. È vero, parliamo di un’isoletta grande quanto una piccola regione italiana. E tuttavia, l’atteggiamento maltese sull’immigrazione nordafricana è da anni ormai del tutto non collaborativo, fino alla plateale non ratifica dei trattati europei in materia. La stessa decisione spagnola, formalmente presa da un paese membro in maniera formalmente autonoma, mostra una volta di più la debolezza dell’Unione Europea come entità politica. Un paese membro si è fatto carico della contesa tra altri due paesi membri, lo ha fatto invocando evidenti “ragioni umanitarie”, ma a guardare in una prospettiva di breve e medio periodo la vicenda ad uscirne rafforzati sono le ragioni, le scelte, i modi anti-diplomatici di Matteo Salvini.

Nel lungo periodo, ovviamente, le variabili sono tante e la vittoria di una battaglia non dice molto della traiettoria della guerra. Non sappiamo, ad esempio, e per cominciare, che cicatrici rimarrano nel tessuto delle relazioni istituzionali tra Italia e resto d’Europa, dalla vicina Malta alla lontana e preoccupata Berlino. Non sappiamo se il metodo brutale messo a terra e per mare dal titolare degli Interni potrà davvero cambiare lo status quo sulle tematiche dell’immigrazione e, più in generale, incidere sui tanti problematici tavoli che riguardano l’Italia in Europa. Non sappiamo se e quali ritorsioni una mossa del genere può suscitare, sia a nord che a sud dei nostri confini. Sappiamo però che è stato segnato un precedente simbolico forte, che resterà nella testa e nel consenso di molti nostri concittadini abbastanza a lungo. Sia tra chi ha votato Lega sia tra chi, pur avendo scelto altro, empatizza le ragioni del partito fondato da Umbero Bossi. Tra le varie cose che insegna la vicenda di questi giorni, infine, c’è che la sinistra italiana, o quel che ne resta, deve davvero ritrovare se stessa. Dopo gli anni della politica accorta, concreta, e però abbastanza spregiudicata di Marco Minniti, fatta di accordi con la Libia finalizzati a non far partire i migranti e con una certa prevalenza del fine rispetto ai mezzi, in questi giorni ha balbettato autocritiche strane per chi, in ogni modo, ha voluto che questo governo nascesse. Poi, per contestare le scelte di Salvini, tra i dati più citati ci sono questi, che vedete qui sotto. La fonte è l’alto commissariato Onu per i rifugiati. Sono dati che mostrano la bassissima incidenza statistica degli aventi diritto di asilo rispetto alla popolazione italiana.

Sono dati naturalmente veri, ma da soli ci dicono poco. Per esempio, vanno letti assieme ad altri dati, riportati dalle fonti statistiche ufficiali dell’unione Europea. La tabella qui sotto dice quanti sono coloro che hanno richiesto asilo negli ultimi anni e, si vede bene, l’Italia in questa classifica occupa invece le prime posizioni.

Si dice, ancora e sempre, che l’Italia ha un’incidenza della popolazione immigrata assolutamente in linea con la media europea, ed anzi lievemente più bassa, nel complesso. Non si considera mai che il fenomeno migratorio in Italia ha raggiunto queste proporzioni in pochi decenni, mentre è stato ampiamente più graduale in paesi europei comparabili per stazza e caratteristiche sociali e urbane.

Si dice che molte delle pulsioni cui attinge il “salvisinismo” sono razziste, e c’è ovviamente molto di vero. Quel che non si dice mai abbastanza, però, è che in ogni epoca i fenomeni migratori di massa comportano aumenti anche imponenti della spesa sociale, e un aumento massiccio della concorrenza per una risorsa scarsa e vitale, cioè il lavoro delle fasce più deboli e meno protette dal proprio posizionamento, e dalle opportunità che abbiamo avuto. È vero, direte voi, ma qui parlavamo di disperati che arrivano e che in gran parte vogliono chiedere asilo, e poi attendere i tempi (lunghi) che servono per vedere accolta o, più spesso, almeno così è stato in Italia l’anno scorso, rigettata la propria domanda. Ma non sempre le distinzioni vengono facili, soprattutto se chi dovrebbe spiegarle con pazienza appare come lontano, benevelonente solo “con gli altri” perché ben protetto dal proprio strato di privilegio.

Restare umani, insomma, resta un dovere di ciascuno, che ciascuno deve verificare davanti alla propria coscienza. Per cambiare in meglio le cose, però, serve fare politica. Chi la sta facendo oggi in Italia? Qual è il primo nome che vi viene in mente?

 

 

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