Immigrazione
Perché il sindaco simbolo dell’accoglienza ai migranti è stato arrestato
Il sindaco di Riace, Domenico Lucano, diventato per molti un simbolo dell’accoglienza ai migranti, è stato arrestato dalla guardia di finanza di Locri, nell’ambito di un’operazione chiamata Xenia.
Le accuse contro Lucano sarebbero quelle di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e illeciti nell’affidamento diretto del servizio di raccolta dei rifiuti.
Il sindaco si trova agli arresti domiciliari e per la sua compagna, Tesfahun Lemlem, è stato stabilito il divieto di dimora.
Il provvedimento cautelare nei confronti di Lucano arriva dopo dopo alcune indagini coordinate e dirette dalla Procura della Repubblica di Locri sulla gestione dei finanziamenti erogati dal ministero dell’Interno e dalla prefettura di Reggio Calabria al Comune di Riace per l’accoglienza dei rifugiati e dei richiedenti asilo politico.
Nel comunicato stampa diffuso dalla procura della Repubblica del tribunale di Locri si legge che il sindaco, con la collaborazione della sua compagna, avrebbe organizzato dei “matrimoni di convenienza” tra cittadini italiani e donne straniere per consentire la permanenza di queste ultime in Italia.
Le prove dimostrerebbero quindi, come il sindaco e la compagna «avessero architettato degli espedienti criminosi, tanto semplici quanto efficaci, volti ad aggirare la disciplina prevista dalle norme nazionali per ottenere l’ingresso in Italia». Nel comunicato si riportano alcune intercettazioni a sostegno dell’accusa.
L’amministratore si è sempre definito come un sindaco ribelle, disposto a fare anche delle forzature pur di accogliere i migranti.
Inoltre, Lucano, avrebbe affidato senza gara di appalto, come invece previsto dal Codice dei contratti pubblici, il servizio di raccolta e trasporto dei rifiuti di Riace a due cooperative sociali, Ecoriace e L’Aquilone, che non avrebbero però i requisiti di legge richiesti per fornire quel tipo di servizio.
Nell’ultima pagina del documento, poi, viene precisato che le contestazioni più gravi contro il sindaco (concussione, malversazione, truffa ai danni dello Stato) non hanno trovato riscontro, perché «il diffuso malcostume emerso nel corso delle indagini non si è tradotto in alcuna delle ipotesi delittuose ipotizzate».
Il comunicato della procura di Locri sull’arresto di Mimmo Lucano sindaco di Riace pic.twitter.com/ldxNS3cya9
— Lucia Conte (@luciacontee) 2 ottobre 2018
Il modello calabrese di Riace è stato sostenuto e apprezzato in tutta Europa. I migranti, per sindaco e paese (che era ormai quasi deserto), sono stati e sono una risorsa. Nelle case abbandonate del centro vivono centinaia di rifugiati che animano il paese, lavorando nelle botteghe e nei piccoli esercizi commerciali.
Contro Lucano, però, l’anno scorso era partita un’indagine della magistratura per «anomalie nel funzionamento del sistema». Il sindaco era stato iscritto nel registro degli indagati con le ipotesi di concussione e truffa e aveva iniziato anche uno sciopero della fame in aperto scontro con quello che è l’attuale ministro dell’interno Matteo Salvini.
La procura, in quel momento, gli contestava il sistema dei bonus e delle borse lavoro, i due strumenti con cui a Riace si utilizzavano in modo diverso i 35 euro giornalieri concessi dallo Stato per la gestione dei richiedenti asilo. Diversi personaggi pubblici (tra sui Roberto Saviano) erano intervenuti per difendere l’operato del sindaco, per fare in modo che non venissero bloccati a lungo i finanziamenti in quello considerato un modello di integrazione e accoglienza diffusa.
Poi Lucano comunicò che tutto si era risolto ma in realtà il ministero degli Interni aveva precisato che il Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione stava valutando le note trasmesse dal sindaco, e che era «un passaggio necessario, dopo l’accertamento di molte, gravi e diffuse criticità per spese che non risulterebbero ammissibili».
Foto di copertina di Carlo Troiano, Wikipedia
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