Valtur, marchio in vendita e baratro sempre più vicino
Dopo la lettera di licenziamento ai 150 addetti di Valtur, di cui ha dato conto Barbara Ardù su Repubblica.it, arriva la vendita del marchio.
È stato infatti pubblicato dalla sezione fallimentare del Tribunale di Milano dove è radicata la richiesta di concordato liquidatorio avanzata dalla Investindustrial del finanziere Andrea Bonomi, “l’avviso di apertura di procedimento competitivo per l’acquisto del marchio Valtur”
Le offerte, che sono da presentare entro le ore 18.00 del 2 luglio, dovranno avere un importo pari o superiore a Euro 1.500.000 e potranno pervenire, come si legge nell’avviso “da soggetti privati e da imprenditori italiani e stranieri. Solo nel caso in cui venga presentata un’offerta per un importo pari o superiore a 2milioni di euro, il Commissario Giudiziale procederà immediatamente all’aggiudicazione definitiva. Ma tra gli addetti ai lavori c’è scetticismo rispetto alla possibilità che arrivino sul tavolo offerte anche di poco superiore a 1,5 milioni, considerando che Valtur è priva di asset immobiliari propri. Gli ultimi villaggi (Marina di Ostuni, Marilleva e Pila), come è noto, sono stati venduti a Cassa Depositi e Prestiti, proprio un anno fa e sul presupposto che Bonomi realizzasse gli investimenti promessi.
Era il 5 giugno dell’anno scorso e Cdp annunciava infatti l’acquisto di tre asset dal gruppo Valtur, finito esattamente un anno prima sotto il controllo della Investindustrial del finanziere milanese. A cui la cessione dei tre immobili aveva fruttato ben 43,5 milioni di euro, con l’impegno ad investirne 6,5. «Valtur potrà continuare il proprio impegno nella realizzazione di un polo alberghiero dedicato al turismo di vacanza e a quello congressuale, attraverso una piattaforma operativa tecnologicamente avanzata», aveva fatto notare il presidente uscente di Cdp Claudio Costamagna. La frase era parsa eccessivamente ottimistica a chi come noi aveva visionato i bilanci di Valtur: nel 2016, a fronte di un volume d’affari pari a 76,2 milioni (erano 72,6 nel 2015), i conti erano stati chiusi al 31 ottobre con un disavanzo di 62,3 milioni, contro un utile di 1,6 milioni realizzato nel 2015. Una perdita, questa, definita nella relazione sulla gestione «gravemente negativa». E imputata anche a fattori straordinari, come i «ritardi nella commercializzazione e marketing della stagione estiva 2016», oltre ad «una serie di eventi emersi successivamente al cambio di management», verosimilmente sfuggiti ai radar di Bonomi e dei suoi consulenti al momento delle trattative. Come svalutazioni di attività per quasi 12 milioni, perdite su crediti per 2,5 milioni, accordi tansativi per circa 12 milioni: una catena di fatti, che aveva inciso pesantemente sui risultati di bilancio e che pareva potesse essere la chiave di lettura dell’inattesa cessione delle tre strutture a CDP, acquistate peraltro da Bonomi pochi mesi prima da Prelios Sgr.
Il bilancio 2017, chiuso sempre ad ottobre, non aveva fatto che confermare la crisi di Valtur: 86 milioni il volume di ricavi realizzato (più 7% rispetto all’anno precedente), circa 80 milioni le perdite accumulate, di cui 60 per accantonamenti e interventi straordinari. La situazione, nonostante nello scorso inverno le presenze nelle strutture gestite siano salite del 20,1% e il fatturato del 24% e l’estate prima rispettivamente del 19,3 e del 32,6%, deve essere precipitata, se il fondo Investindustrial di Andrea Bonomi è stato spinto a chiedere la liquidazione societaria: un treno in corso che che nemmeno la richiesta del Mise e il tempestivo intervento del ministro del turismo in pectore Gian Marco Centinaio sono riusciti a fermare.
Lo spettro della scomparsa definitiva di un marchio storico come Valtur è dunque concreto. E l’unica soluzione all’orizzonte perché un patrimonio aziendale e professionale venga salvato dal baratro appare un nuovo intervento di Cdp a braccetto con Invitalia, la controllata del Mef esperta di salvataggi e ristrutturazioni aziendali condotti anche con utilizzo di fondi europei.
@albcrepaldi
Un commento
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ho molti anni di Turismo sulle spalle, ma raramente ho visto una tale leggerezza nel fare un businnes, incompetenza era quanto traspariva da due incontri con la dirigenza. ho collaborato alcuni mesi con la Vecchia Valtur, avevo ben chiaro il passato ed uscendo dagl’incontri ho pensato ” dalla padella alla brace”, avevo offerto all’ AD un possibile coinvolgimento di un Gruppo intenzionato ad investire, ma a gestire, MURO anche ad un prosieguo di trattativa. AUGURO a TUTTI un futuro adeguato alle loro competenze. Un abbraccio Mario M