Governo
Le imposte sui biglietti aerei sono dannose
Lorenzo Fioramonti, appena nominato ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca del secondo governo guidato da Giuseppe Conte, ha immediatamente trovato molto spazio nei media italiani, per via della proposta di introdurre almeno un paio di imposte pigouviane.
Le imposte pigouviane
L’economista britannico Arthur Cecil Pigou, nato nell’isola di Wight quasi 142 anni fa, e grande amico in vita del ben più famoso collega e connazionale John Maynard Keynes, viene oggi ricordato principalmente per avere formalizzato il concetto di esternalità, originalmente introdotto dal filosofo Henry Sidgwick, e per avere proposto per primo l’uso di imposte per disincentivare le esternalità negative e di sussidi per incentivare le esternalità positive.
Le prime due imposte pigouviane proposte da Lorenzo Fioramonti mirano a colpire una le bibite gassate e le merendine, l’altra i voli aerei, per ricavare risorse da investire su scuola e università. Oltre che ad una fondazione teorica ormai secolare, Pigou infatti propose questo tipo di imposte ne l’Economia del benessere, pubblicato nel 1920, la proposta di Fioramonti ha una fondazione sperimentale plurimillenaria, dato che lo strumento delle imposte e dei sussidi pigouviani viene utilizzato anche da ben prima che venisse descritto e formalizzato da Sidgwick e Pigou. La prima Legge Suntuaria di cui si ha notizia in Europa nell’età pre-moderna è infatti quella del Regno di Sicilia, risalente addirittura al 1272, e tante ne seguirono nei vari stati italiani ed europei, ma se guardiamo agli antichi Romani, la più antica legge con aspetti pigouviani è probabilmente la Lex Oppia del 215 a.C., che all’indomani della catastrofe di Cannae cercò di limitare l’indipendenza economica delle donne e di minimizzarne il patrimonio, per mitigare il rischio che spendessero in spese voluttuarie il patrimonio di famiglia.
Analisi tra costi e benefici
Delle due imposte proposte da Lorenzo Fioramonti, la prima, quella sulle bibite gassate e le merendine, è abbastanza probabile che possa ricevere un esteso sostegno popolare, non mi stupirei se addirittura dalla maggioranza dei cittadini italiani, ed è anche possibile che possa passare il vaglio di una seria analisi tra costi e benefici.
La seconda imposta proposta di Lorenzo Fioramonti, quella sui biglietti aerei, è invece enormemente più controversa, ed è letteralmente impossibile che passi il vaglio di una onesta analisi tra costi e benefici.
La proposta di Lorenzo Fioramonti di introdurre questa imposta pigouviana sui biglietti aerei presenta infatti quattro problemi fondamentali.
I conti non tornano
Lorenzo Fioramonti pare abbia proposto di introdurre una imposta piatta di 2 Euro sui biglietti aerei, da cui si dovrebbero ricavare 400 milioni di Euro. Il primo problema di questa proposta è che chiunque abbia una minima familiarità con il trasporto aereo italiano si accorgerà immediatamente che i conti non tornano. Nel 2018 i passeggeri negli aeroporti italiani sono stati poco più di 185 milioni. Gli imbarchi però, quelli su cui si pagano i biglietti e le relative tasse ed imposte, sono ovviamente stati circa la meta, per la precisione 92.484.280. Nella incredibile ipotesi che non comprimesse il numero di partenze una imposta di 2 Euro ad imbarco porterebbe quindi al massimo circa 185 milioni di Euro. È molto più verisimile che per far entrare nelle casse dell’erario 400 milioni di Euro, tenendo conto degli effetti depressivi sulla connettività aerea, l’imposta proposta da Lorenzo Fioramonti dovrebbe essere di almeno 5 Euro a passeggero imbarcato.
Pagano sempre i poveri
Il secondo problema è che essendo una imposta piatta, sia che siano 2 Euro o che siano 5 Euro, si tratta in ogni caso di una imposta regressiva. Esattamente come la preesistente imposta addizionale sugli imbarchi, anch’esse una imposta piatta da 6 Euro e 50 centesimi ad imbarco, penalizzerebbe maggiormente gli utenti più poveri, cioè quelli che comprano i biglietti meno cari. Il fenomeno è esacerbato dal fatto che questa nuova imposta, come le preesistenti addizionali, fungono anche da potente incentivo per le compagnie aeree a basso costo a spostare rotte dai piccoli aeroporti periferici ai grandi aeroporti metropolitani, ed a spostare aeromobili dalle basi italiane a quelle estere. Per rendersene conto, al buon Lorenzo Fioramonti, basterebbe chiedere ad un qualsiasi esperto una simulazione di quale sarebbe la reazione di Ryanair a fronte dell’introduzione di questa ulteriore imposta. Al posto suo, e della sua collega Paola Di Micheli, il nuovo ministro delle infrastrutture e dei trasporti, prima di fare danni, chiederei direttamente a Ryanair quale sarebbe la loro reazione, e ne discuterei approfonditamente con i governatori delle regioni maggiormente danneggiate, e.g. Vincenzo De Luca (Campania), Michele Emiliano (Puglia), Nello Musumeci (Sicilia), Mario Oliviero (Calabria), Marco Marsilio (Abruzzo) e Christian Solinas (Sardegna), giusto per evitare di ritrovarmeli di fronte al ministero con al seguito orde di cittadini inferociti.
La pugnalata finale
Il terzo problema è quello che dopo aver speso miliardi per cercare in qualche modo di far sopravvivere Alitalia, la proposta di Lorenzo Fioramonti, senza nemmeno tenere in considerazione gli effetti di lungo periodo, causerebbe un buco di circa 100 milioni di Euro annui nei ricavi della compagnia aerea di bandiera. Immagino che tanti concittadini italiani possano pure vedere con simpatia una imposta che rende sostanzialmente impossibile la sopravvivenza di Alitalia, già piuttosto improbabile di suo. E però i due maggiori contraenti del patto di governo, sia il PD che il M5S, un giorno dovranno andare a spiegare agli elettori per quale ragione al mondo abbiano entrambe speso centinaia di milioni di Euro per cercare di farla sopravvivere, per poi pugnalare Alitalia con una imposta pigouviana.
Alla ricerca della povertà
Il quarto problema della proposta di Lorenzo Fioramonti è che non raggiungerebbe lo scopo per la quale viene proposta. Pur ipotizzando infatti che l’imposta riuscisse in qualche maniera a portare 400 milioni di Euro nelle casse dello stato, gli effetti depressivi sulla connettività aerea porterebbero necessariamente a perdere una quantità ben maggiore di gettito. Vero è che nelle grandi città metropolitane l’effetto negativo verrebbe mitigato, se non proprio annullato, dal trasferimento di rotte provenienti dai piccoli e medi aeroporti. Ma per le comunità attorno a questi ultimi, soprattutto quelle nelle distanti periferie del paese, non servite da alcuna forma di trasporto alternativo, sarebbe una ecatombe. La proposta però mostra anche una certa disattenzione verso la storia recente. Molto recente. Dacché sono passati appena 3 anni dall’ultimo aumento delle addizionali di imbarco, deciso all’epoca dal governo Renzi. L’attuale ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, Dario Franceschini, svolgeva lo stesso identico ruolo in quel governo, e si ricorderà certamente di quando nel Febbraio del 2016, premettendo “le tasse non sono mai gradite a nessuno“, suggeriva che, data l’entità dell’incremento, a suo dire modesto, 2,5 euro ad imbarco, non fosse certo il caso di fare drammi. Il buon Franceschini potrà quindi ricordare al suo nuovo collega Fioramonti come finì quella storia, con il governo Renzi costretto a tornare indietro sui suoi passi, dopo appena 8 mesi, non prima di aver rovinato una stagione estiva al turismo di diverse regioni periferiche italiane.
Benestanti metropolitani
La proposta di questa specifica imposta suggerisce una visione del mondo da benestanti metropolitani. Effettivamente, chi vola da Roma o Milano e generalmente soltanto con le major, è difficile che possa essere penalizzato da un paio di Euro di imposta in più a biglietto. Ma anche cinque o dieci. Il cittadino che vive a Roma o Milano probabilmente non ha occasione di avere esperienza diretta dell’impatto negativo che può avere una imposta piatta, anche apparentemente minima, sui biglietti aerei. Se fa il ministro però, prima di fare certe proposte, sarebbe forse meglio anche chiedersi quali potrebbero essere gli effetti sugli abitanti di Crotone, Licata, Marsala o Sassari.
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