Eco tax sui cieli italiani: 15 anni di catastrofi
Si parla sempre più frequentemente di nuove imposte ecologiche sul trasporto aereo. Quello che però non viene altrettanto frequentemente osservato é che, senza nemmeno tirare in ballo l’IVA, per l’imbarco dagli aeroporti italiani viene già richiesta una sostanziosa imposta, in alcuni casi addirittura due, che assottiglia, quando non azzera, i margini di profitto delle compagnie aeree che ancora oggi osano operare dagli aeroporti italiani. E conseguentemente al pubblico italiano non viene purtroppo raccontato e spiegato che l’effetto di queste imposte sia stato, dal punto di vista economico, catastrofico. Ma se l’obiettivo primario di queste imposte fosse stato quello di mitigare il traffico aereo, per inquinare di meno, l’obiettivo é già oggi ampiamente raggiunto. Con costi immani per il contribuente e tutti i cittadini italiani, ma raggiunto.
Il sistema italiano del trasporto aereo produce infatti ogni anno nel suo complesso appena 185 milioni di passeggeri. Se il sistema del italiano avesse le prestazioni e l’efficacia del sistema spagnolo, fatte salve le dovute proporzioni in termini di PIL e popolazione, oggi dovrebbe produrre tra i 300 ed i 350 milioni di passeggeri annui. Possiamo stimare manchino all’appello almeno 140 milioni di passeggeri. Le imposte sul trasporto aereo italiano riescono già oggi quasi a dimezzare la connettività aerea del paese.
Anzi, l’effetto delle elevatissime imposte agli imbarchi é anche maggiore di quello effettivamente osservato, perché alcuni attori, ironicamente ed irrazionalmente perlopiù pubblici, hanno messo in campo delle risposte per mitigarlo: il sistema italiano produce a malapena tra il 50% ed il 60% del proprio potenziale soltanto grazie ad abnormi infusioni di denaro anche e soprattutto pubblico. Senza questa favolosa infusione di risorse pubbliche, ne produrrebbe molti di meno.
Nello specifico, i 300-400 milioni di Euro che ogni anno il contribuente é obbligato da governi di qualsiasi colore in qualche maniera ad “investire” per ripianare le perdite di Alitalia, ed i 100-150 milioni di Euro che ogni anno i portatori di interessi privati e pubblici nei piccoli e medi aeroporti italiani devono investire in incentivi e promozioni per scontare i costi aeroportuali ai vettori ultra low cost come Ryanair e Wizz Air, e riuscire in qualche modo, se non a sviluppare, perlomeno a sostenere il traffico degli scali, galleggiando in attesa di tempi migliori purtroppo ogni giorno meno probabili. Parliamo di una quarantina di milioni di Euro annui soltanto a Bergamo, probabilmente altrettanti a Malpensa, ma anche una quindicina di milioni di Euro annui cadauno a Palermo, in Toscana, in Puglia, probabilmente anche a Napoli, e così via, e circola da mesi la notizia che si potrebbe adeguare a breve anche il Piemonte, con una dozzina di milioni di Euro annui.
Senza questo mezzo miliardo abbondante di Euro annui il sistema italiano produrrebbe anche meno del 50% del proprio potenziale, probabilmente non arriverebbe nemmeno a 150 milioni di passeggeri annui.
Queste smisurate imposte sugli imbarchi fanno perdere tutti gli attori, ad iniziare dall’erario, dal primo all’ultimo dei cittadini, ai gestori degli aeroporti italiani, alle compagnie aeree, soprattutto quelle italiane, che infatti in questi 15 anni non hanno fatto altro che fallire a ripetizione, ma chiaramente, il sistema del trasporto aereo italiano inquina molto meno del suo potenziale.Questo risultato viene raggiunto introducendo però una serie mortificante di criticità, sul futuro delle compagnie aeree e dei piccoli e medi aeroporti italiani, che andrebbero affrontati e risolti, prima di avventurarsi a proporre ulteriori imposte su un sistema che non si comprende come possa sopportare un ennesimo incremento della pressione fiscale.
Accettare supinamente l’ultimatum franco-tedesco senza prima avere affrontato e risolto queste criticità potrebbe risolversi in un boomerang, e trasformarsi in un vero e proprio suicidio politico.
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