Governo
L’errore di Conte, il “partito per Draghi” e la trappola contro M5S (e FdI)
La bizzarra crisi politica in corso mi perplime, per usare un verbo coniato dal divertentissimo Corrado Guzzanti. Giuseppe Conte, “così, de botto, senza senso”, ha messo in moto un meccanismo che non solo non controlla, ma che potrebbe infliggere al M5S la bastonata finale, e ridurre ai minimi termini il partito che doveva aprire ecc. ecc.
Quale era l’obiettivo di Conte? Spingere Draghi a sinistra? Sacrosanto proposito, sia chiaro (quello di Draghi è un governo di centrodestra, ma senza l’alone di ridicolo internazionale che circondava i governi berlusconiani), però pessima l’esecuzione. Perché pensare di influenzare Draghi sfidandolo coram populo significa sottovalutare la caparbietà e l’autostima di un settantenne che ha preso un PhD al MIT e che ha saputo tenere testa ai falchi della Bundesbank, e ai frugali governanti dell’Europa del nord. Personalmente ho apprezzato molto come Conte ha gestito la pandemia, e nonostante i gravi errori in politica estera (nel M5S troppi ancora sognano Pechino o Mosca) il Conte Bis è stato un buon governo. Ma Conte dovrebbe ricordare che Draghi si confronta con i pesi massimi dell’economia, della finanza e della politica internazionali da almeno trent’anni. Non è un ragazzino, e se una cosa sanno fare i banchieri è scoprire i bluff.
O forse Conte voleva spingere il paese verso il voto? Può essere, certo, e l’ex premier non è il solo a sognare il voto (Giorgia Meloni condivide), ma… il M5S ha un serio programma di governo, nel caso si andasse davvero a nuove elezioni? Ha in testa uno schema di alleanze? Ha le donne e gli uomini giusti da candidare? Perché votare non è esattamente come scegliere dove andare a mangiare il sabato sera (pizzeria o cinese?), è il supremo esercizio della nostra libertà politica; se si va al voto si va preparati, e non tanto per…
Oppure la crisi aveva come unico scopo quello di frenare l’emorragia di consensi nei sondaggi? Il M5S è in calo, è vero, ma il trend si inverte contribuendo a far nascere un Draghi bis ancora più a destra? In un’Italia alle prese con una devastante siccità un ministro dell’agricoltura leghista al governo aiuta? Il reddito di cittadinanza (una misura magari imperfetta ma giusta, a mio parere) si difende meglio se si è fuori dal governo? O forse il M5S, alle corde, ragiona secondo la logica “tanto meglio tanto peggio”?
Ma ormai tutto questo ha poca importanza. Se nel lungo periodo saremo tutti morti, nel breve molti sono destinati a coprirsi di ridicolo. Compresi coloro che oggi supplicano Draghi di restare, e criticano l’Italia indegna di Draghi. A mio parere l’Italia è degnissima; in questo paese, insieme a una classe dirigente inetta ma arrogante e famelica, ci sono milioni di donne e uomini che fanno il loro dovere: negli ospedali, nelle scuole, nelle caserme, nei laboratori, nei musei, nelle fabbriche, nei tribunali, nei campi, nelle università, nelle redazioni, nei vicoli, nelle chiese.
Inoltre bisogna farla finita con questo odio di sé italiano; governare l’Italia non è affatto la cosa peggiore che possa accadere a un italiano: ci sono stati compatrioti che, per il bene di questo paese, sono morti nel fiore degli anni, uccisi da una pallottola austro-ungarica o tedesca, dal piombo della mafia o da quello del terrorismo. È vero, la politica è “sangue e merda”, sempre, però a certi livelli è anche fonte di enorme prestigio, onori, gloria, e della possibilità di entrare nei libri di storia, quelli seri, non di certi opinionisti nostrani (anzi, non escludo che Netflix non regali prima o poi al mondo cinque stagioni di “Draghi – Whatever it takes”).
Io penso che Draghi probabilmente continuerà a essere il nostro presidente del consiglio, ha ragione il senatore Mario Monti in un intervento di spessore, quasi einaudiano. Ma soprattutto, ritengo che questa crisi possa essere la levatrice del “partito di Draghi”. O, rectius, del “partito per Draghi”. Non tanto a causa delle desolanti manifestazioni pro-Draghi a Roma e a Milano (a differenza di tanti, incluso il sottoscritto, la gente perbene a metà luglio cerca un po’ di meritatissimo refrigerio a Cortina o a Portofino, non in piazza), ma perché in questi giorni manager, capitani d’industria, rettori, associazioni di categoria, ordini professionali e media si sono mobilitati in modo poderoso per spingere Draghi a tornare sui suoi passi. Un italiano su due (compreso chi scrive) vuole che Draghi rimanga a Palazzo Chigi, e lo stesso vogliono uomini politici di una certa esperienza come Renzi, che ha persino lanciato una petizione online (oltre 100mila firme, per la cronaca).
E allora viene il sospetto che Conte, più che aver commesso un errore, sia caduto in una trappola tesagli da menti politiche parecchio scaltre. Ci sta: se da mesi la stampa “che piace alla gente che piace” ti tratta come una specie di incrocio tra Lenin (avvocato pure lui) e Jack lo squartatore, se persino i tuoi alleati ti trattano con una certa ambiguità (l’alleanza giallorossa ha sembre avuto un che di carbonaro), è probabile che prima o poi commetti qualche sciocchezza, specie con questo caldo.
Trappola strutturata, del resto. Non solo perché il terrore di perdere Draghi ha materializzato il già citato “partito per Draghi”, ma perché se c’è una cosa a cui il PD tiene, è la sostanza delle apparenze. Può il partito delle ZTL, dei manager appassionati di arte digitale, degli impiegati che in Versilia sotto l’ombrellone leggono Don Winslow, essere alleato di un partito che non solo ha scatenato una crisi politica, ma ha impensierito persino Bruxelles e Washington? Un partito un po’ plebeo (nonostante la pochette), che riesce nella non comune impresa di scandalizzare quasi tutti quelli che in Italia hanno un reddito fisso dignitoso? L’eterea alleanza giallorossa sta scolorendo da un pezzo, le parole del solitamente bonario Zingaretti (il politico, non il commissario) erano inequivocabili.
2 + 2 = 4. Immaginiamo che nella primavera 2023 si voti, e che la Meloni guidi Fratelli d’Italia verso un roboante trionfo. I milanesi Salvini e Berlusconi accetteranno di essere messi in ombra da una signora, non solo più giovane di loro, ma con un chiaro accento romano? Salvini è disposto ad essere nominato a capo del ministero delle infrastrutture, o magari di quello per la famiglia e per le disabilità? Ai leghisti del nord basterà il ministero dell’agricoltura e delle bonifiche integrali? E a Forza Italia il ministero del turismo piacerà?
Magari, dopo le elezioni, il “partito per Draghi” (da Di Maio e Renzi in parlamento, ai paladini del PIL attraverso i media e i social) proporrà di far succedere a Draghi… Draghi. Il PD potrà dire di no, specie quando l’alternativa è Giorgia Meloni, e non è passato nemmeno un anno dal centenario della Marcia su Roma? E del resto, con il M5S ormai fuori dai giochi, il PD non ha alcuna speranza seria di vincere le elezioni, nemmeno se l’alleanza Sinistra Italiana – Europa Verde riuscisse a prendere un impossibile 7%… Ma sappiamo che il PD deve stare al governo, perché un governo senza il PD è come un’estate senza gelato, un San Valentino senza cioccolatini. E Berlusconi, che sembra considerare Draghi un suo mezzo pupillo, chi sosterrà?
E la Lega dei concretissimi “governatori del nord” chi preferirà? Una rude romana della Garbatella, o un ex banchiere “mezzo veneto”? Magari Meloni potrà tentare Salvini con il ministero degli interni (in fondo dal tetto del Viminale il leader leghista faceva splendide dirette Facebook), ma Salvini sarà disponibile ad accettare una scissione in casa? E a quel punto quanti seggi gli saranno rimasti?
È probabile che nel 2023 le opposizioni saranno due. Quella della Meloni (salvo che gli sherpa di FdI e del PD non costruiscano un improbabilissimo governo politico di solidarietà nazionale) e quella di Conte, se l’ex avvocato del popolo sarà in grado di resistere alle derive da Crono di Grillo, e alla guerriglia extraparlamentare di Dibba, Virgy ecc. A quel punto Conte, con il suo manipolo di fedelissimi, potrà provare seriamente a rifondare la sinistra italiana, ma la traversata nel deserto sarà lunga, lunghissima, forse infinita.
Fonte delle foto a corredo del post: il Quirinale
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