Insegnamento della Politica economica a scuola come antidoto al populismo
La bocciatura della manovra finanziaria italiana da parte della Commissione europea, l’ormai stabile innalzamento dello spread oltre quota 300, l’invendibilità dei nostri titoli di Stato (ovvero, sempre meno investitori sono propensi a comperare il nostro debito pubblico), la probabile e imminente apertura della procedura di infrazione da parte dell’Europa per eccessivo deficit, propedeutica ad un eventuale arrivo della Troika a controllare il rispetto degli impegni per uscire dalla crisi finanziaria. Tutto ciò evidenzia una lacuna del nostro Belpaese: quasi nessuno ci capisce di economia. E più nello specifico, di politica economica, ovvero quella disciplina che analizza le conseguenze che l’intervento delle istituzioni pubbliche, così come dei soggetti privati, hanno sull’economia.
Molti assistono interdetti dinanzi alle cronache che periodicamente animano il dibattito politico. Così come, la maggior parte subisce passivamente le promesse da campagna elettorale, senza avere gli strumenti necessari per capire chi mente sapendo di mentire. A tutto vantaggio del populismo che attraversa i movimenti e partiti politici. I populisti, infatti, approfittano di questo gap cognitivo per propagare le proprie folli ricette economiche e incassare facile consenso, poiché sono pochi coloro in possesso dei minimi rudimenti che servono a comprendere gli effetti di specifici interventi che, di volta in volta, sono destinati a modificare il sistema economico a livello macroeconomico.
La maggior parte di noi – e quindi del corpo elettorale – ignorando i rudimenti della politica economica, è costretta a disinteressarsi alle principali dinamiche macro-economiche che fanno la fortuna o la sventura di uno stato. O, nel migliore dei casi, finge di capire, non riuscendo però a riconoscere fino in fondo la cialtroneria di una manovra finanziaria approssimativa e dannosa. Non comprende, in sintesi, cosa comporta un aumento della spesa pubblica non sostenuto da misure di investimento finalizzate allo sviluppo economico, oppure quanto sia fuori dalla realtà il “sovranismo” e il suo corollario, compresa la sovranità monetaria, il reddito di cittadinanza a fondo perduto, il condono fiscale reiterato a ogni lustro, una scellerata riforma delle pensioni, la flat tax più o meno temperata “alla Salvini”, compresi gli 80 euro di renziana memoria.
È per questo che diventa sempre più necessario prendere seriamente in considerazione se non sia il caso di inserire l’obbligo dell’insegnamento della Politica economica nei programmi scolastici di tutte le scuole superiori italiane. Dotando, quindi, tutti gli studenti di oggi – elettori di domani – degli strumenti necessari per comprendere l’altra metà del cielo della politica: l’economia. Per non cadere vittime del populismo.
4 Commenti
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Articolo palesemente preconcetto. Che dà ragione alla Commissione Europea a prescindere. Il che è uno stravolgimento, non tanto dei principi economici, che sono a geometria variabile, ma della matematica, della logica e del buonsenso. Non si risolve niente, se si insegna soltanto il neo-liberismo. E, soprattutto, se lo si insegna come una religione a coloro che diventeranno l’élite che governa il mondo, o a coloro che diventeranno i burocrati che sono al soldo dell’élite.
Errata corrige: palesemente frutto di preconcetto.
L’ economia , inclusa la politica economica, va insegnata nella sua interezza. Ad esempio è esistita anche una politica economica sovietica, con gli effetti che sappiamo, che va studiata. Non bisogna avere timore di offrire strumenti di comprensione
Pensare di battere il populismo con l’insegnamento della politica economica è una banalità.L’economia politica è una materia fondamentale che si studia o si dovrebbe studiare bene in giurisprudenza o scienze politiche. Non esiste l’economia sovietica. Esistono le correnti filosofiche e le opere dei teorici dell’economia . da ultimo Pikketty oppure Giddenz che suggeriusce la IV via in economia. Bisognerebbe studiare bene la storia , la geografia e tutte le altre materie che vengono solitamente ignorate dai nostri politici e dalle nostre università dove contano solo le cattedre agli amici.