Governo
Ad oggi, Renzi vince comunque
Da giorni, diversi esponenti del fronte del No ripetono che “Renzi è nervoso”. Poi però c’è chi, in virtù della propria serenità, gli dà della “scrofa ferita”.
La verità è che il premier non ha alcuna ragione per essere nervoso. Nessuna, comunque vada il voto del 4 dicembre. E la ragione è semplice, basta guardare agli scenari ipotetici.
Vince il Si. Inutile parlare di nervosismi renziani.
Vince il No. L’ “accozzaglia” festeggia la fine politica di Renzi, ma quanto dureranno i festeggiamenti? 24 ore, scarse. Avevo rilevato, tempo fa, che l’errore più grave del fronte del No è stato quello di aver personalizzato al contrario il referendum, trasformandolo così in un voto SOLO contro Renzi. Questa scelta può funzionare in chiave mobilitante e la capisco, ma può anche provocare due conseguenze negative:
- può generare un effetto “uno contro tutti” che da Berlusconi a Trump, passando per Bush jr. dovrebbe aver insegnato qualcosa…
- se Renzi perderà, non sarà un 70% a 30%. Sarà presumibilmente un 55% a 45% (o giù di lì), il che significa che lui avrà una legittimazione da “vendersi” pari a quasi la metà dei votanti, mentre nella massa infinita del fronte del No nessuno potrà intestarsi quel 55%.
Ciò significa che, anche qualora si dimettesse dalla presidenza del consiglio il giorno dopo, lo farebbe a rapporti di forza immutati, anzi forte di una percezione generalizzata paradossale: l’unico che potrà dire di aver accresciuto i propri consensi sarà proprio Renzi. E l’unico in grado di “dare le carte” per un governo di transizione resterebbe lui.
A quel punto, che sia o meno a capo del nuovo governo, ne deciderà la linea e gestirà l’inevitabile revisione della legge elettorale. Quest’ultima sembra andare verso un sistema proporzionale – dato che lo vogliono (quasi) tutti, da Grillo a Berlusconi. E chi sarà a capo del futuro governo derivante da un’elezione proporzionale in un contesto tripolare? Il capo del polo di centro, visto che M5S e destra non sono “coalizzabili”. Ossia, il leader del primo partito “moderato”, Matteo Renzi. Con una chicca in più: con l’Italicum, oggi, potrebbe perdere sia contro il M5S sia contro il centrodestra (qualora esistesse). Con una legge proporzionale, semplicemente non può perdere. Ci saranno governi di coalizione, fatti da maggioranze post-voto e inevitabilmente “centripeti”, cioè che ruotano attorno al suo PD. Per quanto possano essere forti e crescenti i “populismi”, infatti, nessuno è in grado di arrivare al 50%+1 dei seggi in Parlamento col proporzionale, per quanto corretto con soglie di sbarramento e collegi “piccoli”. Potrebbero riuscirci, forse, mettendo insieme le forze. Ma questo non è contemplato nel “noi” contro “loro” del M5S.
Stando così le cose, l’unico modo per rendere nervoso Renzi e “farlo fuori” è fargli perdere il prossimo congresso nel PD. A naso, non mi pare lo scenario più verosimile e in ogni caso non cambierebbe nulla per le opposizioni che si troverebbero comunque a fare da spettatori nel pentapartito 2.0 che nascerebbe.
Questi scenari rendono il referendum un “gioco a somma positiva” per il premier, win-win come dicono negli States: qualunque cosa succeda, lui vince. E il bello è che probabilmente sarà più “imbattibile” (e a lungo) se perde il 4 dicembre, anziché se vince.
Direi che ci sono ottime ragioni per innervosirsi. Sul fronte del No.
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