LA GENERAZIONE BIM BUM BAM HA FATTO BOOM?
Abbiamo appena iniziato e abbiamo già fallito? Siamo definitivamente condannati a essere controtempo come sostiene Alessandro Aresu nel suo Generazione Bim bum bam? Confesso che alla questione generazionale non ho mai pensato né come categoria sociologica né come chiave ermeneutica. Ho sempre creduto più alle dinamiche individuali, al merito e al destino personale; né mai mi sono sentito parte di una comunità di intenti o di sorte, che sia.
Eppure leggo e rileggo di quel “Renzi che è in noi” che è diventato uno dei tratti della riflessione di Jacopo Tondelli e non riesco a sottrarmi all’idea che un poco abbia ragione. Che la nostra, la mia generazione, costretta a bagnomaria dalla classe dirigente dei nostri padri e dei nostri nonni, abbia ora la micidiale tentazione di scadere in un “ghe pensi mi” autoreferenziale e pure un po’ spocchioso, giustificato per il vero dallo sfacelo che ci attornia, ma troppo superficiale per non meritare un briciolo di riflessione.
Bauman, che adesso va tanto di moda, ma che già anni fa mise a fuoco il postmoderno di quello scorcio di fine 900 e di questo stralunato inizio degli anni zero, ci direbbe che siamo una generazione post ideologica e perciò pragmatica e che, nella frenesia di questo frullatore sociale che ci è toccato in sorte, abbiamo sviluppato una sorta di sincretismo valoriale come risposta al senso di insicurezza che ci attanaglia, per non dire della massiccia dose di inventiva sociale come risposta a una crisi epocale.
Adesso che siamo noi, quelli di Lady Oscar e di Jeeg Robot d’Acciaio, finalmente al potere, ci guardiamo indietro un po’ disgustati del pantano che ci hanno rifilato i sessanta-cinquantenni, ché almeno i settanta-ottantenni fanno l’Italia e tanto basti, e al contempo siamo talmente consapevoli di questo “tocca a noi” da nascondere sotto il tappeto il rischio mica troppo peregrino di fare cilecca.Non siamo i primi che han studiato, per rimaner su trame gucciniane, ma siamo di sicuro i primi che si son trovati con il culo a terra dopo che i nostri genitori ce l’avevano tenuto al caldo, e adesso che che ci siam presi l’occasione, rischiamo di bruciarla per ansia da prestazione.
Cari compagni d’annata (anno più anno meno), diciamocelo che Renzi ha rifilato a tutti un cerino in mano e tanti alibi in meno. L’arrembante sua scalata, cinica e feroce quanto si vuole, ci ha costretto a fare i conti con quello che vogliamo fare e che vogliamo essere. Generazione liquida, ma al momento di decidere, di fare, serve una solida pazienza e un poco di umiltà. Perché se è vero che di cialtroni è stata piena la classe dirigente di ieri, la nostra non è da meno, perché nel mentre non è cambiato niente, né metodo di selezione, né meccanismi di ascesa sociale; e di meritocrazia sono più pieni i nostri discorsi che i posti di lavoro.
E va da sé che in coda abbiamo dei ventenni che tra social network ed esperienze internazionali sgomitano non poco. Ed è sufficiente chiacchierare con qualcuno di loro per capire che noi siam già vecchi e privilegiati e che, se ci va grassa, ne abbiamo una di chance da giocarci e sta solo a noi far sì che il boom che si sentirà sia trionfo e non tonfo.
@matteocolle
5 Commenti
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Le generazioni esistono e come. Da lettore appassionato ricordo una “Storia della letteratura francese” di Allbert Thibaudet tutta virata sul passaggio delle generazioni: ogni capitoletto segnato da quelli che avevano fatto il Terrore, quelli che erano stati con il Termidoro e Napoleone, quelli che avevano esordito nella Restaurazione, quelli della Bohème degli anni 30 ecc ecc… Generazioni che s’erano forgiate nel ferro e nel fuoco della storia. L’idea di segnare il passaggio generazionale con dei cartoni animati mi sembra appartenere alla categoria del “grottesco triste”, cioè quella categoria che fa ridere e anche un po’ piangere. Non mi sento chiamato in causa in quanto sessantenne: per la semplice ragione che mi sono fatto il mazzo solo per sopravvivere e non mi è stato regalato assolutamente nulla. Ricordo che il tasso di disoccupazione giovanile dei miei vent’anni (anni ’70) era ESATTAMENTE quello di oggi. La generazione precedente, quella del ’68 aveva fatto il grande Grisbi… portandosi tutto il cucuzzaro… Ho messo al mondo a mia volta dei figli, questi sì della generazione del bim bum bam: risponderanno loro per quel che li riguarda se ne avranno voglia: io so solo che in preda a perenne crisi d’ansia ho cercato di simulare attorno a loro, non riuscendoci neanche per un po’, un clima artificiale di penuria e di bisogno, anche perché dovevo fare pochissimi sforzi in tal senso. Ho sempre temuto il loro fallimento perché sarebbe stato il mio fallimento ma sempre ho ricordato loro con aggravio di ansia pari alla sollecitudine paterna che il nostro è un Paese da sempre con risorse scarse e ingegni sempre allertati a ordire frodi sociali in cui i giochi sono già fatti alla nascita e di approfittare se possibile dei varchi nella rete, di cogliere cioè quell’1 % non sottratto (per puro caso, perché anche i giochi più perfetti e blindati hanno qualche falla) alla libera contesa sociale. Ciò che mi chiedo con pochissima curiosità è: ma questi ALIEN tipo Sibilia, Di Battista, Crimi, ma anche Di Maio (uno che non si dice la verità neanche al cesso) è della vostra generazione? Allora siete messi veramente male.
Caro Alfio,
tuttavia quei cartoni animati sono una cifra – grottesca finche vuoi – della formazione di molti di noi. Annoterei, anche, che se è vero che il tasso di disoccupazione era quello anche tanti anni, diverse, radicalmente, erano le aspettative. Voi, in faccia, avevate la promessa della crescita, un modello di sviluppo degno di questo nome. Noi no. Non certo per colpa di chi, come te, si è fatto il mazzo, ma per una serie di responsabilità generazionali – queste sì – di una classe dirigente politica in gran parte cooptata direttamente dai circoli di prossimità, invece che nel mare aperto del merito. Un mare aperto poco frequentato anche oggi: non solo dalla caricatura generazionale che mostrano i grillini da te elencati ma anche – ed è peggio – dai prescelti del nuovo riformismo di area democratico/fiorentina. Era un’autocritica, lo scritto di Matteo Colle, era un guardarci allo specchio senza puntare troppo il dito su nessuno. Lo specchio a volte è ingeneroso, la più bella del reame non siamo noi. Qualcuno, a chi con tanta brama guarda lo specchio, doveva pur dirlo.
Caro Jacopo, “ogni tanto una generazione salta” diceva Mitterand. Io pensavo che fosse la mia … vedo che con tutta probabilità è capitato alla vostra… Srusum corda. Con simpatia.
SURSUM