Mentre aspettiamo gli esiti di questa crisi da spiaggia sarà bene che non perdiamo di vista alcuni punti essenziali. Il primo: qualsiasi governo arrivi, ora o dopo le elezioni, dovrà fare come primissima cosa la legge di bilancio. Il secondo: qualsiasi legge di bilancio dovrà affrontare soprattutto la questione dell’aumento dell’aliquota ordinaria (dal 22 al 25,2%) e di quella intermedia (dal 10 al 13%) dell’Iva per un gettito teorico (ma probabilmente sovrastimato) di 23 miliardi di euro. Si tratta dell’ennesima versione delle cosiddette clausole di salvaguardia, ovvero norme che vengono inserite nelle leggi di bilancio e che scattano in automatico se lo Stato non incassa abbastanza imposte o spende troppo rispetto agli obiettivi che il governo ha stabilito. Le adottano i governi italiani di tutti i colori da vari anni. Ma nessuno lo aveva mai fatto per un importo così elevato, 23 miliardi di euro in un singolo anno. Lo ha fatto il governo Lega-5stelle e quindi, se nulla accade, dal 1 gennaio 2020 gli aumenti scatteranno automaticamente. Con tre effetti negativi dal punto di vista economico -una spinta ulteriore alla recessione, un peggioramento della distribuzione del carico fiscale perché l’Iva è regressiva e un probabile aumento dell‘evasione. E con enormi perdite di consenso per il governo in carica in quel momento.
È insistente in queste ore l’ipotesi di un accordo PD-M5S, declinato con aggettivi vari, addirittura vagheggiato come “di legislatura” o “di medio periodo” e sostenuto da diversi esponenti del PD e padri nobili. I quali ovviamente si affrettano a garantire che questo nuovo governo avrebbe come primo obiettivo proprio l’annullamento degli aumenti dell’Iva. Ma realizzato come? Trovando misure alternative di uguali importo? E se sì quali? Oppure si pensa di aumentare il disavanzo e il debito? Sarà bene che qualcuno nel PD pensi di procurarsi uno straccio di risposta a queste domande prima di formare l’eventuale governo. E che lo faccia senza dare peso a qualche fake news che sta girando, tipo che le soluzioni sarebbero già pronte al Tesoro e che la fatturazione elettronica darà un gettito di 3 o 4 miliardi superiori al previsto (che è di 1,7 miliardi). Non esiste nulla di tutto questo. Non esistono capitoli di spesa da cui trovare facilmente somme del genere, posto che la spesa primaria per istruzione e sanità è stata ridotta sotto ai limiti della decenza, e che quella in conto capitale (investimenti) andrebbe invece aumentata in questa fase recessiva. Dal lato delle entrate verrà nuovamente fuori, come regolarmente accade da anni, il cosiddetto tesoretto delle tax expenditures, cioè delle detrazioni e deduzioni fiscali, il cui taglio, tuttavia, equivarrebbe né più né meno ad un aumento delle imposte. Sull’evasione si possono fare tante cose, ma nessuna delle più importanti si può confezionare e realizzare in tre mesi. La verità è che un’alternativa alla finanza pubblica fatta di condoni e regalie si può trovare solo in un contesto di ridefinizione delle regole (europee e italiane) e dei poteri della pubblica amministrazione (mi riferisco in particolare ai limiti assurdi posti dalla legge sulla privacy e dalla sua interpretazione all’incrocio dei dati fiscali ai fini di contrasto dell’evasione).
Pensare di fare il governo dichiarando la buona intenzione di evitare l’aumento dell’Iva, per poi scoprire che questo aumento è inevitabile senza aumentare il deficit e il debito porterebbe all’esito già visto altre volte: il PD che fa la parte del ragioniere che tappa i buchi creati (in buona parte) dagli altri realizzando una manovra lacrime e sangue e responsabilmente avviandosi a prendere l’ennesima mazzata elettorale. Cosa che a qualcuno che nominalmente sta ancora dentro il PD potrebbe persino far piacere, in vista di un proprio futuro migliore. Dopotutto, per costui o costoro l’Antenora è ancora presumibilmente lontana.
(@saintbull70)
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