Governo

Draghi: anatomia di una frase (correggendo la Treccani)

9 Febbraio 2021

Il 26 luglio del 2012, Mario Draghi, nominato Presidente della BCE da pochi mesi, precisamente dal 1° novembre 2011, interviene a Londra alla Global Investment Conference, organizzata dalla British Business Embassy presso la Lancaster House. Il giorno dopo comincia la 30esmia edizione dei Giochi Olimpici, ma sui mercati tira un’aria pessima.

Draghi è nella fossa dei leoni, davanti a centinaia di CEO, CIO e asset managers che dall’autunno stanno vendendo in massa i titoli governativi c.d. PIIGS, Portogallo, Italia, Irlanda, Grecia, Spagna portando i prezzi ai minimi e i tassi relativi (gli spreads) alle stelle. L’Italia è sopra i 500 punti base, la Spagna sopra i 600 (Fig. 1).

Tassi alti significa debito pubblico in crescita, bilanci bancari a rischio, stretta del credito, caduta della produzione, in un circolo vizioso che può portare all’esito più negativo: default degli stati e delle loro economie.

Fig. 1

Anche l’euro si sta indebolendo in quanto valuta comune di un’area eterogenea, senza politiche di bilancio coordinate e senza sistemi produttivi comparabili (Fig. 2)

Fig. 2

 

Draghi pronuncia un discorso breve, “candido” e di grande franchezza.

Lancia tre messaggi:

1)      L’area euro è più forte di quanto comunemente si riconosca. Un confronto in termini di inflazione, occupazione e produttività con US e Giappone la vede eguagliare o prevalere.

2)      È vero che il dato medio europeo nasconde forti eterogeneità ma sono in atto reali processi di convergenza grazie, a livello nazionale, al controllo dei deficit e a credibili riforme strutturali mentre a livello sovranazionale è stato avviato un percorso di unione fatto di 4 blocchi: unione finanziaria (capital market union), fiscale, economica, politica.

3)      Si tende a sottostimare il grande “capitale politico” che è stato investito nell’euro. Alla luce di questo investimento e dei decisi passi in corso, l’euro è da considerare “irreversibile”. A questo punto pronuncia la frase-chiave.


Il significato è “crystal-clear”. “La BCE è pronta fare a qualunque cosa, entro i limiti delle sue prerogative, per preservare l’euro. E le sue prerogative, le sue capacità operative, credetemi, saranno sufficienti”.

Le ultime parole del discorso di Draghi tornano sul perimetro del mandato, dove, di nuovo, “mandato” non ha un significato di durata temporale (la Treccani sbaglia) ma di potere investito.

I “premi sui debiti degli stati” (premia on sovereign states borrowings: cioè gli spread) possono derivare da problemi di default dei singoli paesi o da problemi di liquidità. A superare questi ultimi ci sono gli oltre 1000 miliardi di LTROs (long term refinancing operations) con cui la BCE ha finanziato a 3 anni le banche europee a fronte di garanzie costituite da titoli governativi.

C’è però un terzo problema, dice Draghi, e cioè che gli spread riflettano non un rischio di controparte ma un rischio-euro (risk of convertibility). In tal caso, avverte il Presidente della BCE, “they come into our mandate. They come into our remit.”

“Nella misura in cui la dimensione di questi spread ostacola il funzionamento del canale di trasmissione della politica monetaria, essi rientrano nel nostro mandato”.

Gli spread diventano così un obiettivo della politica monetaria che intende, “whatever it takes” preservare la sua efficacia e, in ultima analisi, la salute dell’euro.

Commenti

Devi fare login per commentare

Accedi

Gli Stati Generali è un progetto di giornalismo partecipativo

Vuoi diventare un brain?

Newsletter

Ti sei registrato con successo alla newsletter de Gli Stati Generali, controlla la tua mail per completare la registrazione.