Il Reddito di Cittadinanza non si può fare: si deve fare!
Come tutti sanno il reddito di cittadinanza è stato proposto dal M5S e da SEL. La critica più comune è che non ci sono i soldi. Già, non ce ne sono molti. Eppure certi dati fanno riflettere e ci dicono che non solo il reddito di cittadinanza è possibile, che non solo in un periodo di crisi acuta è necessario per gestire le tensioni sociali ma, soprattutto, che è solo il primo passo verso una società veramente egualitaria. La questione è più ampia e complessa e non va affrontata solo con un attitudine contabile: è necessario ideologizzare il reddito di cittadinanza per giustificarlo a livello politico.
Ma andiamo con ordine. Secondo le stime di Bin Italia, associazione italiana che raccoglie sociologi, economisti, filosofi, giuristi, ricercatori, liberi pensatori che da anni si occupano di studiare come introdurre un reddito garantito, utilizzando i dati Istat, per garantire un reddito di base pari alla soglia di povertà relativa sono necessari 17,996.820 miliardi di Euro [1]. Mentre il costo complessivo che deriverebbe dall’introduzione di un reddito di base incondizionato di 10.000 euro all’anno (883 euro/mese) attraverso forme di sussidio e integrazione al reddito a ben 12,560 milioni di persone (21,3% della popolazione italiana) sarebbe pari a poco più di 45 miliardi di euro. Belle cifre, difficili da trovare, ma non impossibile. Giammai tagliare sui 25 miliardi di euro per le spese militari. Bisognerebbe andare a cercare altrove, tagliuzzando qua e là, e ricordando sempre, banalmente, che non sono tanti solo i soldi, ma anche i poveri: ben 3 milioni quelli assoluti e quasi 9 quelli relativi. Quindi cari politici e gufi: chi cerca, trova. I soldi ci sono. Basterebbe RE-DI-STRI-BU-IRE. “Basterebbe”.
Siamo chiari: non si tratta solo di una battaglia del movimento 5 stelle. E’ una battaglia di tutti. Se ne discute da anni. L’Italia è il solo paese in Europa, assieme ai nostri fratelli greci, che non ha un reddito di cittadinanza. E mentre in Olanda si inizia a sperimentare un reddito di base incondizionato per tutti [2], noi ancora discutiamo se è possibile erogarlo per i disoccupati. E’ ridicolo. Viviamo in un paese in cui i tassi di interesse pagati sul debito negli ultimi anni in media sono stati 82,04 miliardi (5,3% del Pil)[3]. All’anno. Ciò significa che senza debito potremmo fornire un reddito di base al 40% della popolazione. Certo, speculazioni velletarie, a meno di un prossimo tanto folle quanto temerario governo capace di dichiarare il nostro debito un debito odioso, come ora minaccia di fare la Grecia con la ‘Commissione per la verità sul debito pubblico’ [4]. Ma purtroppo noi viviamo in un paese in cui il 5% del Pil è detenuto da soli 33 italiani e in cui un premier si assicura le elezioni con una mancia da 80 Euro.
Dunque, non solo è possibile erogare il reddito di cittadinanza, al netto del cretinismo economico, ma dovrebbe essere anche un dovere dello Stato. E’ ovvio che è un costo ingente, ma, come le pensioni o le elezioni, è inevitabile, soprattutto in un contesto di crisi diventa una conditio sine qua non per contenere le tensioni sociali. Come si sono trovati miliardi e miliardi per le manovre finanziarie è possibile trovarli per una tale manovra sociale.
Ma non basta. Dopo l’introduzione del reddito di cittadinanza per le fasce più deboli molti auspicano (certamente in una prossima (?) fase economica espansiva) di applicare gradualmente tale sussidio al resto della società. Come si sperimenta in Olanda. Senza pregiudizi. Senza stigmatizzazioni. Un reddito di cittadinanza universale è possibile ed avrebbe degli effetti sul mercato e sulla società dirompenti. Pensate di vivere in uno Stato dove chi lavora lo fa per interesse personale, per passione, e non per sussistenza. Magari dite, certo. Oggi come oggi nella gran parte dei casi il lavoro è una costrizione. Se ce l’hai, ovviamente.
La nostra dovrebbe essere “una repubblica fondata sul lavoro” ma temo che sia una credenza vecchia di settant’anni destinata all’oblio. Il grande economista John Maynard Keynes già negli anni ’30 prevedeva che nel giro di qualche decennio avremmo dovuto lavorare appena un paio d’ore al giorno, con lo stesso reddito, destinati a far lavorare solo le macchine. E invece? E invece non è (ancora) così. Anzi. Da 40 anni a questa parte siamo entrati nella cosiddetta fase ‘neoliberista’ e il nostro potere d’acquisto non aumenta più. E i conti non tornano. Perchè con una media di crescita del PIL pari al 2-4% annuo, ovvero circa un aumento di circa il 30% per decennio, il nostro potere d’acquisto non è perlomeno raddoppiato? Eppure dagli anni ’70 il nostro PIL è aumentato da 100 miliardi di dollari a 2.000 miliardi di dollari: ben 20 volte.
Ma perchè pecco di qualunquismo? Cosa c’entra il PIL con il reddito Pro capite? C’è la globalizzazione, i tempi cambiano rapidamente, questi sono meccanismi più complessi di come li sto affrontando. Già, ma allora come si spiega che il nostro potere d’acquisto è in stallo, anzi, per molti, troppi in diminuzione? Sarà la c-r-i-s-i? Sarà l’Euro? Saranno gli sprechi della politica? Saranno gli zingari? O sarà che l’aumento del PIL, che guida le nostre politiche economiche e, ancor di più oggi, anche le politiche sociali, ovvero di austerità, non ha alcun senso, a parte quello di quietare i mercati e, dunque, far sì che sia il mercato che guidi le nostre politiche economiche?
La verità è che il capitalismo si è rivelato un fallimento, per noi comuni mortali. E bisogna prenderne atto, una volta per tutte. Tra le tante ‘esternalità’ ha creato una società nella quale i lavori più prestigiosi e stimolanti sono pagati di più, mentre quelli più degradanti e faticosi di meno. Dov’è la ratio di ciò? Che ancora crediamo nella favola che chi si impegna merita un reddito maggiore. Ma è davvero così? Ma va, lo è stato, forse. Ma l’età dell’oro è finita da un pezzo. Oggi come oggi la mobilità sociale è scarsa, e con la crisi è peggiorata. Da sempre uno dei più grandi limiti della teoria liberista è stato proprio quello di minimizzare o sottovalutare le fondamentali influenze del nostro contesto sociale e familiare. Una lotteria che si tende ad ignorare. Una lotteria che decreta la nostra volontà e la nostra capacità di aspirare. Libertà su tutto, si, anche di essere sfruttati, ma non di scegliere dove nascere e, in ultima analisi, come essere. L’idea della meritocrazia e del self made man è pura lobotomizzazione. Questo sistema favorisce solo una società competitiva ed escludente dove i più forti sono i più spietati e i più spietati i più forti e dove l’invidia sociale e la diffidenza verso il prossimo regnano. Il risultato è una società individualista ed atomizzata. Sostanzialmente infelice. Ma produttiva. Perchè il profitto viene prima di tutto. E’ il capitalismo amici. Chiamatela mera generalizzazione o un luogo comune, ma è l’amara banalità dei fatti.
Dobbiamo prendere atto della necessità di una svolta storica nei confronti di un sistema economico insostenibile. E l’erogazione di un reddito minimo a tutti i cittadini deve esserne il cavallo da battaglia, se non di troia. In un modo o nell’altro. Nel giro di 20 anni si acuiranno i conflitti nel mercato del lavoro: la robotizzazione è già in atto (vedi il nuovo saggio di Martin Ford The Rise of the Robots: technology and the threat of a jobless future). Vi sarà una radicale ed imprevedibile distruzione creatrice: nuovi e vecchi lavori nasceranno e moriranno a ritmi impressionanti, e il rischio concreto è che non tutti avremo un lavoro. Allo stesso tempo, però, la tecnologia potrà davvero liberarci da tutti quei lavori che sono una costrizione. Io ancora ci credo: prima o poi, a meno di un autodistruzione di massa, sarà inevitabile che chi pulisce i cessi guadagnerà 10.000 euro al mese, e chi vuole fare politica, per passione, si accontenterà del suo sussidio. Ma se il primo rischia ancora di farsi soffiare il lavoro da un robot, il secondo, probabilmente, è un lavoro di cui avremo bisogno ancora per tanto, tanto tempo.
Firma la petizione per il reddito di cittadinanza:
http://www.campagnareddito.eu/
Qui sotto link dell’associazione Basic Income Network Italia (BIN):
http://www.bin-italia.org/UP/pubb/reddito_esistenza_13_ottobre_%202014.pdf
[1] http://www.bin-italia.org/pdf/Breve%20relazione%20costo%20e%20finanziamento%20RBI-%20dic%202011%20(3).pdf
Informazioni semplici e concise su Wikipedia:
https://it.wikipedia.org/wiki/Reddito_di_base
Altre fonti:
[2] http://www.bin-italia.org/informa.php?ID_NEWS=643
[3] http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/04/23/debito-pubblico-istat-in-quattro-anni-spesi-per-interessi-318-miliardi-di-euro/961259/
[4] http://www.wallstreetitalia.com/article/1817719/eurozona/grecia-debito-verso-troika-illegale-non-dovremmo-pagare.aspx
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