Giustizia

Vaghi ricordi e poche applicazioni: l’urgenza del Decreto Caivano, un mese dopo

17 Ottobre 2023

Entro il 15 novembre, tra poco meno di un mese, il c.d. “decreto Caivano” adottato d’urgenza dal Governo Meloni passerà il vaglio del Parlamento per essere convertito in legge: ma ce n’era davvero bisogno?

Risale a un mese fa, al 15 settembre scorso, l’approvazione del c.d. “decreto Caivano”, provvedimento adottato d’urgenza dal Governo per porre fine fenomeno della criminalità minorile che, stando alle di allora dichiarazioni di Giorgia Meloni, in Italia si starebbe diffondendo “a macchia d’olio” – portando con se’ pesanti conseguenze in termini di degrado giovanile, disagio e sicurezza pubblica. “Mai più zone franche”, aveva promesso la premier, con l’approvazione del decreto all’indomani dei fatti del Parco Verde: per fronteggiare la grave minaccia di una catastrofe sociale, bisognava agire con urgenza, e nel modo più incisivo possibile. Così, con queste premesse, nasceva il decreto Caivano: un provvedimento pensato come misura urgente per intensificare ed inasprire, in maniera importante, le norme penali che puniscono e prevengono la criminalità minorile, nonché per porre immediatamente fine, come si legge nel comunicato stampa rilasciato dal Governo, a ogni “recrudescenza della devianza diffusa tra i giovani”.

A un mese dall’adozione del provvedimento, è arrivato il momento di valutare quali siano, e che portata abbiano, i primi effetti – se ce ne sono – ottenuti dal decreto Caivano sul suolo nazionale, dove esso si riprometteva di portare importanti conseguenze in termini di sicurezza, educazione, e prevenzione della criminalità minorile. Una premessa: per valutare i primi effetti di un decreto legge, un solo mese trascorso dal momento dell’approvazione potrebbe essere un lasso di tempo troppo breve. E’ vero. E’ anche vero che, però, in questo caso non è così. Perché? Perché, nel caso del decreto Caivano, il riferimento è a una misura che è stata adottata con la procedura della decretazione d’urgenza. In casi come questo, viste e valutate le situazioni che richiedono l’adozione del provvedimento, il Governo si serve di una misura che permette allo Stato di intervenire fin da subito, per contrastare eventuali emergenze particolarmente evidenti ed evitando così che si verifichino conseguenze ancora più gravi. Tutto ciò, aggirando il normale iter legislativo che, ai sensi della Costituzione, prevederebbe tempi ben più lunghi. Così, fin dalle prime righe, il decreto Caivano recita: “Ritenuta la straordinaria necessità ed urgenza di intervenire” per contrastare la criminalità minorile, e “in considerazione della […] maggiore pericolosità e lesività acquisite nei tempi recenti […]”, il Governo decide di intervenire in questo modo – andando poi a elencare le misure applicabili dal 15 settembre in avanti. Un’emergenza nazionale, dunque, a sentire chi ha emanato il provvedimento c’è, e occorre fronteggiarla con urgenza.

Fatta questa dovuta premessa, dunque, ci si chiede: quanti sono stati, quindi, dal 15 settembre a oggi, i casi di applicazione del decreto Caivano?

Stando a quanto emerge dalla stampa, a fronte di un provvedimento adottato in maniera concitata per mettere fine quanto prima a un fenomeno presentato come pericolosamente diffuso a livello nazionale, i casi di applicazione del decreto Caivano riportati sono, ad oggi, circa una decina. Ovvero, più precisamente: un “invito a mantenere una condotta conforme alla legge”, disposto a Modena, nei confronti di due giovani coinvolti in una rissa; un avviso orale in provincia di Treviso, irrogato pochi giorni fa a un 17enne sorpreso ad aver gettato “qualcosa” (stupefacente?) da un ponticello sul Sile; un altro avviso orale, disposto a Frosinone, a carico di un minore trovato con dell’hashish in tasca. E, così, anche a Viterbo, Padova, Terni, Ancona e Firenze. In tutto, insomma, una manciata di avvisi orali: pochi, isolati provvedimenti disposti dalle questure dei luoghi interessati nei confronti di alcuni ragazzini che, fermati dalla polizia per i più diversi motivi, sono stati sorpresi in condotte del calibro di cui sopra. Nulla di più. Nessuna particolare evidenza, per ora, di bande di minorenni identificate e finalmente arrestate grazie al decreto Caivano; nessuna “rete di giovani spacciatori” o possessori di armi incriminata per i reati di cui al provvedimento; nessuna “emergenza minori” fronteggiata dalla pubblica autorità mettendo così fine a gravi situazioni di pericolo collettivo. Nulla di tutto ciò. Nè, tantomeno, nessun dato relativo agli effetti positivi della decretazione d’urgenza sulle violenze sessuali delle minori: al contrario, stando ai recenti fatti di cronaca e all’ultima indagine di Terres des Hommes, questi episodi in Italia sono in continuo aumento – questo dato, poi, dovrebbe particolarmente sorprendere, se si considera che il decreto Caivano è nato in teoria proprio per garantire maggiore tutela alle giovani ragazze possibili vittime di stupro (il decreto si riferisce alla necessità di tutelare “[…]le minori vittime di reato” – e non, in generale, “i minori”), e non come generico provvedimento di contrasto alla criminalità tra i giovani – cosa che poi, inspiegabilmente, è diventato (“Con il decreto Caivano il governo dimostra di non comprendere il fenomeno” aveva detto Federica Giannotta, responsabile Advocacy e Programmi Italia di Terre des Hommes; “Le leggi ci sono già, bisogna applicarle correttamente e supportare le fragilità”).
Se questo è il quadro nazionale, poi, se si guarda alla realtà locale l’impressione è più o meno la stessa: nessuna evidenza di un “cambio di passo” nella lotta alla criminalità minorile diffusa in determinate aree d’Italia, ne’ alcun segnale di svolta, grazie al provvedimento, nel contrasto all’emergenza “degrado giovani” nei luoghi più colpiti dalla criminalità organizzata. Nessun particolare segno di una “stretta securitaria”, a carico di minorenni, nemmeno, nello stesso comune di Caivano – città questa che, con il proprio nome, aveva dato un’identità al provvedimento. Infatti, se nella città campana è possibile individuare alcune aree di intervento in cui si è agito ai sensi del decreto (qui il riferimento è all’avvio degli interventi infrastrutturali – quelli si, urgenti – che hanno interessato in alcune zone del comune, al potenziamento delle forze di polizia e alla – anche qui, doverosa – intensificazione del supporto alla formazione e alla rete scolastica), la stampa del luogo non riporta evidenze di arresti a tappeto di minori delinquenti, baby gang sgominate o giovani allo sbando riportati sulla retta via dai provvedimenti del questore. Al contrario, come si legge dai giornali (su questo punto, è doveroso specificare, riportare fonti dirette non ci è possibile: ai diversi tentativi di contattare la stampa e le autorità del luogo, non abbiamo ricevuto nessuna risposta), la maggior parte dei provvedimenti di fermo e arresto che sono stati disposti sul territorio di Caivano dall’approvazione del decreto ad oggi hanno riguardato più che altro maggiorenni, coinvolti in fattispecie di reato di volta in volta diverse – come, del resto, è sempre stato ed normale che sia.
In altre parole, insomma, questo sembra essere il quadro dell’Italia a un mese dall’approvazione del decreto Caivano: poche, pochissime, applicazioni del provvedimento sul suolo nazionale, e al contempo dubbi, sempre più dubbi, a proposito della sua utilità. “Le scorciatoie repressive non servono mai. Figuriamoci con i minorenni.” ha di recente dichiarato Susanna Marietti, Coordinatrice nazionale e Responsabile dell’osservatorio nazionale sulle condizioni di detenzione dei minori di Antigone. “Il decreto Caivano dice di voler combattere la criminalità minorile. Si tratta di un’emergenza inventata: nel 2022 le denunce di minorenni sono state in linea con l’ultimo decennio”: quindi, come spesso accade, “si legifera sull’onda emotiva generata da tragici fatti di cronaca, e non sulla base di dati oggettivi”.
A questo punto, sorge spontanea un’altra domanda: a fronte di questi dati, c’è qualcosa di cui stupirsi? In effetti, il quadro appena descritto era stato previsto da molti. Pur presentato dal Governo Meloni come un “modello”, il decreto Caivano non era certo nato sotto i migliori auspici. Fin dal momento della diffusione della sua prima bozza, infatti, esso aveva sollevato uno sciame di dubbi e critiche provenienti sia da molti esperti del diritto che da tanta parte della società civile. A scagliarsi contro il decreto Caivano erano stati tantissimi: dall’ex magistrato Gherardo Colombo (“Il carcere non serve a nulla, poiché in certi contesti non è con la minaccia del carcere che si portano i giovani ad astenersi dal commettere reati”) all’avvocato Elia De Caro, Difensore Civico di Antigone; dai sindacati agli esponenti dell’attivismo nella lotta per i diritti tra cui don Ciotti; dall’ Unione Congressuale Forense alla pressoché totalità dell’opposizione. Una sola, e piuttosto negativa, l’opinione sul provvedimento: il decreto Caivano è in contrasto con la Costituzione, perché viola la libertà del minore imponendo un sistema carcerocentrico che incide sui diritti fondamentali dei giovani e delle loro famiglie, e come se non bastasse non serve a niente. Per come è stato pensato infatti – si era detto – il decreto Caivano non serve e non servirà a niente: nell’ordinamento penale minorile italiano, a ben vedere, le norme necessarie a punire i reati di spaccio, detenzione di armi e violenza esistono già, e per contrastare la “criminalità minorile” bastano e avanzano queste, se sono ben applicate. Questo, continuavano i più critici nei confronti del provvedimento, comunque fermo restando che, ad oggi, non c’è evidenza di nessuna “emergenza giovanile” che sta dilagando nel territorio italiano: sarebbe una battaglia contro i mulini a vento, dunque, quella che il Governo sta “urgentemente” combattendo attraverso il decreto Caivano.

Se un mese è un tempo sufficiente per fare le prime considerazioni riguardo all’effettiva utilità di una decretazione d’urgenza, sicuramente non è abbastanza per tirare conclusioni definitive a proposito della sua efficacia protratta nel tempo. Si vedrà. Certo è che, con il passare delle settimane, sono sempre di più quelli che si convincono del fatto che, nella migliore delle ipotesi, il decreto Caivano continuerà a non servire a niente.

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