«Oggi in udienza ho affrontato una trentina di casi e per la metà di questi ho dovuto provvedere all’incardinamento del processo, ovvero a richiedere le prove orali e predisporre la documentazione necessaria allo svolgimento del procedimento». In prevalenza si trattato di reati fiscali, a cominciare dall’emissione di fatture inesistenti. Ma non solo. Spesso le tematiche sono distanti tra loro così come gli stadi del procedimento in cui è richiesto l’intervento di Alessandro Oteri, 42 anni, da tredici di professione Vpo. Una sigla che sta per Vice Procuratore Onorario: per i non addetti ai lavori, è la pubblica accusa nei procedimenti penali e in quelli in cui la presenza del pm è richiesta dal legislatore anche nei procedimenti civili. Oteri è uno dei 1.743 vice procuratori onorari presenti nel territorio e che, di fatto, contribuiscono in maniera determinante alla quotidiana amministrazione della giustizia.
Quella dei Vpo è solo una delle diverse figure che compongono la magistratura onoraria. In tutto sono 7.243 i magistrati onorari, di cui 1854 giudici di pace e 2124 giudici onorari di tribunale (Got). I giudici togati (la magistratura professionale) sono invece 9.242 magistrati in servizio. Di fatto le diverse figure di magistrati onorari si occupano praticamente di tutta la giustizia monocratica (quella cioè amministrata da un singolo giudice) nel penale e del 50% circa nel civile, con una punta pari al 100% per quanto riguarda i procedimenti di esecuzione mobiliare affidati ai giudici onorari di tribunale. Il grosso, insomma, delle cause che interessa la gente comune. Per farla breve: senza la magistratura onoraria, probabilmente, l’attività dei tribunali si arenerebbe.
L’onorarietà di un incarico giudiziario, ammessa per il terzo potere dello Stato dall’articolo 106 della Costituzione significa tali magistrati dovrebbero – il condizionale è d’obbligo – svolgere il ruolo in modo non professionale, ovvero per un tempo determinato. L’onorarietà dell’incarico poggia su tre pilastri: l’accesso è determinato da un concorso per titoli (laurea in giurisprudenza a cui possono essere aggiunti ulteriori requisiti quali un dottorato o l’abitazione alla professione di avvocato), mentre per i giudici togati il concorso prevede prove scritte e orali; in teoria si esercita per un periodo limitato (ad esempio i Vpo si tratterebbe di un incarico triennale, rinnovabile una sola volta); si riceve un’indennità per l’attività svolta e non uno stipendio mensile.
Nella realtà di onorario in realtà c’è poco: si tratta di professionisti pagati male, rispetto evidentemente al ruolo, spesso a cottimo; soggetti a regimi stringenti di incompatibilità; privi dei diritti normalmente previsti nei contratti di lavoro subordinato. Per di più, le quotidiane necessità della giustizia e le prevedibili difficoltà burocratiche nella gestione dei diversi concorsi per titoli, hanno stabilizzato i magistrati onorari nei loro ruoli con proroghe annuali. «Sul territorio sono in molti coloro che esercitano dal 1998, ovvero dall’entrata in vigore della legge che ha istituito Vpo e Got. La maggioranza dei colleghi in ogni caso esercita da oltre dieci anni», commenta Monica Cavassa, rappresentante della Federazione Nazionale Magistrati Onorari e vice procuratore onorario dal 2000. Situazione simile per i giudici di pace, istituiti nel 1995, come confermato dall’avvocato Gabriele Longo, presidente onorario della dell’Unione Nazionale dei Giudici di Pace. Nulla di strano se non fosse che per si tratterebbe in teoria di ruoli a tempo rinnovabili per un solo mandato e che invece, nei fatti, si sono trasformati in professioni vere e proprie. D’altro canto, sarebbe un’assurdità rinunciare alla professionalità acquisita con il tempo e l’esperienza. Peccato solo che per i magistrati onorari continuino a rappresentare un esercito di precari con molti doveri (incompatibilità stringenti, obblighi di formazione e preparazione) e ben pochi diritti.
Cosa fa un magistrato onorario. È bene poi sgombrare una volta per tutte il campo da un possibile dubbio. La suddivisione delle attribuzioni tra togati e onorari è operata dal legislatore e segue necessariamente il criterio della maggiore o minore difficoltà dei casi. Anzi. «Ci occupiamo di tutto, dei reati contro il patrimonio come di quelli contro la persona con due principali limiti: i reati per cui è previsto intervento collegiale e la fase istruttoria», sostiene Cavassa che sottolinea in particolare come ricadano nella competenza dei Vpo alcune tipologie di reati particolarmente complesse riconducibili, ad esempio, alla responsabilità professionale come ad esempio quelli conseguenti alla colpa medica. «Oggi in udienza ad esempio avevo un caso inerente alla colpa medica, oltre ad un’altra decina di fascicoli. Per prepararmi ho studiato fino alle 3 di mattina e si tratta di tempo che non viene retribuito posto che, come tutti i Vpo, sono pagata ad udienza», conclude Cavassa.
Anche Oteri ricorda un caso particolarmente complesso di responsabilità medica che l’ha visto coinvolto: «L’intera équipe di un noto ospedale era imputata con l’accusa di non aver considerato l’intero quadro clinico di un malato prima di procedere con una operazione di routine che aveva portato alla morte del paziente. La difficoltà, oltre che nel tecnicismo medico, era nella necessità di trovare un nesso causale tra l’operato di ciascun membro l’équipe e la morte del paziente». Per Ivana Casale, Vpo dal 2001, una delle difficoltà quotidiane è quella di trovarsi spesso in direttissima a convalidare degli arresti avvenuti in fragranza di reato nelle 48 ore precedenti, a decidere delle eventuali ulteriori misure cautelari necessarie e, spesso, a definire lo stesso processo con patteggiamento.
Di fatto ci si trova ad affrontare dei casi complessi senza aver avuto modo e tempo di prepararsi. «In tutto stamattina ho affrontato nove casi – racconta Casale a Stati Generali- molti relativi allo spaccio di sostanza stupefacenti, una a resistenza al pubblico ufficiale e una rapina particolarmente choc: un furto di cioccolata e tonno, per un totale di 27 euro, sfociato appunto nel delitto più grave a causa della reazione violenta seguita alla scoperta del reato». Non è che le competenze dei giudici di pace siano meno delicate: ha a che fare, ricorda Longo, con temi delicati e attuali come i decreti di espulsione dei clandestini o i diritti dei consumatori: «Io stesso, con sentenza, ho riconosciuto il diritto al risarcimento, nei confronti di Ferrovie dello Stato, dei danni conseguiti al mancato avvertimento della soppressione di un treno su Fiumicino».
Compensi a cottimo. È piuttosto evidente come simili attribuzioni siano complesse e presuppongano una preparazione approfondita, non diversa da quella prevista per i cosiddetti togati. Oltre ovviamente alla necessaria autonomia e indipendenza che deve contraddistinguere l’intera magistratura. Per lo Stato tuttavia tali professionisti a cui è delegata una mole considerevole dell’amministrazione della giustizia, sono e rimangono precari privi di contratto, di diritti, di previdenza e di una qualsiasi assicurazione, dai “rischi del mestiere” alla malattia. Le ferie sono una parola tabù. La remunerazione è invece a cottimo. Per i Vpo sono previsti 98 euro lordi a udienza che raddoppiano qualora l’udienza si protragga per più di cinque ore. Per i giudici di pace invece è previsto un fisso (258,23 euro per ciascun mese effettivo di servizio a titolo di rimborso spese) oltre ad un compenso variabili a seconda dell’attività svolta. Per le udienze, ad esempio, sono riconosciuti 36,15 euro, ma oltre le 110 l’anno nulla è dovuto, mentre per i decreti ingiuntivi la retribuzione è decisamente inferiore, 10,33 euro.
La remunerazione delle diverse figure di magistrati onorari difficilmente supera 2.000 euro netti mensili. Si consideri che i togati sono assunti a tempo indeterminato e guadagnano tra i 3.500 (comprese le indennità) e i quasi 17mila euro portati a casa da un presidente della Corte di Cassazione. È evidente che, come sottolineano Longo e Cavassa, la garanzia dell’indipendenza e dell’autonomia del ruolo passa anche dal riconoscimento finanziario, dalle tutele previste da un contratto regolare e dalla continuità nel rapporto di lavoro. Gi stipendi d’oro riconosciuti ai togati, del resto, sono previsti a garanzia dell’autonomia e dell’indipendenza del terzo potere dello Stato, ovvero detto in parole povere per evitare che chi decide delle sorti altrui possa essere indotto in tentazione. Peccato poi che la gran parte della giustizia passi dalle mani di magistrati onorari che non arrivano neppure alla retribuzione mensile riconosciuta agli ex uditori giudiziari. Tra venti di riforma e procedimento giudiziari anche a livello europeo tuttavia la situazione potrebbe variare in tempi quanto meno biblici. A vent’anni dall’avvio, la magistratura onoraria sta iniziando infatti ad alzare la voce anche in Europa.
Cosa accade in Europa. Non siamo l’unico Paese in Europa ad avere giudici onorari. Anzi in realtà con l’eccezione della Grecia, i cosiddetti “giudici laici” sono previsti in tutti i Paes. Peraltro solo Italia e Irlanda del Nord dispongono di queste figure anche come magistratura inquirente (pubblica accusa) e non solo giudicante. La funzione dei giudici laici, come emerso nel rapporto della Cepej – Commissione Europea per l’Efficienza della Giustizia, è generalmente limitata al primo grado, anche se in qualche ordinamento (Austria, Norvegia, Svezia e Svizzera) rientrano nei collegi di secondo grado. L’onorarietà in Europa si fonda sulla volontarietà in relazione ad una riconosciuta esperienza (non necessariamente giuridica) e onorabilità professionale per cui si prevede un rimborso spese. Ciò che contraddistingue l’Italia dal resto d’Europa, è che, negli anni, si è assistito ad una stabilizzazione impropria e professionalizzazione dei giudici laici non riconosciuta. Ci sono Got e Vpo che prestano servizio presso lo stesso ufficio da più di 20 anni. Per lo Stato rimangono di precari.
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