Geopolitica
Non ha vinto nessuno, ma tocca al PSOE dare le carte
Nonostante i roboanti titoli dei quotidiani italiani e i giornalisti che decantano taluni la vittoria della sinistra altri della destra e altri ancora dell’Europa, ognuno secondo convenienza, in Spagna non ha vinto nessuno.
Le elezioni politiche in Spagna (Cortes Generales 2019) confermano i sondaggi degli ultimi mesi e vede un rimescolamento delle carte rispetto al 2016, quando a separare il primo partito, che allora era il PP, da Ciudadanos c’erano venti punti percentuali, in mezzo PSOE e Unidos Podemos. Stavolta è il PSOE a beneficiare della maggioranza relativa del 28,68% (si tratta del suo terzo perggior risultato dal 1977), molto indietro il PP col 16,7% (dimezzato rispetto al 33,03% del 2016) che sconta inchieste, arresti, la caduta del governo Rajoy nel 2018 (grazie alla ‘mocion de censura’ voluta da Podemos) e il nuovo corso del segretario Casado troppo tendente a posizioni estreme (anche a causa della questione catalana e dell’esplosione di Vox) che ha fatto decantare molti moderati per il PSOE. Con un 15,86% guadagna il terzo posto C’s anche se il risultato è deludente rispetto alle aspettative, la sua posizione oltranzista sull’articolo 155 della Costituzione (che ha permesso il commissariamento del governo autonomo catalano) ha portato acqua al mulino dei nazionalisti dell’ultradestra di Vox. Un passo indietro per la coalizione morada di Unidas Podemos che perde 29 seggi passando dal 21,10% al 14,31%. Causa litigi interni (le elezioni amministrative sono alle porte), una posizione sulla Catalogna dialogante, che in questo periodo di opposti nazionalismi evidentemente va poco di moda, e per la campagna diffamatrice scoperchiata dall’inchiesta giornalistica chiamata ‘las cloacas del Estado’ (non serve tradurre) che ha visto politici e ministeri coinvolti nella fabbricazione di prove contro Podemos e alcuni partiti nazionalisti catalani per poi passarle agli organi di stampa. Col 10,26% e oltre due milioni e mezzo di voti entra in parlamento, per la prima volta, Vox il partito di ultradestra di Abascal (ex-PP) che dopo il buon risultato di dicembre nelle elezioni andaluse vede confermata l’ascesa di questo partito nazionalista di chiara tradizione falangista che cavalca (letteralemente) il malcontento delle periferie e dell’estesa Spagna rurale, abbandonata sia dal PP che dal PSOE. Avanza anche ERC, la sinistra repubblicana e indipendentista della Catalogna, il cui presidente Oriol Junqueras (causa referendum di ottobre 2017) è incarcerato dal novembre del 2017 per sedizione (il processo è in corso a Madrid e rischia 25 anni) prende un milione di voti e 15 scranni.
Come nel 2016 nessun partito ha la maggioranza, la legge elettorale era stata pensata per un sistema bipartitico (come il Rosatellum, quasi…), e per evitare nuove elezioni il PSOE dovrà stringere un’alleanza per governare i prossimi quattro anni, ai sui 123 seggi dovrà aggiungerne altri per arrivare alla maggioranza necessaria di 176. Il PP ne ha 66, C’s 57, UP 42, Vox 24, ERC 15, JxCAT 7, PNV 6. Oltre ai numeri bisogna guardare ai programmi e il rischio per tutto il Paese è quello di un ritorno al passato con politiche che non risolvono, per questo il PSOE dovrebbe escludere automaticamente il PP e decidere fra C’s a destra o a sinistra con UP ed ERC. Il sentore è che prevarranno nel PSOE le spinte ‘destre’ per andare con C’s. A confermarlo la prontissima doppia smentita di rito da parte di Sanchez e Rivera circa una possibile alleanza di governo. Aspettiamo di vedere le prossime mosse di Pedro Sanchez premiato dagli elettori in questa tornata elettorale più che per meriti propri per i tanti errori dei sui concorrenti. Sulle sue spalle grava la responsabilità di decidere che governo dare alla Spagna e sciogliere i nodi (e nazionalismi) di questi ultimi convulsi anni.
C’è ben poco da esultare, in Italia, la frammentazione politica vista in Spagna è positiva solo se si riuscirà a fare sintesi e dare prospettive chiare, diversamente produrra altra paralisi e politiche tampone, già viste, che aumentano il malcontento.
Per quanto riguarda i cambiamenti climatici e più in generale l’ambiente, come ricordano i FFF spagnoli, escluse alcune citazioni di Iglesias, sono stati i grandi assenti dal dibattito di queste elezioni. Quando si parla troppo di confini, bandiere e di tagli delle tasse ai ricchi, si finisce per dimenticare le cose importanti, quelle vitali.
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