La politica della sufficienza

23 Settembre 2024

Dopo essere stato confinato per millenni nella sfera della filosofia, un antico principio sta emergendo in Europa sulla scena scientifica e su quella politica: la sufficienza, sinonimo di sobrietà e di temperanza.  Secondo il filosofo Wolfgang Sachs del Wuppertal Institutesenza la sufficienza, la rivoluzione della efficienza è priva di direzione. Niente è più pericoloso – osserva Sachs – che muoversi con la massima efficienza nella direzione sbagliata. Efficienza vuol dire fare le cose nel modo giusto (doing things right). Sufficienza vuol dire fare le cose giuste (doing the right things)”. Vale la pena – per esempio – di perseguire la massima efficienza  per riuscire ad esportare la massima quantità di acqua minerale San Pellegrino dalle Alpi italiane fino ai ristoranti di Sidney?

 

Una storia di efficienza
La storia dell’umanità è una storia di efficienza. Grazie alla sua ingegnosità, l’umanità aumenta da millenni la quantità di cose utili che riesce a trarre da una singola unità di risorse naturali. E’ proprio questa “marcia dell’efficienza” che ha permesso all’umanità di aumentare esponenzialmente il suo consumo complessivo di risorse – specialmente nei due ultimi secoli. La sempre maggiore efficienza ha permesso infatti l’aumento della popolazione, della durata della vita, dell’uso di manufatti,  e lo sviluppo incessante dei mezzi per prelevare sempre più materiali dalla natura, trasformandoli rapidamente in prodotti, rifiuti ed emissioni.
Eppure, malgrado questa evidenza storica, il principale rimedio invocato tuttora per far fronte a un consumo di natura esorbitante è un ulteriore aumento dell’efficienza, senza rendersi conto che è stata proprio la “marcia dell’efficienza” a darci il potere di compromettere gli equilibri ecologici del Pianeta e di creare l’era dell’Antropocene.

 

Il “rimbalzo dell’efficienza”
Per esempio: l’enorme aumento del traffico di merci e persone  è stato possibile proprio grazie ad apparati e sistemi sempre più efficienti che hanno permesso di ridurre il costo dei trasporti e di moltiplicare il numero di persone che se ne servono sempre più intensamente.  Questo fenomeno – ossia l’aumento dei consumi complessivi grazie all’aumento dell’efficienza unitaria – è stato ben studiato dagli economisti , che lo hanno chiamato effetto rimbalzo . Eppure l’effetto rimbalzo è ancora trascurato dalle politiche economiche perché esse continuano a perseguire la crescita esponenziale infinita dell’economia senza riguardo alle sue conseguenze controproducenti.

 

L’emergere dell’idea-guida della sufficienza
Accanto alla idea-guida dell’efficienza, però, emerge ora anche in politica l’idea-guida della sufficienza, sinonimo  di “vivere bene entro dei limiti accettati”. Questa è un’idea controcorrente rispetto all’intensità con la quale il marketing, i media e le élite economiche e politiche esortano a moltiplicare i consumi. Il concetto di sufficienza è stato finora un tabù politico perché esso non è compatibile con il precetto della crescita economica esponenziale infinita.  Da qualche anno, tuttavia, le politiche di sufficienza sono raccomandate anche da autorevoli istituzioni internazionali; per esempio  dalla Agenzia Internazionale dell’energia (IEA), sotto l’etichetta behavioural change, e dal Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico (Intergovernmental Panel on Climate Change, IPCC). Quest’ultimo descrive la sufficienza come “politiche, misure e pratiche quotidiane che evitano la domanda di energia, materiali, acqua e suolo mentre forniscono benessere per tutti entro i confini planetari”.
Questa definizione, tuttavia, non specifica di per sé che la peculiarità della sufficienza è quella di ridurre i consumi materiali non con soluzioni tecniche (efficienza) ma con soluzioni che implicano di astenersi da una parte dei servizi e dei beni, in particolare quelli che eccedono una soglia di ragionevolezza.  I due concetti della definizione – il  “benessere per tutti” e i “confini planetari” – inoltre, non affrontano due questioni scabrose: fino a quali livelli anche i più alti consumi di alcuni ceti sono legittimati dal principio del “benessere per tutti”? E quale livello di incertezza scientifica è accettabile per concordare  nella società il livello da non superare dei supposti  confini planetari? Un buon esempio di questa questione è il noto livello di 1,5° C di riscaldamento globale da non superare sancito dall’Accordo di Parigi sul clima nel 2015.

 

La temperanza ecologica
Per millenni la sobrietà è stata invocata in molte culture con motivazioni filosofiche. Oggi, però, sono le cognizioni scientifiche che inducono sempre più scienziati a raccomandare sia alle élite dirigenti sia alle persone di orientarsi anche alla idea-guida della sufficienza, che è un moderno sinonimo della antica virtù cardinale della temperanza. Nella comunità scientifica – per esempio – si è diffuso dal 2009 il concetto di confini planetari (planetary boundaries). Si tratta  di nove parametri ecologici del pianeta, i cui livelli attuali si avvicinano o avrebbero superato i livelli di allarme ecologico.  E’ noto che gli effetti del sovra-consumo nell’aumentare i livelli dei parametri ecologici planetari sono causati in modo sovra-proporzionale dal tenore di vita della minoranza più agiata. Se l’intera umanità praticasse questo tenore di vita – come essa potrebbe legittimamente desiderare – il superamento dei confini ecologici planetari sarebbe ancora più nefasto. Ne consegue che una redistribuzione dei livelli di consumo materiale tra chi consuma troppa natura  e chi ne consuma troppo poca è necessaria per evitare sia il dissesto ecologico sia crescenti conflitti per l’accaparramento delle risorse naturali.  L’urgenza di questa redistribuzione è preconizzata da voci autorevoli: non solo da Papa Francesco nel capitolo 193 della sua “enciclica ecologica” Laudato sì  ma anche da qualificati scienziati nel loro recente studio “A just world on a safe planet (Un mondo giusto su un pianeta sicuro).

 

Le iniziative europee per promuovere politiche di sufficienza
Nel 2020 la rivista Nature pubblicò un’efficace ricognizione scientifica sulla non sostenibilità dell’attuale e disuguale livello di consumo nel mondo (Scientists’ warning on affluence, Wiedman et al. ). Poco dopo, un consorzio di otto organizzazioni e istituti europei, avviò l’ampio progetto Fulfill Sufficiency . Lo  scopo di questo progetto, finanziato dal programma Horizon 2020 della Unione europea, è di documentare le ragioni per cui l’idea-guida della sufficienza dovrebbe diventare uno dei cardini delle politiche dell’Unione europea. Del consorzio fanno parte: Politecnico di Milano, Jacques Delors Institute, Wuppertal Institute, Fraunhofer Institute for Systems and Innovation Research, Association négaWatt, EURAC, International Network for Sustainable Energy Europe, Zala Green Liberty.  Molti di questi istituti fanno parte anche del consorzio di venti organizzazioni europee che hanno formulato lo scenario di transizione ecologica “Clever” ,  presentato nel giugno 2024. Questo prefigura per il 2050 un’Europa di 30 paesi che avrà ridotto del 55% il suo uso di energia e avrà raggiunto sia la neutralità climatica, sia l’indipendenza da importazioni di energia. La triade del progetto Fulfill Sufficiency e dello scenario Clever è riassunta nei tre principi: Sufficienza-Efficienza-Rinnovabili (SER). Questa triade è il fondamento anche degli scenari e del logo di negaWatt un’associazione francese e europea di studio delle politiche energetiche. Il principio della sobriété (ossia sufficienza, temperanza) è stato incluso, inoltre, nella legge francese per la transizione energetica del 2015. Anche il Manifesto della sufficienza pubblicato nel 2023 da 75 organizzazioni e istituti di ricerca europei, esorta l’Unione europea a fare dell’idea-guida della sufficienza uno dei caposaldi delle sue politiche. Infine, il recentissimo rapporto delle Nazioni Unite Eradicating poverty beyond growth (Sradicare la povertà al di là della crescita) raccomanda una politica di “riduzione della produzione di ciò che non è necessario” basata su un’idea-guida di sufficienza e di diritti umani, invece che su una “ideologia della crescita”.

 

La sufficienza: necessaria, possibile, desiderabile
I risultati del progetto Fulfill Sufficiency si basano su un ampio studio della letteratura scientifica e su esempi di pratiche individuali e di politiche pubbliche di sufficienza. Essi sono stati presentati a Bruxelles il 18 settembre e si riassumono in tre argomenti: la politica della sufficienza è necessaria, è possibile ed è desiderabile.

Primo: la sufficienza è sempre più necessaria perché, malgrado progressi, nei paesi più industriali non si verifica un auspicato disaccoppiamento assoluto tra crescita economica e crescita dei consumi di natura e di combustibili fossili. Malgrado la crescita dell’uso di energie rinnovabili, infatti, queste si aggiungono alle energie fossili, invece di sostituirle e molti scenari prevedono che l’uso globale di energia e l’uso di fonti fossili continuino a crescere nei prossimi decenni. La velocità della perdita di biodiversità, inoltre, è probabilmente il più importante confine planetario da non superare, ma la sua entità è difficile da accertare e tanto più occorre prudenza nello stimarne i limiti da non oltrepassare.

Secondo: la sufficienza è possibile se il suo principio è applicato a tre livelli: i comportamenti individuali, la realizzazione di infrastrutture materiali e non materiali che permettono e incoraggiano i comportamenti individuali di sufficienza, e infine l’applicazione di leggi e di politiche pubbliche nazionali e sovranazionali che favoriscono e incoraggiano sia i comportamenti individuali sobri sia la realizzazione di infrastrutture favorevoli alla sufficienza. Questi tre livelli sono connessi: la scelta di muoversi più spesso in bicicletta, per esempio, è possibile se ci sono infrastrutture adeguate quali le piste ciclabili, i parcheggi per biciclette, i bike-sharing e i locali di custodia negli edifici e nelle stazioni. A sua volta, la realizzazione sistematica di tali strutture è più probabile se leggi e direttive nazionali e sovranazionali la promuovono e la sovvenzionano. Un buon esempio è il mandato agli Stati Membri nella recente Direttiva Europea Edifici di prevedere nelle legislazioni nazionali l’obbligo di locali protetti per biciclette in edifici nuovi e ristrutturazioni.

Terzo: la sufficienza è desiderabile. Spesso, infatti, oltre a ridurre i danni ecologici, l’applicazione della sufficienza porta con sé benefici alla salute fisica e psichica, contribuendo a favorire l’attività fisica, a diminuire lo stress che spesso accompagna i processi produttivi e commerciali e a ridurre la quantità di ore di lavoro necessarie per finanziare alti livelli di consumo. La salute pubblica ne beneficia e i costi sanitari diminuiscono.

Il principio della sufficienza non è alternativo a quello della efficienza tecnica. Quest’ultima deve essere perseguita, ma occorre prevenire gli effetti rimbalzo del progresso dell’efficienza tecnica sull’aumento dei consumi complessivi di natura. Per questo occorrono sia nuovi comportamenti sia leggi e politiche che tengano conto con prudenza dei confini planetari ecologici e della impossibilità di estendere alla intera popolazione della Terra i livelli dei consumi materiali elevati che il progresso tecnico permette oggi alla minoranza più agiata.

– Questo articolo è comparso, con alcune modifiche, su HuffPost Italia.

TAG: confini planetari, ecologia, Fraunhofer Institute, Fraunhofer Institute for Systems and Innovation Research, Fullfill, Fullfill sufficiency, moderazione, negaWatt, politecnico di milano, sobrietà, Sufficienza, temperanza, Wolfgang Sachs, Wuppertal Institute
CAT: Geopolitica

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