Geopolitica
Grida dall’inferno di Haiti
Haiti da qualche giorno è ripiombata nel caos: ci sono cadaveri per strada, città messe a ferro e fuoco, palazzi e stazioni di polizia incendiate, roghi ovunque: ad alimentare gli scontri sono le famigerate bande di criminali che, dal 29 febbraio, hanno scatenato una nuova folle ondata di violenza armata e che ormai controllano l’80% del paese. In un attacco coordinato nella capitale di Port-Au-Prince, oltre al Palazzo Presidenziale hanno assaltato il Ministero degli Interni, il quartier generale del distretto di polizia occidentale[1] e le carceri, liberando quasi 3800 prigionieri, tra i quali anche gli assassini dell’ex presidente Jovenel Moïse. L’aeroporto di Haiti è stato chiuso poiché l’esercito cerca di non far cadere anche questo nelle mani delle bande, mentre il porto principale – un punto chiave per le importazioni di prodotti alimentari – è stato saccheggiato, nonostante gli sforzi per creare un perimetro di sicurezza[2].
Il paese caraibico, poco più di 11 milioni di abitanti, da diversi anni ormai vive una gravissima crisi umanitaria. A guidare le bande è l’ex poliziotto Jeremy Chérizier, denominato “Barbecue” per la sua predilezione per gli attacchi incendiari, divenuto leader di una sorta di cartello denominato G9 che riunisce almeno nove potenti gruppi criminali della capitale, e che ha rapporti amichevoli con altre bande esterne dalle quali ottiene supporto quando necessario. Grazie al suo passato di poliziotto, Barbecue ha forti legami con una delle forze politiche più potenti di Haiti, il partito Tèt Kale (Parti Haïtien Tèt Kale – PHTK), così come con i vertici della polizia.
Jeremy Chérizier sta minacciando di iniziare una vera e propria guerra civile che, secondo lui, diventerà un genocidio, qualora il Primo Ministro di Haiti, Ariel Henry, non si dovesse dimettere. Nel 2021, l’allora primo ministro Jovenel Moïse è stato assassinato in circostanze molto controverse. Ariel Henry ha preso il potere senza passare attraverso elezioni democratiche, anche se, secondo un accordo raggiunto nel 2021, promette di indirle entro il 7 febbraio del 2024. La promessa viene però violata: Henry decide di far slittare le elezioni alla metà del 2025[3].
Barbecue non è affatto chiaro nei suoi progetti politici. Quel che è certo è che in passato ha più volte incoraggiato gli haitiani ad unirsi nella lotta contro Harry che considera un usurpatore e progetta la creazione di una sorta di consiglio di anziani con dei rappresentanti della società civile per guidare il paese. Una proposta difficile da realizzare, visto che a sostenerla sono gang responsabili da anni di atroci violenze, tra cui stupri di donne e bambini, omicidi su commissione e rapimenti a scopo di estorsione – tutti orrori che sono la norma in questo paese devastato.
L’aumento d’intensità degli scontri e delle violenze sembra addirittura trovare il favore di una piccola parte della popolazione che apparentemente sostiene le gang, mentre la stragrande maggioranza dei cittadini, a causa delle condizioni create dalla costante insicurezza e instabilità politica, vive in uno stato di grave indigenza e disperazione: solo nella scorsa settimana 15’000 haitiani, tra cui molte donne e bambini, sono fuggiti dal paese. La fuga è frutto della disperazione e quindi non è organizzata, è senza una meta, verso l’ignoto che rischia di essere altrettanto atroce.
Nelle sue dichiarazioni alla stampa, Barbecue offre una immagine di sé molto determinata, compare armato con in dosso un giubbotto antiproiettile e lancia ultimatum: “O Haiti diventa un paradiso per tutti, oppure la renderemo un inferno per tutti”. La comunità internazionale, sotto la pressione delle organizzazioni umanitarie, sta cercando di adoperarsi diplomaticamente per favorire finalmente lo svolgimento delle elezioni, per agevolare una transizione tra Henry e il suo successore – un fatto che potrebbe essere l’unico passaggio utile per placare gli scontri.
Giovedì 8 marzo i leader dei Caraibi hanno lanciato un appello per un incontro di emergenza previsto per lunedì 11 in Giamaica per affrontare la situazione definita “terribile” di Haiti. Hanno invitato all’incontro gli Stati Uniti, la Francia, il Canada, l’ONU e il Brasile[5]. Tutto è in una fase di totale incertezza, si dovrebbe procedere con una negoziazione tra attori molto determinati e per nulla inclini alle trattative. Inoltre si rischia di dover fare concessioni alle gang che, anche se con lo scopo impellente di arrestare le violenze, può dare esiti molto pericolosi, perché significherebbe dare riconoscimento al loro ruolo, investirle di responsabilità istituzionali e dare loro del potere legittimo. Un precedente pericoloso.
Gli Stati Uniti, in questo momento, stanno facendo pressione su Henry perché offra delle concessioni alle gang, negano però di aver chiesto al presidente ad interim di dimettersi, anche se questa apparrebbe la strategia più immediata per fermare le violenze. Nel frattempo, il Dipartimento di Stato americano sembra intenzionato ad inviare un plotone FAST (Fleet Anti-Terrorism Security Team), una unità speciale composta da Marines altamente addestrati, per sedare la sommossa[6]. Nell’ottobre scorso, dopo mesi di ritardi, il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ha dato il via libera a una missione di polizia multinazionale guidata dal Kenya, ma la decisione è stata bloccata dai tribunali kenioti[7].
Il caos è scoppiato mentre il premier Henry era in visita in Kenya: un pretesto per scatenare le violenze. È ancora in una sorta di esilio forzato, poiché gli aeroporti sono bloccati e per lui non è possibile rientrare ad Haiti. Henry aveva fatto tappa in New Jersey e ora si trova a Puerto Rico, non essendo riuscito a sbarcare nella Repubblica Dominicana (confinante con Haiti) per via della chiusura dello spazio aereo. L’ufficio del presidente dominicano Luis Abinader afferma che “Henry, per motivi di sicurezza, non è il benvenuto nella Repubblica Dominicana “. La Repubblica Dominicana, che condivide l’isola di Hispaniola con Haiti, ha chiuso la frontiera terrestre.
Da Port-au-Prince arrivano notizie di terrore e caos, ed il ritorno del presidente non migliorerebbe la situazione che appare senza via di uscita, visto che l’economia del paese è in ginocchio e le uniche entrate sono le rimesse degli espatriati – molti dei quali sono miliziani delle gangs che hanno replicato le loro feroci bande criminali nei paesi vicini e negli Stati Uniti d’America.
[1] https://newsukraine.rbc.ua/news/massive-gang-riots-in-haiti-us-considers-1709996064.html
[2] https://www.japantimes.co.jp/news/2024/03/10/world/haiti-capital-under-siege/
[3] https://www.cbsnews.com/news/chaos-unfolds-in-haiti-as-caribbean-leaders-call-an-emergency-meeting-monday/
[4] https://foreignpolicy.com/2024/03/06/haiti-ariel-henry-gang-violence-puerto-rico-jimmy-cherizier/
[5] https://www.cbsnews.com/news/chaos-unfolds-in-haiti-as-caribbean-leaders-call-an-emergency-meeting-monday/
[6] https://www.marinecorpstimes.com/news/your-marine-corps/2024/03/07/elite-marine-security-team-deploys-to-haiti-amid-gang-crisis/
[7] https://www.japantimes.co.jp/news/2024/03/10/world/haiti-capital-under-siege/
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