P.A.
Le sanzioni di Rossi: nessuno sconto
Saranno molti gli italiani che non dubiteranno delle ragioni del Valentino Rossi sportivo, anche dopo la conferma della sanzione da parte della federazione internazionale.
Altrettanto garantismo non è stato riservato al Valentino Rossi contribuente.
Anzi, stampa e social sono tornati recentemente a discutere della vicenda che ha opposto il campione all’amministrazione finanziaria (un accertamento con adesione conclusosi nel 2008) parlando di patteggiamento con l’Agenzia delle entrate, di transazione, di regalo al VIP, di milioni in meno nelle casse dello Stato.
Nulla di vero.
In ambito fiscale, se un funzionario accerta un’evasione di 100, deve chiedere 100 e nessuna transazione è possibile, neppure se il contribuente offre 99.
Anche se per recuperare la differenza tra domanda e ipotetica offerta l’Amministrazione si trovasse costretta a comparire di fronte a un Giudice tributario dove, dati alla mano, perde il 30% delle volte.
Questo perché l’ordinamento esclude che l’Agenzia delle entrate possa preferire l’uovo oggi alla gallina domani.
Si chiama indisponibilità del tributo.
Quindi, Valentino Rossi non ha sicuramente usufruito di transazioni. Probabilmente avrebbe voluto, ma la legge lo impediva.
Nel caso che lo riguarda è stato applicato il cosiddetto accertamento con adesione, strumento molto usato (il più usato, io dico abusato) che consente, anzi obbliga lo Stato a essere “risarcito” fino all’ultimo euro.
È necessario capire la procedura per cogliere il motivo che spinge un contribuente – si tratti di Valentino Rossi, del signor Rossi o della Rossi S.r.l. – a pagare proprio in adesione.
La questione è molto tecnica e un esempio può essere utile.
Un vigile ferma un motocilista e gli contesta che stava viaggiando a 80 km/h dove il limite è di 50.
Se alle infrazioni del codice della strada si potessero applicare le regole tributarie, il motociclista potrebbe iniziare un contraddittorio in accertamento con adesione con lo stesso agente per dimostrare, dati alla mano, che non correva a 80 all’ora.
A quel punto, visionata la documentazione, il vigile si può dire disposto a rettificare la rilevazione da 80 a 70 ma, attenzione, solo a patto che il trasgressore paghi subito e si impegni a non fare ricorso.
Nel nostro ipotetico caso, il motociclista Rossi aderisce all’accertamento perché pagherà una multa per eccesso di 20 all’ora, anziché di 30 all’ora.
Di più, sa che se facesse ricorso potrebbe, in caso di accoglimento, vedere annullata la contravvenzione ma, se dovesse perdere, sarebbe costretto a pagare avvocato e multa per 80 km/h raddoppiata.
Accade addirittura che qualche motociclista, impaurito dagli esiti di un eventuale giudizio, decida di pagare anche se stava guidando a 60 Km/h o forse a 55, o forse ancora a meno…
Il contribuente può, anzi deve fare i propri conti: meglio perdere certamente, e a volte ingiustamente, un uovo oggi, che correre il rischio di restare senza la gallina domani.
Vedete delle grosse incoerenze in tutto questo? Non siete i soli.
Comunque non si tratta di una transazione perché non c’è nessuna concessione da parte della Pubblica Amministrazione (le giustificazioni fornite dal contribuente devono essere documentate, altrimenti il vigile sarebbe costretto a procedere con un rilievo da 80 km/h).
Non è simile a un patteggiamento, perché in quel caso si discute di misura della pena (es. quanti anni di carcere/multa) e non di fatto storico (es. a quale velocità).
Sta di fatto che, anche in questo caso, la “verità processuale” non sempre rispecchia la realtà fattuale.
Chi firma un accertamento con adesione può anche non aver evaso.
Chi patteggia può anche essere innocente.
Non è forse vero che a molti di noi, per evitare rischi maggiori, è capitato di accettare un accordo al ribasso, pur sapendo di avere, in tutto o in parte, ragione?
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