Risparmio

Il test conferma: negando la probabilità la CONSOB di Vegas nega se stessa

10 Marzo 2016

Potere della scienza. Da quasi venti anni all’università ripeto agli studenti che l’analisi sperimentale indica che 80% degli individui preferiscono scommesse nelle quali conoscono le probabilità di vincere e di perdere, e oggi leggo che quasi la stessa percentuale, 77%, è il risultato del test svolto dagli Stati Generali con il Movement for Risk Transparency sugli scenari probabilistici. È l’occasione di ripercorrere la questione e il dibattito, e scoprire una storia di paradossi, dalla scienza alla politica.

La storia ci rimanda al 1961, quando un militare ed economista americano, di nome Daniel Ellsberg, pubblicò un articolo in cui analizzava la seguente scelta. Assumete che in un’urna ci siano novanta palline, blu, verdi e rosse. Sapete che le palline blu sono trenta. Preferite scommettere sull’estrazione di una pallina blu o di una pallina rossa? In generale forse la vostra preferenza sarà per la scommessa sulla pallina blu. Perché? Perché sapete che la probabilità di vincere la scommessa è una su tre, mentre non sapete qual è la probabilità di estrarre una pallina rossa (potrebbe essere due terzi come zero). Questo esercizio è noto come il paradosso di Ellsberg, e significa che nel prendere le loro decisioni le persone preferiscono conoscere le probabilità. Cosa c’è di paradossale in questo paradosso, vi chiederete? Qui la questione si farebbe tecnica. Vi basti sapere che questa preferenza per la conoscenza della probabilità scardina una delle ipotesi di fondo sul comportamento che la scienza economica attribuisce all’uomo. Per la precisione, l’homo oeconomicus dovrebbe essere indifferente tra scegliere la scommessa tra la pallina blu e la pallina rossa. L’uomo della scienza economica dovrebbe essere indifferente tra conoscere o meno la probabilità.

I risultati del test sugli scenari probabilistici conferma il comportamento previsto da Ellsberg. Conoscere la probabilità è un elemento essenziale per scegliere. Vale per scommesse su palline blu e rosse ma anche per la scelta tra un prodotto finanziario e un altro. L’esempio delle palline colorate consente anche di apprezzare il nonsense dell’informazione alternativa che veniva proposta nel test, che è quella adottata dal nostro regolatore, la CONSOB. E’ il cosiddetto “what if”: descrivere gli scenari senza probabilità. Nel caso in questione l’informazione “what if” sarebbe stata: se esce la pallina del colore che hai scelto vinci, altrimenti perdi. Se qualcuno vuole obiettare che l’esempio è ridicolo per ci sono solo due possibilità, sappia che il caso in cui la scommessa ha infiniti risultati possibili, come un investimento in un titolo finanziario, il “what if” è un concetto ancora più ridicolo, perché la probabilità che si verifichi uno scenario su un numero infinito di possibilità è zero.

Sia che si tratti di scommettere su una pallina, sia che si tratti di scegliere un titolo di debito subordinato, il concetto di “what if” non ha alcun senso.  E’ l’informazione che nega se stessa. E senza alcuna informazione la scelta che ognuno di noi può fare è quella in cui si vince e perde con la stessa probabilità con cui si tira una moneta: 50% testa, 50% croce. E’ la probabilità senza alcuna informazione, quello che in statistica chiamiamo:  “a priori” piatto. Non sorprende quindi, e anzi conforta chi crede nella scienza, l’altro risultato del test: chi usa il test “what if” non ha possibilità di discriminare tra un investimento più rischioso e uno più sicuro. 50% di probabilità. In altri termini, invece di mostrare un “what if” di un investimento finanziario, sarebbe lo stesso, e anzi sarebbe più onesto, tirare una moneta: se viene testa, investi in un BTP, se viene croce investi in un titolo subordinato di una banca.

Se passiamo dalla storia di un concetto scientifico, quello dell’“avversione all’incertezza”, alla cronaca degli argomenti di dibattito sollevati soprattutto dal Presidente della CONSOB, il racconto cambia di tono. Il primo argomento che Vegas ha usato, per la prima volta a un’audizione alla commissione finanze, è che la conoscenza della probabilità potrebbe scoraggiare gli investimenti. E’ il paradosso di Vegas: meno ne sai e più investi. Mi chiedete qual è il paradosso? È che il presidente dell’istituzione che dovrebbe tutelare la diffusione dell’informazione tra i risparmiatori, ne nega la rilevanza, e anzi la ritiene un freno per gli “animal spirit” che guiderebbero le scelte di investimento. Animali sì, fessi no: questa è la risposta che emerge dal test. L’informazione conta, e nei mercati finanziari l’informazione coincide con la probabilità.

Il secondo argomento speso contro la probabilità è che è difficile. È un concetto da iniziati. Secondo questa teoria geni della probabilità si riunirebbero in punti scommesse dove guardando una partita o seguendo una corsa di cavalli discettano di tribù e di teoremi di martingala. Solo loro saprebbero trasformare le informazioni che arrivano dai video e dai numeri in questo numero esoterico che si chiamerebbe probabilità. Questo argomento usa la figura retorica dell’iperbole. Esistono infatti i luoghi in cui si parla di teoria della probabilità, sono da iniziati e si chiamano “convegni”, e sono diversi dalle sale scommesse. Ma anche nelle sale scommesse si parla di probabilità, magari senza mai nominarla. E in base a una probabilità si decide se una scelta vale la pena.

È così che tra uno scandalo finanziario all’altro, mentre si discute di educazione finanziaria, questo test ci ricorda che anche l’educazione non è niente senza l’informazione, e che mentre diffondere l’educazione è una sfida formidabile, diffondere l’informazione sarebbe stato banale. Mentre l’educazione finanziaria richiederebbe di conoscere il funzionamento di derivati, subordinati o coco, l’informazione finanziaria avrebbe richiesto solo la comunicazione dei numeri di questo test: la probabilità di perdere, e di perdere quanto. È un peccato che la CONSOB della gestione Vegas abbia condotto la guerra contro la probabilità, che è l’informazione, e che è la missione stessa della CONSOB. Speriamo che questo ennesimo richiamo che viene dalla realtà apra una breccia anche nei palazzi della regolamentazione e della politica.

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Nella foto, il presidente della Consob Giuseppe Vegas

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