Autorità indipendenti

Nove disastri in undici anni: abbiamo un problema, e sta in Bankitalia

11 Dicembre 2015

La Vigilanza della Banca d’Italia non va bene. Mi stupisce che ci voglia il commissariamento di quattro piccole banche per capirlo. Prima di guardare i conti di queste quattro banche (Etruria, Banca Marche, Carichieti, Cariferrara) per evidenziare se fosse possibile venire a conoscenza dei loro problemi, è bene analizzare la questione del rapporto tra vigilanza e sistema bancario in chiave storica. Questo aiuterà a capire che la Vigilanza della Banca d’Italia è stata negligente, negli anni, a prescindere da questi ultimi casi.

Negli ultimi undici anni ci sono stati cinque casi nei quali la Vigilanza ha fatto errori importanti e, ogni volta, avevo previsto questa carenza. Queste banche sono la Banca Popolare di Lodi, la Banca Italease, la Banca Monte dei Paschi di Siena, la Banca Popolare di Milano e la Banca Carige. Vale la pena di dedicare un breve paragrafo a ognuno di questi casi.

La Banca Popolare di Lodi è stata la prima. Si può anche sostenere che fosse tutta colpa dell’ex-governatore Antonio Fazio, e che la Vigilanza non c’entri. In ogni caso, ne scrissi con largo anticipo.

Banca Italease: Vittorio Malagutti ha pubblicato un articolo a fine marzo 2007, nel quale faceva riferimento ai derivati venduti dalla banca alla clientela. Nel fondo dove lavoravo in quel momento, eravamo allo scoperto perché la banca non faceva abbastanza accantonamenti per le sofferenze, il capitale era insufficiente e c’era qualcosa di strano con i derivati. La Banca d’Italia fece un’ispezione all’inizio dell’anno senza trovare nulla di rilevante. A maggio, però, la banca è esplosa perché i derivati invece di essere ‘normali’ erano ‘esotici’ e hanno creato delle perdite ingenti.

Di Banca Monte dei Paschi di Siena, parlai invece qua, era giugno del 2011. Da quel momento, la Banca ha fatto 2 aumenti di capitale per € 8mld e ne vale meno di € 4bln. Un altro, precedente, del valore di due miliardi, era stato eseguito nel 2011.

Il caso della Banca Popolare di Milano è un po’ diverso, perché in questo caso la Vigilanza diceva che la gestione della banca fosse scadente e quindi alla banca venne imposto a tavolino un aumento dei parametri di rischiosità del portafoglio (gli “add on”) e per questo aumentare il capitale. Una cosa che non ho mai visto da Lodi, Italease, Monte Paschi o qualsiasi altra banca. Poi la Vigilanza ha deciso di togliere questa penale perché boh.

Infine, Carige che resta il caso mio preferito. Il motivo per cui pensavo la banca fosse gestita male, infatti, stava nella sopravvalutazione della partecipazione nella Banca d’Italia.

Ho fatti questo stringato elenco non per vantarmi ma per fare una domanda, semplice. Se io riesco da solo dall’esterno a prevedere dove le banche hanno dei problemi, cosa fa la Banca d’Italia con 8.000 dipendenti? La risposta sempre essere scontata: la Vigilanza della Banca d’Italia non vale un granché.

Torniamo adesso ai casi di questi giorni.  Francamente, una premessa pare doverosa: dopo aver perso miliardi solo con Montepaschi, non capisco perché la gente si preoccupa improvvisamente per quelli che sono spiccioli di qualche banca provinciale. Ma andiamo avanti.

Banca delle Marche sembrava sana fino al 2012 quando, dopo anni di accantonamenti come percentuali dei prestiti forse bassi – la media 2008-2011 era solo l’0,7% dei crediti rispetto allo 0,9% per Intesa Sanpaolo -, sono esplosi al 6% e abbiamo scoperto la vera, bassa qualità dei crediti. Guardandola da fuori, è impossibile aggiungere altro. Sarebbe (stato) necessario controllare la gestione dei crediti importanti e vedere se l’informazione fornita alla Vigilanza era congrua. Per dire, se la banca diceva che un credito ad un azienda con un patrimonio basso, nessun utile e un flusso di cassa negativa fosse buona, sarebbe (stato) necessario fare qualche domanda: proprio le domande che Banca d’Italia non faceva.

Banca Popolare Etruria e Lazio ha registrato una perdita importante nel 2012, oltre € 200 milioni, e nonostante un piano strategico a fine marzo 2013 che prometteva un miglioramento notevole di tutto, ha registrato un’altra perdita nel 2013, seppur contenuto a € 70 milioni. Forse era già troppo tardi ma una perdita così importante nel 2012 suggerisce che una vigilanza più attenta fosse utile, e un ulteriore perdita nel 2013 diventa preoccupante.

Cariferrara ha registrato dal 2009 al 2012 (non riesco a scaricare i bilanci precedenti) le perdite seguenti: € 70mln, € 47mln, € 4mln, € 105mln). Già nel 2010, avrei voluto sapere molto di più, se fossi stato “il vigilante”. Il patrimonio, in teoria, andava bene, in pratica,  ma le perdite dovevano suggerire che era il momento di accendere un faro.

CariChieti. Difficile esprimersi, su Chieti, perché non sono riuscito a scaricare i bilanci. Il sito della nuova CariChieti non li fornisce per quanto vedo. Vale la pena di notare, però, quest’articolo. Nel 2013, dunque, Visco contesta «carenze nell’organizzazione e nei controlli interni, con particolare riferimento ai rischi di credito e operativi, da parte di componenti ed ex componenti il consiglio di amministrazione e del direttore generale» e ancora « carenze nei controlli da parte dei componenti il collegio sindacale».

Questo suggerisce che la Banca d’Italia ha visto solo qualche lacuna minore. Le sofferenze infatti ammontano a 435 milioni di euro, le perdite previste ammonterebbero a 304 milioni,vi sarebbero ingerenze vietate ed  intrecci con personaggi della Fondazione, rischi in materia di antiriciclaggio, “fidi facili” ad amici imprenditori e nomi noti a livello locale, lacune nella gestione di crediti per 109 milioni di euro ad alcuni imprenditori dell’area Chieti-Pescara, e poi ancora 5 milioni di euro concessi a una società riconducibile a un consigliere della banca. Nell’arco di 18-24 mesi, quanto veramente è cambiato dentro la CariChieti? I fidi facili, gli intrecci con la Fondazione o le lacune nella gestione di crediti per € 109 milioni sono diventati così grandi solo in quel periodo? A quanto sembra, ancora una volta, la Banca d’Italia doveva fare un indagine ben più profonda già 2 o 3 anni fa.

In tutto questo, ho la sensazione che la Vigilanza sia brava a non vedere la foresta perché nascosta dagli alberi. E che i processi sono strutturati in un modo tale che è facile per una banca apparire “a posto” perché le indagini non approfondiscono mai i punti deboli delle banche potenzialmente fraudolente.

Quello di cui non sono convinto per adesso è che il capitale delle banche principali quotate sia insufficiente, soprattutto quando l’economia italiana dovrebbe tornare a crescere. Sembra ragionevole credere, per me, che questi casi rappresentino la fine, e non l’inizio.

Commenti

Devi fare login per commentare

Accedi

Gli Stati Generali è un progetto di giornalismo partecipativo

Vuoi diventare un brain?

Newsletter

Ti sei registrato con successo alla newsletter de Gli Stati Generali, controlla la tua mail per completare la registrazione.