Finanza

Salvataggio Mps, dal governo servono meno soffiate e più fatti

6 Luglio 2016

Le banche sono aziende di servizi molto particolari. Hanno bilanci enormi e sono basate sulla fiducia dei propri clienti che affidano i loro risparmi. Le banche muoiono per fuga di liquidità, prima ancora che per mancanza di patrimonio. Quindi ci vuole poco a farne morire una quando se ne parla troppo sui giornali, la speculazione attacca il titolo, le controparti bancarie/istituzionali non finanziano più ed i clienti, spaventati, fanno la coda per ritirare i propri risparmi. Come si vedeva ieri per strada, nonostante la rilevante importanza dell’internet banking.

La cosa grave, a differenza del cosiddetto salvataggio di Banca Etruria e delle altre tre, è che in questo caso stiamo parlando di MPS, la terza banca italiana e la più antica banca del mondo. Un pezzo di storia, insomma. Che potrebbe avere effetti devastanti sull’economia, anche solo se i consumatori spaventati dall’incertezza riducono la spesa e le imprese rallentano i già ridotti investimenti. In più MPS è un pezzo di economia rilevantissimo in Toscana, bacino storico del nostro premier. Insomma il terreno di confronto più importante per Renzi, anche più del famosissimo referendum di ottobre che dovrebbe mandare a casa il suo governo e favorirne uno di unità nazionale capitanato da Grasso (ma noi contiamo sul fatto che dopo Monti gli italiani ne abbiano le tasche piene di governi tecnici di salvaguardia nazionale – o forse si dovrebbe dire di asservimento nazionale). Se Renzi dimostrerà carattere e competenza su questa vicenda, acquisirà consenso, perché gli italiani hanno bisogno di ritrovare sicurezza e lo sviluppo che manca da tanto  tempo, mentre in Spagna, che ha salvato le proprie banche anche con i soldi della Repubblica Italiana, si respira entusiasmo e crescita.

Visto il difficile compito che lo attende, gli auguriamo il meglio, ma vogliamo dargli anche un consiglio importante: basta articoli di giornale che anticipano le mosse del suo governo o fanno vedere atteggiamenti spavaldi (come questo sul Financial Times di sabato scorso: Renzi ready to defy Brussels and bail out Italy’s troubled banks).  La sua figura gode di simpatia a Bruxelles ma le costanti anticipazioni o le deboli affermazioni indispongono gli interlocutori e scatenano risposte che possono creare difficoltà, alimentando la speculazione (come si vede da questo articolo del Wall Street Journal, uscito domenica sera, che preludeva al crollo in borsa delle banche il giorno successivo: Brexit Exposes Eurozone’s Weak Spot: Italy’s Banks). Un piccolo consiglio per Filippo Sensi, il portavoce del premier: meglio fare le cose prima e annunciarle solo dopo, prendendosi la gloria per averle realizzate invece che gli schiaffoni per averle inopinatamente spifferate ai giornali.

Del resto questo è un vizio particolare tutto italiano che indispettisce i nostri interlocutori in sede comunitaria. A Bruxelles raccontano di due banchieri nostrani che, in visita alla BCE per illustrare per la prima volta una fusione in fase di realizzazione, hanno trovato Danièle Nouy (responsabile della Vigilanza bancaria Ue, nella foto in alto) con una pila di articoli di Rosario Dimito, giornalista del Messaggero, che illustravano per filo e per segno i dettagli dell’operazione e le evoluzioni delle negoziazioni. Dimito è un bravissimo ed informatissimo giornalista, ma anche noto amico di uno dei due banchieri. La Nouy si sarebbe detta felice di essere finalmente informata dai banchieri su quello che accadeva, invece che da Dimito. Chissà se è vero. Dal trattamento seguente dei due banchieri, direi proprio di sì.

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