Finanza
Il regalo di Poste a Mps e agli azionisti di Anima
Un anno fa Massimo Sarmi lasciava Poste Italiane e al suo posto arrivava il manager Francesco Caio, nominato dal governo Renzi. Il cambio di amministratore delegato non ha però cambiato, e semmai ha rafforzato, la sensibilità del gruppo Poste ai problemi di società in cattive acque ma in qualche modo “assistite” dal governo di turno. Con Sarmi fu Alitalia, con Caio di nuovo Alitalia e adesso il Monte dei Paschi di Siena.
Alla banca senese – è stato annunciato ufficialmente ieri mattina – il gruppo Poste verserà infatti 210 milioni di euro in cambio del 10,3% di Anima, società quotata a Piazza Affari che gestisce risparmio, per lo più tramite fondi comuni di investimento e Sicav. A Siena l’a.d. Fabrizio Viola si è detto «soddisfatto»: con questa operazione Montepaschi si porta a casa una plusvalenza di 115 milioni di euro, più il dividendo sul 2014 pertinente al pacchetto ceduto (5,2 milioni in totale). Non che sia risolutivo, ma è un piccolo passo avanti per la realizzazione del piano di rafforzamento del capitale concordato con la Bce (Capital plan), da completare entro luglio prossimo.
Meno ovvio è invece il motivo per cui le Poste abbiano deciso di comprarsi il 10,3% di una sgr (società di gestione del risparmio) che – pur conosciuta e stimata sul mercato italiano – non è certo fra i principali operatori di un settore, il risparmio gestito, che marcia spedito verso il consolidamento globale. La scelta peraltro arriva dopo che erano stati avviati colloqui con alcuni dei maggiori asset manager a livello internazionale (anche italiani). Anima, invece, è un piccolo operatore specializzato nella creazione di fondi comuni di investimento e prodotti di risparmio per reti distributive terze, con masse gestite per 60 miliardi di euro. La differenza l’ha fatta, probabilmente, l’interessamento del governo Renzi, che discretamente si sta dando molto da fare per salvare Mps.
Tuttavia, se per Caio l’obiettivo è acquisire business intelligence in un nuovo settore, dove le Poste hanno deciso di entrare con il piano industriale varato a dicembre scorso, resta da capire perché si sia scelto di comprare una quota poco incisiva. L’operazione è infatti propedeutica a un accordo commerciale che consentirebbe ad Anima di collocare i suoi prodotti sulla rete di 13mila sportelli postali. Con un partner della stazza di Poste, che ha una raccolta di 420 miliardi e punta a salire entro il 2020 a 500 miliardi offrendo prodotti di risparmio, Anima raddoppierà o quasi le proprie dimensioni nel volgere di pochi anni. Ma i benefici di questa partnership si distribuiranno su tutti gli altri soci, fra cui Creval, Aviva, Wellington Management e Popolare di Milano, che ha quasi il 17% di Anima. Pochi mesi fa, a chi gli chiedeva se fosse interessato a rilevare la quota di Mps, l’a.d. della banca milanese Giuseppe Castagna rispondeva che «avere il 15% o il 25% di Anima non cambia molto… se fosse dal 45% al 55% ci penserei meglio». Caio, invece, ha pensato che anche il 10,3% poteva bastare.
L’ultima curiosità riguarda, infine, il prezzo pagato. Le Poste sborsano 6,8 euro per azione, che significa una valutazione pari a 16 volte gli utili attesi di Anima per quest’anno. Non esagerata ma nemmeno a buon mercato. Ieri il titolo Anima ha chiuso a 8 euro: il doppio di quanto valeva a inizio anno. Nello stesso periodo, una società simile, Azimut, ha guadagnato la metà.
Come si vede nel grafico sopra, l’andamento fra i due titoli comincia a divergere in modo sempre più marcato da inizio marzo. In singolare coincidenza con l’intensificarsi delle trattative fra Poste e Anima: tipicamente, uno di quei casi su cui la Consob farebbe bene a buttare un occhio. Peraltro, di questa impennata, che secondo quanto riferiva ieri Il Sole 24 Ore avrebbe offerto non pochi spunti ai venditori per tentare di alzare il prezzo, lo stesso Caio non sembra essere del tutto convinto. Una clausola dell’accordo raggiunto con Mps, infatti, prevede un meccanismo di aggiustamento del prezzo di cessione a favore di Poste. Qualora da qui al 24 luglio 2015, data entro cui deve essere completato il Capital plan di Siena, «il prezzo medio ponderato [di Anima] dovesse risultare inferiore ad euro 5,27, Mps sarà obbligata a retrocedere a Poste l’importo di Euro 1,53 per ciascuna azione». E 5,27 euro è proprio la quotazione che Anima aveva guarda caso all’inizio di marzo.
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