Finanza
Piccole città. A proposito di banche e provincia
Ho vissuto per ragioni di lavoro quasi una dozzina d’anni della mia vita in due città piccole e in una media della provincia lombarda: Sondrio, Lecco e Brescia. E’ la Lombardia bianca. Quella che poi s’è svegliata verde, leghista, a cavallo degli anni ’90. Se si ha avuto l’avventura di leggere il libro di Lynda Dematteo “L’idiotie en politique” (Paris, CNRS, Editions de la MSH, 2007, trad. in italiano “L’idiota in politica. Antropologia della lega Nord, Feltrinelli, 2011) che secondo me non è uno studio né importante né penetrante sul fenomeno Lega (c’è molta sociologia estemporanea) si troverà difronte però a un’osservazione acuta e calzante. Questa: che la Lombardia di queste Province (nulla a che fare con la Milano di Stendhal) prevalentemente rurale inizialmente ma che ebbe successivamente un forte slancio agro-industriale e manifatturiero (ad eccezione di Sondrio) si formò a cavallo della Rivoluzione francese, mantenendo inalterati fino ai giorni nostri i caratteri costitutivi installatisi nel tessuto sociale, economico e antropologico di quei territori in quell’epoca. Che sono: i valori della rusticitas opposti alla urbanitas, l’iniziale e radicatissima scelta anti-giacobina, e quindi il dominio clericale sulle coscienze e le forme di mentalità che trascina questa opzione di fondo: un certo conservatorismo, un certo misoneismo, una maggiore chiusura alle tentazioni ma anche alle opportunità della modernità, un attaccamento sordo al denaro (i valori della lesina, del risparmio all’osso ) che si trasforma in un indefettibile rapporto professionale con il denaro. In Valtellina, per dire, non troverete uno scrittore dal ‘500 fino a oggi, ma vi abbondano economisti, tributaristi, e studiosi di ragioneria e computisteria spesso preclari.
Le tre province lombarde e la subregione milanese della Brianza hanno non pochi caratteri comuni: laboriosità seria e coscienziosa, una certa probità di fondo, spirito di squadra e anche una propensione spontanea all’obbedienza della gente comune (se a me, così ipotetico, svagato e improbabile come leader capitava di dire “A” loro arrivavano spontaneamente alla “Z”: indimenticabili e adorabili!). In queste province allignano due coordinate, la prima mentale-culturale e la seconda finanziaria che le accomuna rendendo coeso, compatto e vivo il tessuto economico a dispetto della propensione basso-mimetica di base del suo tono sociale: una forte religiosità cattolica e il dominio sulla vita economica delle banche (finanza cattolica) spesso controllate dalla Curia (unitamente alla stampa locale). Se a Brescia sono riusciti a far convivere in una panoplia trionfante il Tondino, le Missioni e il Soldo (dalla Val Trompia alla Val Sabbia), la siderurgia e il Papato (dalle fonderie dei Montini sono usciti i tombini di mezza Italia), a Sondrio prosperano due banche che controllano tutta la vita sociale, economica e perfino culturale (negli spazi della locale Banca Popolare si fanno incontri di cultura) di tutta la Valle, riuscendo a far convivere arditamente l’anima con i dividendi come in nessun luogo al mondo. Lecco ha una storia industriale (come Brescia) a sé stante, ma il dominio della Chiesa vi è ancora pervasivo e incontrastato, e dalla lecchese Malgrate è giunto alla cattedra di Ambrogio il cardinale Scola.
La finanza in questi luoghi agisce come lo Spirito Santo: sarà pure della stessa sostanza del Padre (agricoltura) e del Figlio (industria) ma nei fatti, stando in alto (anche nella iconologia pittorica), vede tutto, e pertanto sono le banche a decidere chi deve vivere e chi morire, la prosperità degli uni e la soccombenza degli altri. Perché è proprio la banca, come il Dio di Manzoni, che atterra e suscita, che affanna e che consola.
Devi fare login per commentare
Accedi