Finanza
Per Intesa Sanpaolo utili 2016 a 3,1 mld, ma per Generali “serve tempo”
Un utile netto di 3,1 miliardi di euro (+13,6%) e dividendi per 3 miliardi. È stato inoltre confermato l’impegno alla distribuzione di 10 miliardi di euro di cedole complessive, cifra nel piano di impresa per il quadriennio 2014-2017. È con questi numeri che Intesa Sanpaolo ha chiuso il 2016, mentre sulle opzioni di crescita esterna, e in particolare sulla ventilata “combinazione industriale” con le Assicurazioni Generali su cui è alta l’attesa del mercato, l’amministratore delegato Carlo Messina non si è sbilanciato. Parlando con gli analisti, il banchiere ha solo detto che il progetto «richiederà del tempo».
A fine 2016 i crediti verso la clientela sono pari a 365 miliardi di euro, in crescita del 5% rispetto al 2015. Il complesso dei crediti deteriorati (in sofferenza, inadempienze probabili e scaduti) ammonta a 29.767 milioni di euro, in diminuzione del 10% rispetto ai 33.086 milioni del 31 dicembre 2015. In quest’ambito, i crediti in sofferenza si attestano a 14.895 milioni di euro rispetto ai 14.973 milioni del 31 dicembre 2015, con un’incidenza sui crediti complessivi pari al 4,1% (4,3% al 31 dicembre 2015) e un grado di copertura al 60,6% (61,8% a fine 2015).
Al 31 dicembre 2016, tenendo conto di 3 miliardi di euro di dividendi proposti, il Common Equity ratio pro-forma a regime sarebbe risultato pari al 12,9 per cento.
Il Gruppo nel quarto trimestre del 2016 ha confermato la solidità del conto economico e dello stato patrimoniale registrando una significativa crescita rispetto al quarto trimestre del 2015. L’utile netto registrato in questo periodo è infatti pari a 776 milioni di euro (nel 2015 i milioni erano 13), nonostante 227 milioni per via delle rettifiche di valore del fondo Atlante e 473 milioni di contributi ordinari e straordinari al Fondo di risoluzione per l’intervento sulle banche Marche, Etruria, Chieri e CariFerrara.
La banca ha anche annunciato la cessione del 4,88% della Banca d’Italia per 366 milioni, diviso fra un gruppo di acquirenti che include Compagnia di San Paolo, Fondazione Cariplo e una serie di fondi pensioni di dipendenti del gruppo. Intesa scende così al 27,81% di Bankitalia e «intende ridurre la partecipazione entro la soglia del 3%», come previsto dalla legge, «e detenerla esclusivamente tramite Intesa Sanpaolo Vita ai fini di investimento e Banca Imi ai fini di market making».
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