Finanza
Nullità fideiussioni: anche l’ABF di Milano invalida lo schema ABI
Le conseguenze delle fideiussioni redatte su modulo uniforme ABI (clausole 2, 6, e 8 dello schema ABI): Nullità (conformeCass. Civ. .29810/2017 e Cass. Civ. 13846/2019) o diritto al risarcimento del danno?
Il Collegio dell’ABF di Milano, avente come relatore Francesco Denozza, nella seduta del 21/05/2019 esaminando il ricorso n. 1225874 del 22/10/2018 in merito alle fideiussione omnibus, con un excursus degno di nota, giunge alla conclusione di ritenere nulle, le fideiussioni redatte su modulo uniforme ABI, sebbene la giurisprudenza non sia tutta concorde sul punto.
In verità, il collegio prende le mosse dalle opinioni prevalenti volte ad escludere la sanzione della nullità delle fideiussioni,sul presupposto dell’intrinseca non illiceità della clausola contrattuale derivata (cioè introdotta nel contratto in attuazione dell’intesa),affermando che ciò va in contrasto con la ratio del diritto antitrust e della tutela della concorrenza, finalizzate appunto a ritenere, rectius rendere, illeciti atti e comportamenti che sarebbero altrimenti intrinsecamente leciti.
Altrettanto criticata dal collegio è la posizione di chi giustifica la nullità delle fideiussioni in quanto ritiene che le norme antitrust rientrino nella categoria delle norme di comportamento, e non di validità. Ebbene, sostengono i componenti milanesi dell’organo, lo scopo di queste norme non è semplicemente quello di esigere prestazioni (come nel caso ad es. dei doveri di informazione) ma è quello di pretendere dei risultati (un mercato in cui la concorrenza non sia falsata) e di escluderne altri (un mercato in cui la concorrenza sia limitata). Un ragionamento contrario darebbe sicuramente luogo ad un abuso di posizione dominante, che non è certamente nelle intenzioni del legislatore.
Passando poi ad analizzare gli interessi in gioco delle parti contraenti, è evidente che le norme antitrust perseguano l’obiettivo di tutelare la concorrenza e gli interessi generali. E’ inequivocabile che il livello di meritevolezza degli intermediari che hanno posto in essere il cartello sia basso e pertanto non è individuabile un loro interesse generale preminente. La mancata comminatoria della nullità alle intese restrittive del mercato, non è l’interpretazione coerente alla finalità della norma e all’uopo il collegio lancia lo spunto di considerare la nullità dei contratti “a valle” come una nullità di protezione, anche se tale conseguenza potrebbe essere non sempre nell’interesse del consumatore. Volendo invece, riconoscere il diritto al risarcimento del danno, piuttosto che la declaratoria di nullità, ritiene l’ABF che andrebbe comunque garantita la reintegrazione di tutte le conseguenze negative sopportate dal consumatore, ivi comprese quelle che dovessero derivare dalla dichiarazione di nullità del contratto stipulato “a valle” dell’intesa illecita.
Altro tema dolente, oggetto di riflessione costante in dottrina e in giurisprudenza, riguarda la prova dell’esistenza dell’intesa/cartello tra le banche, nei singoli casi di fideiussione, affrontato anche dall’ABF meneghino. Ebbene, ivi nel riportarsi alprovvedimento della Banca d’Italia n.55 del 2005ne viene conferita una interpretazione letterale di ampia portata, per cui si legge: “posto che il provvedimento della Banca d’Italia ha accertato, come da tutti si riconosce, l’esistenza dell’intesa (in forma tra l’altro di un accordo praticamente esplicito ) non c’è nessuna esigenza, né sul piano costitutivo della fattispecie, né sul piano probatorio, di accertare di volta in volta la ricorrenza dell’uniformità.”
Ma, a questo punto, un quesito è d’obbligo: trattasi di una nullità totale, che si ripercuote sulla validità dell’intero contratto,o parziale, relativa quindi alle sole clausole violative? La risposta viene rinvenuta ritenendo applicabile la disciplina della nullità parziale, tranne nelle ipotesi in cui si giunga a dar prova che i contraenti non lo avrebbero concluso senza quella parte del suo contenuto che è colpita da nullità (art. 1419 cod.civ.: nullità dell’intero contratto). Ciò però, comporta una indagine sulla effettiva volontà dei contraenti (per cui vanno salvati i contratti che possono considerarsi come effettivamente voluti, ed eliminati quelli non fondati su un presumibile effettivo consenso) tenendo conto di due condizioni:
– il contesto in cui veniva stipulato il contratto. E’ fondamentale esaminare la situazione che sarebbe esistita in assenza dell’atto principale colpito da nullità, su un mercato non falsato dalla presenza dell’intesa, e quindi sostanzialmente monopolista. Per cui, si può certamente asserire che in un contesto di disapplicazione dell’intesa nulla, e di riconosciuta nullità delle clausole in questione, il contratto non sarebbe stato concluso ad analoghe condizioni. In tale prospettiva, è presumibile asserire che da un lato, le Banche non avrebbero concesso credito a condizioni diverse e a sè più gravose, non potendo scaricare sul garante costi più onerosi, e dall’altro lato, i consumatori, non è detto che avrebbero trovato il prodotto conveniente e lo avrebbero accettato.
-la convenienza del contratto garantito principale, in quanto, più forte è la garanzia, migliori saranno le condizioni contrattuali del debitore principale.
Un passaggio meritevole di apprezzamento, ad opera di chi scrive e di chi si batte in difesa del consumatore garante, è allorquando nel provvedimento in parola, dopo aver richiamato parr. 94 ss. del provvedimento della Banca d’Italia n.55 del 2005, si legge: “le clausole in questione non sono funzionalmente giustificabili e, nella misura in cui addossano al cliente costi che la Banca potrebbe evitare con l’osservanza dei suoi obblighi di diligenza, non possono essere considerate irrilevanti” in risposta a chi ritiene che l’esistenza di tali clausole non produce alcun effetto sulla validità del contratto fidejussorio.
In definitiva, nel caso sottoposto al vaglio dell’ABF, vengono considerate anticoncorrenziali due fideiussioni risalenti al 2010/2011, con una declaratoria di nullità di entrambe.
Note:Parte della giurisprudenza afferma la nullità totale del negozio stipulato in esecuzione dell’intesa vietata ( CdA Bari, sent. 526/2018, del 21/03/2018; Tribunaledi Fermo, ordinanza, 24/09/2018; Tribunaledi Salerno, sent. 3016/2018, del 23/ 08/2018; Tribunaledi Siena, sent. Del 14/05/2019), altra invece sostiene che la nullità colpisce le clausole frutto dell’accordo di cartello, ma non l’intero contratto (Tribunale di Ancona, sentenza n. 1993 del 17.12.2018; Tribunale di Roma, Sentenza n. 9354/2019 pubbl. il 03/05/2019; Tribunale di Mantova, sez. II 16 gennaio 2019).
In collaborazione con l’avv. Annalisa Attanasio dello studio MANDICO&Partners
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