Finanza
Nullità degli ordini di investimento per inosservanza della forma convenzionale
L’attenzione di giuristi ed esperti del settore è oggi, giustamente, incentrata sull’impatto mediatico e giuridicamente rilevante (sui contenziosi in essere e futuri) prodotto dalla Sentenza n. 898/18 resa dalle S.U. della Suprema Corte di Cassazione in tema di nullità/validità dei contratti c.d. monofirma.
Non meno meritevole di approfondimento è tuttavia la Sentenza resa dalla I° sez. della Cassazione Civile n°28816/17, che conferma l’emergente orientamento giurisprudenziale in tema di nullità del contratto quadro e degli ordini di investimento per difetto della forma convenzionalmente pattuita dalle parti.
Ma facciamo un breve passo indietro in ordine alla normativa di riferimento.
L’obbligo della forma scritta è previsto all’art. 23 del Testo Unico Finanziario che sancisce come: “i contratti relativi alla prestazione dei servizi di investimento e accessori sono redatti per iscritto e un esemplare è consegnato ai clienti. La CONSOB, sentita la Banca d’Italia, può prevedere con regolamento che, per motivate ragioni tecniche o in relazione alla natura professionale dei contraenti, particolari tipi di contratto possano o debbano essere stipulati in altra forma. Nei casi di inosservanza della forma prescritta, il contratto è nullo”.
La norma citata esprime il concetto giuridico che la forma scritta è richiesta ad substantiam unicamente in relazione al c.d. contratto quadro, e cioè all’accordo che disciplina la negoziazione di strumenti finanziari e non all’investimento finanziario successivamente concluso in esecuzione del contratto medesimo (ex multis: Cass. civ., sez. I, sent. n. 7283 del 22-03-2013; Cass. civ., sez. I, sent. n. 28432 del 22-12-2011).
Di regola, quindi, i singoli investimenti potrebbero essere ritenuti validamente perfezionati ed efficaci senza che sia necessario rispettare alcun vincolo di forma e potrebbero persino ipoteticamente essere conclusi verbalmente.
Non è raro, infatti, che taluni “contratti quadro” prevedano un’apposita clausola che statuisce il perfezionamento di ordini di investimento anche “telefonici”.
In forza di tale previsione contrattuale, secondo il normale bilanciamento dell’onere probatorio, la presunzione di richiesta d’ordine viene superata dalla Banca solo nel caso in cui sia contrattualmente prevista l’autorizzazione (poi concretamente realizzata) alla registrazione telefonica dello stesso ordine impartito.
Poiché il contratto quadro non contiene le caratteristiche strutturali della specifica operazione (ma ha solitamente carattere normativo e regolamentare), tale principio di libertà di forma dei singoli investimenti successivi al contratto quadro non ha però una valenza assoluta e trova una deroga qualora le parti stabiliscano, concordemente, nelle clausole del contratto quadro, di voler attribuire una determinata forma anche ai singoli ordini di investimento.
E’ frequente, infatti, che il contratto quadro – cronologicamente antecedente all’ordine di esecuzione dell’operazione – preveda che i successivi ordini di investimento, sovente conclusi secondo lo schema della “proposta e conferma d’ordine”, siano redatti per iscritto, proprio per la particolare complessità dell’oggetto o semplicemente per permettere, ad entrambe l conformità del contenuto degli ordini alla volontà negoziale delle parti.
In tali ipotesi, la Suprema Corte di Legittimità facendo proprio un orientamento ormai consolidato ha statuito come «gli ordini sono impartiti di norma per iscritto. Qualora gli ordini vengano impartiti telefonicamente il cliente dà atto che tali ordini saranno registrati su nastro magnetico o su altro supporto equivalente» integra un patto costitutivo di forma ad substantiam per il rilascio di ordini di acquisto da parte del cliente, in linea con la norma dell’art. 1352 c.c. Pertanto, gli ordini del cliente non stesi per iscritto, che non siano registrati dall’intermediario su nastro magnetico o supporto equivalente, sono nulli”.
Tale principio deriva da altri precedenti illustri, sempre in tema di forma convenzionale pattuita dalle parti, secondo i quali: “in tema di intermediazione finanziaria, la forma scritta è prevista dalla legge per il contratto quadro e non anche per i singoli ordini, a meno che non siano state le parti stesse a prevederla per la sua validità ai sensi dell’art. 1352 c.c., assumendo, in tale ultima ipotesi, la finalità di assicurare una maggiore ponderazione da parte dell’investitore, di garantire all’operatore la serietà di quell’ordine e di permettergli una più agevole prova della richiesta ricevuta (…)” (cfr. Cass. Civ. del 30 novembre 2017, n. 28816; Cass. civ., sez. I, sent. n. 16053 02-08-2016; Cass. civ., sez. I, sent. n. 3950 del 29-02-2016.
Quindi, quando le parti prevedono, nel testo del contratto quadro, di attribuire una particolare forma anche ai singoli ordini o contratti conclusi in esecuzione dell’accordo quadro, si deve presumere che tale forma sia stata prevista per la validità dei singoli contratti ed ordini, secondo quanto difatti stabilito dall’art. 1352 c.c. la cui interpretazione letteraria è univoca: “Se le parti hanno convenuto per iscritto di adottare una determinata forma per la futura conclusione di un contratto, si presume che la forma sia stata voluta per la validità di questo”. Pur essendo riferito ai contratti, l’applicazione dell’art. 1352 cc può essere estesa anche agli atti unilaterali poiché ai sensi dell’art. 1324 c.c: “..le norme che regolano i contratti si osservano, in quanto compatibili, per gli atti unilaterali tra vivi aventi contenuto patrimoniale”.
Premessa, quindi, la nullità di siffatti ordini di investimento, con un ragionamento giuridicamente ineccepibile la Suprema Corte ha affrontato la tematica relativa alla distinzione tra “nullità relativa di protezione” e “nullità assoluta”.
In altri termini, se la mancanza/carenza di forma scritta convenzionalmente pattuita nel contratto quadro – da ritenersi ormai caso residuale e ipotizzabile unicamente nell’ipotesi di mancata sottoscrizione da parte del cliente o di inesistenza del contratto quadro, come sancito dai principi evidenziati dalle S.U. con la nota sentenza n. 898/18 – costituisce una c.d. “forma di protezione” di cui all’art. 23 Testo Unico Finanziario, in quanto funzionale alla tutela del solo “contraente debole”, unico soggetto che giuridicamente è legittimato a farla valere in giudizio; la nullità per inosservanza della forma concordata nel contratto quadro relativamente agli ordini di investimento o anche ai contratti in strumenti derivati non è una nullità relativa, rimessa al solo cliente investitore, ma è eccepibile anche dalla banca intermediaria in quanto a tutela degli interessi di entrambe le parti contrattuali.
Dunque verosimilmente anche la banca potrebbe contestare la nullità dell’investimento per difetto della forma convenuta tra le parti e, conseguentemente, rifiutarne l’esecuzione così come sancito in un precedente, dalla Suprema Corte, la quale in merito ha statuito che: “...l’intermediario può legittimamente rifiutare l’esecuzione di un ordine non impartito per iscritto e la nullità dello stesso, per carenza del requisito della forma scritta convenzionale, può essere fatta valere da entrambi i contraenti” (Cass. civ. sez. I, sent. n. 16053 del 02-08-2016).
In altre parole, quindi, il principio della commentata statuizione potrebbe essere così riassunto: qualora le parti abbiano contrattualmente previsto una forma predeterminata (ad esempio scritta o anche telefonica mediante registrazione su nastri) per la validità dei successivi ordini di investimento, tale forma è richiesta ad substantiam per la validità degli stessi ordini e – quindi – dello stesso contratto quadro. In mancanza, la nullità che sanziona il contratto quadro non è di protezione ma trova fondamento non soltanto nel fine di assicurare una maggiore ponderazione da parte dell’investitore, ma altresì al fine di garantire all’intermediario la serietà di quell’ordine e permettergli una più agevole prova della richiesta impartita dal cliente.
Avv. Matteo Marini
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