Finanza
Mutui morosi: un piccolo grande aiuto dall’Anticresi
Quando ne parlai per la prima volta in banca ai miei collaboratori, il primo che sgranò gli occhi incredulo, fu il capo dell’ufficio legale, a dire il vero l’unico che aveva capito di cosa stessi parlando: l’Anticresi.
Erano gli anni più terribili della crisi post Subprime (2007/2012 ). Le famiglie italiane, che fino al 2008 si erano viste offrire, con molta generosità, dalle banche i mutui per comprare casa, ora facevano i conti con la disoccupazione, la riduzione del reddito, l’impossibilità di pagare le rate del mutuo, il rischio di perdere la casa.
Fare quello che le banche hanno sempre fatto in questi casi, era necessario: risolvere il contratto di mutuo, avviare la procedura esecutiva e vendere la casa all’asta. Necessario, ma non sufficiente. La crisi aveva fatto crollare anche i valori degli immobili, cresciuti esageratamente fino a qualche anno prima, e le aste erano sempre più frequentemente deserte. Conseguenza: le banche recuperavano solo parzialmente i loro crediti, registravano perdite consistenti e decine di migliaia di famiglie entravano nel tunnel della disperazione. Bisognava trovare strumenti alternativi, anche perché le varie moratorie organizzate dall’ABI erano manifestazioni di realismo e buona volontà ma si scontravano con la durata della crisi (non ancora finita). Rinviare il pagamento delle rate di mutuo così era un lenimento temporaneo che, in assenza di una consistente e duratura ripresa dei redditi delle famiglie, si limitava a spostare in avanti il problema senza risolverlo.
In un altro mio articolo ho analizzato una delle tante idee venute alla luce in quel periodo: il Repossess parziale. Qui parliamo invece di quella meno popolare, ma al tempo stesso più singolare: il ricorso al contratto di Anticresi, regolato nel nostro Codice civile agli articoli dal 1960 al 1964.
L’Anticresi viene da lontano. La conoscevano i greci, poi i romani ed era prevista anche nei Codici longobardi. Avversata dalla Chiesa perché considerato usuraia l’Anticresi ritornò in auge con il Codice napoleonico, quindi nel diritto germanico, e da noi con il Codice del 1865. Diffusa tuttora in molte legislazioni, se ne fa un uso scarsissimo ed è in effetti quasi sconosciuta. Nei libri di testo spesso se ne parla solo in “nota” e per gli studenti è una tipica domanda da “professore carogna”. A ben guardare invece è un contratto ben pensato e scritto, flessibile ed efficiente. A mio avviso non lo si usa perché non lo si conosce.
In cosa consiste: “l’ Anticresi è il contratto con il quale il debitore o un terzo si obbliga a consegnare un immobile al creditore a garanzia del credito affinché il creditore ne percepisca i frutti imputandoli agli interessi, se dovuti, e quindi al capitale”.
A dire il vero in allora non ne facemmo di nulla, travolti dalle mille problematiche delle sofferenze che crescevano a dismisura. L’idea rimase tale anche per la freddezza con cui era stata accolta dai miei collaboratori. Mi rendo conto oggi di aver sbagliato a non insistere e a non trasformarla in un “prodotto bancario” di routine. Mi è tornata in mente in questi giorni, leggendo uno studio molto ben articolato di Fulvio Mecenate, pubblicato dal Consiglio Nazionale Notarile nell’agosto del 2014 con il titolo “L’Anticresi, una possibile alternativa per il mercato immobiliare e per l’accesso al credito”.
La mia vecchia idea non era proprio peregrina, allora. Essa era nata da una duplice osservazione:
- La maggior parte dei mutuatari morosi erano pur sempre in grado di pagare almeno una parte delle rate di mutuo, in funzione della contrazione del loro reddito familiare dovuta, di solito, alla perdita del lavoro da parte di un membro della famiglia che aveva comprato e viveva nella casa per la quale era stato acceso il mutuo.
- Molti immobili acquistati erano seconde case, altri avevano pertinenze (garage, cantina, posti auto). Molti mutuatari erano proprietari di altri immobili più o meno produttivi di redditi.
Perché non pensare all’Anticresi? La banca avrebbe preso possesso della seconda casa o della pertinenza, acquisendone i frutti a scomputo degli interessi del mutuo, dell’intera rata o di parte di essa, sopperendo così alla ridotta capacità di pagamento del debitore. È evidente che questa non avrebbe potuto essere la soluzione di tutte le situazioni di morosità, ma, se anche ne avesse intercettate una parte, avrebbe potuto aiutare tante famiglie, contribuendo a contenere le perdite ormai enormi delle banche anche nel settore dei mutui casa.
L’Anticresi però è considerato un contratto desueto, lascito di una società agricola ormai scomparsa dove veniva chiamato “godi e goda”. E forse anche un contratto un po’ complicato. A dire il vero, non è che le banche siano prive di professionalità, interne ed esterne, tali da non saper formulare procedure, contratti, logiche di calcolo per far diventare l’Anticresi quel prodotto bancario che io avevo in mente. Invenzioni ben più fantasiose, complesse e sofisticate sono state adottate e praticate dalla “finanza creativa ” in questi ultimi decenni. Il fatto è che certi prodotti finanziari (cartolarizzazioni, derivati, CDO, CDS) sono stati pensati e realizzati per guadagnare e non per evitare perdite da crisi del cliente.
Quando le banche si sono dovute occupare di crisi, le invenzioni migliori le hanno riservate alle crisi industriali, aiutate da una legislazione di emergenza (tale è a mio avviso la infinita serie di provvedimenti sulle crisi d’impresa e le procedure concorsuali e paraconcorsuali che si sono susseguite dal 2006, anno della riforma della legge del ’42, ad oggi ). Questo è comprensibile perché le cifre in gioco nella crisi finanziaria di un’impresa sono spesso molto rilevanti. Il “corporate” pesa quasi il 60% del totale dei 200 miliardi di sofferenze in Italia. Comprensibile ma non giustificato, perché sono alcuni milioni i cittadini che hanno rapporti critici con le banche e decine di migliaia hanno problemi con il pagamento dei mutui. È quindi doveroso e intelligente occuparsene mettendo in campo tutti gli strumenti utili ad affrontare il problema. Se serve, e serve, anche l’Anticresi.
Nel citato lavoro di Mecenate si arriva a sostenere che l’Anticresi ” può essere uno strumento alternativo anche per facilitare l’accesso al credito bancario”, infatti chi chiede un finanziamento può contare, oltre che sul valore del bene dal punto di vista della garanzia ipotecaria, anche sul suo valore d’uso offrendo il bene in Anticresi. Il merito creditizio del cliente aumenta perché la banca, non solo può contare sul valore di realizzo del bene in caso di inadempimento del debitore, ma può valutare favorevolmente la minore probabilità di default grazie alla apprensione diretta da parte della banca dei frutti del bene, che siano un affitto o l’uso diretto del bene stesso.
Rispetto ad altre forme di garanzia più frequentemente utilizzate (cessione dei crediti futuri o delega all’incasso) è evidente che il possesso del bene da parte del creditore e il suo diritto di godimento dei frutti del bene stesso valgono ben di più. Con l’Anticresi, inoltre, vi sono maggiori tutele sia nel caso del fallimento del debitore/proprietario che in quello del debitore/conduttore.
Vi sono anche dei vantaggi fiscali. Trattandosi di una garanzia, nonostante necessiti la forma scritta, l’atto non è soggetto ad imposta proporzionale di registro se l’ Anticresi e’ concessa dal debitore. Solo nel caso sia concessa da un terzo si applica l’aliquota dello 0,50%. La necessaria trascrizione per l ‘ opponibilita’ ai terzi ( altro rilevante elemento dell’istituto) sconta l’imposta fissa , mentre iscrivere ipoteca costa il 2%, oltre all’imposta di bollo ed alla tassa ipotecaria.
Insomma, potrebbe valere la pena rivitalizzare questo vecchio istituto che, rispetto ad alcune norme di recente introduzione come il Patto Marciano (v.stesso Autore, Italia Oggi dell’ 11/7/16), ha il vantaggio di non espropriare definitivamente il debitore inadempiente dall’unico bene patrimoniale di cui è proprietario con un’azione violenta e definitiva.
Si discute se oggetto di Anticresi possa essere, non solo un immobile, ma anche un complesso di immobili e beni organizzati in azienda. Il dubbio nasce dal fatto che il nostro codice si riferisce esclusivamente all'”immobile”. Certo è che l’Anticresi, in via teorica, non sarebbe controindicata nemmeno nel caso di crisi aziendali quando si arriva all’evidenza che lo spossessamento dell’imprenditore può rappresentare l’unica strada per il risanamento dell’impresa. I complessi strumenti oggi utilizzati nelle ristrutturazioni aziendali ben potrebbero essere integrati da contratti di Anticresi sull’azienda.
Vedi mai… de iure condendo…
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