Finanza

Mistero Atlante svelato: trattasi di pifferaio magico, o operazione Armageddon

30 Aprile 2016

La squadra di Armageddon è partita. Con carburante al minimo, poco più dei quattro miliardi richiesti, il professor Penati e il suo equipaggio sono partiti per la missione di salvataggio del sistema bancario dal gigantesco asteroide delle sofferenze bancarie. La speranza è che il tentativo di frantumare almeno l’asteroide possa far ripartire il sistema. Ma sorge una domanda: è vero o è solo un film? Abbiamo scorso la presentazione fatta da Penati, e tra proclami di sottovalutazione del sistema bancario italiano, richiami alla finanza comportamentale e ai “comportamenti da branco” (“herd behavior”), “wishful thinking” sul miglioramento dei tempi di recupero delle sofferenze, ipotesi su un mercato liquido delle sofferenze, possiamo concludere che i numeri non tornano. Almeno sulle sofferenze, la missione di Atlante è una missione suicida. Possiamo calcolarne le perdite attese sulla base degli stessi dati forniti proprio dall’equipaggio. La domanda è quale sia il motivo razionale per immolarsi. Ci vengono in mente tre risposte. Che le perdite sulle operazioni di smaltimento delle sofferenze siano compensate dai guadagni sul fronte della sottoscrizione di aumenti di capitale, l’altra missione di Atlante. Che il sacrificio di Atlante abbia sul sistema un effetto così salvifico da onorare non solo la memoria, ma anche i fondi investiti in Atlante. Che i manager possano estrarre comunque una retribuzione soddisfacente dalla missione suicida.

La prova che l’intervento sul mercato delle sofferenze sarà una missione suicida si trova in una slide di esempio con numeri sconclusionati, che proviamo qui a chiamare a raccolta e mettersi in riga. Lo facciamo per gli investitori del fondo, posto che possa interessare loro un calcolo della perdita attesa (e soprattutto non la conoscano già), ma ci stanno a cuore anche gli studenti, a cui la settimana scorsa ho insegnato le cartolarizzazioni, raccontando anche l’esempio di Atlante.  Le ipotesi della slide sulle cartolarizzazioni mostrano chiaramente che lo spirito di Atlante è quello del pifferaio magico. Si assume che 100 euro di sofferenze lorde (65 assistite da garanzia e 35 no) vengano acquistate da uno specialista del mercato a 20,7 euro, per ottenere un rendimento del 15% su un orizzonte di recupero del credito di 7 anni. Se il fondo avvoltoio che fa questi conti conosce le basi della matematica finanziaria significa che valuta di ottenere tra sette anni una somma che in media sarà di 55 euro.

La slide poi recita che queste sofferenze vengano acquistate con una tranche senior per il 65% e una tranche junior per il 35%, e si pretende che la tranche senior renda il 5% e quella junior il 15%. Sono numeri chiaramente incompatibili. La ragione evidente sta già  in questo numero 15%, che sembra quasi un errore tipografico: se uno è già disposto a richiedere un rendimento del 15% per acquistarsi le sofferenze, perché non dovrebbe richiedere un rendimento più alto per sottoscriverne la parte più rischiosa (il primo 35% di perdite)?  In effetti, se uno fa i conti scopre che se pagate un rendimento del 5% per la tranche senior dovreste pagare il 40% per la tranche junior. Ma poi perché pagare così tanto la tranche senior? Alla luce dell’esempio sembra davvero esagerato, anche perché si assume che la stessa percentuale di sofferenze acquistate con tranche senior, 65%, sia assistito da ipoteca. Molto meglio retribuire la tranche senior al 2%, nel qual caso gli investitori della tranche junior si accontenteranno di un rendimento di poco più del 20%.

Insomma, già i numeri della cartolarizzazione nuda e cruda non tornano. Molto ci sarebbe da dire su alcuni degli altri, mentre sul resto dei numeri, meno uno, nessuno può confermare o smentire perché sono atti di fede. Per essere chiari, i numeri sull’impatto della garanzia statale sulla tranche senior (GACS) sono sbagliati: abbiamo dimostrato su queste colonne, trasformando in modello la legge sulla cartolarizzazione delle sofferenze bancarie, che il costo di questa garanzia finisce sul conto di chi sottoscrive la tranche junior, e che quindi richiederà un rendimento ancora superiore al 20% che abbiamo ipotizzato sopra. Poi ci sono altri numeri su cui non si può dire nulla se non una parola di augurio: che il tempo di recupero scenda da sette a cinque anni, che il tasso di recupero delle sofferenze salga dal 35% al 40% (ma gli investitori non mettono già in conto di recuperare il 55% secondo le ipotesi del modello?), che i “servicing cost” si riducano dello 0,3%. Speriamo anche che ci sia un bel sole.

C’è invece un numero che è essenziale e vero, perché è l’impegno che Atlante assume. Atlante sarà disposto a sottoscrivere la tranche junior a un rendimento del 6%. E’ la stessa tranche che gli altri, il mercato delle sofferenze, sono disposti a sottoscrivere al 20%. Qui c’è la missione di Atlante. Perché il mercato richiederebbe il 15% per smaltire le sofferenze o il 20% per prendersi il primo 35% di perdite? Perché attribuisce all’operazione una perdita attesa della stessa percentuale. Se il mercato attribuisce una perdita attesa del 20% all’anno sulla tranche junior e Atlante si accontenta del 6%, significa che il capitale investito da Atlante ha una perdita attesa del 14% all’anno Ecco la missione suicida, che tra l’altro traspare in qualcuna delle slide della presentazione: “il fondo vuole fornire seed money con un costo del capitale contenuto per le migliori proposte degli NPLs”. Altro che costo contenuto, pare una vera donazione.

Viene anche argomentato che la missione di Atlante sia quella di costruire un mercato liquido delle sofferenze bancarie, guadagnando un dividendo di liquidità. Atlante vorrebbe fare il “market maker”, cioè un operatore che stabilizza il mercato stando a disposizione nell’acquisto e vendita delle tranche. Su questo emergono due considerazioni. La prima: il mercato delle cartolarizzazioni di sofferenze italiano è condannato a rimanere illiquido, perché il problema della liquidità deriva dalla scelta scellerata del Ministero dell’Economia di limitare le operazioni di cartolarizzazione ai singoli istituti, escludendo un’operazione di sistema. La seconda: certo che se un “market maker” è disposto a sottoscrivere al 6% quello che gli altri sottoscrivono al 20% non vuole stabilizzare il mercato, cerca di “strizzarlo” (“squeeze”) sul suo prezzo, e 1 o 2 miliardi di euro sembrano pochi per garantire un risultato simile.

In conclusione, Atlante vorrebbe fare da pifferaio magico per portare i ratti, le sofferenze, insieme a lui nel fiume. Ma anche i sottoscrittori di Atlante lo seguono verso una perdita attesa sul capitale, e non sappiamo se ne siano coscienti o meno: certo che sarebbe un cattivo segnale della qualità della governance del nostro sistema bancario se non ne fossero coscienti, e noi non lo crediamo. La domanda è cosa sperino di ottenere in cambio gli operatori coinvolti in questa missione. La speranza degli investitori è riportata più volte nella presentazione con la parola “re-rating” del sistema bancario: Intesa, Unicredit e compagnia sperano di recuperare da un miglioramento generale del clima del settore bancario quello che perderanno su Atlante; e può anche essere che l’operatività di Atlante sull’altro fronte, quello della garanzia degli aumenti di capitale, possa aiutare. Sulla speranza dei manager di Atlante, invece, nella presentazione non c’è niente, ed è una mancanza che da Alessandro Penati non ci saremmo aspettati. C’è il riconoscimento franco che Atlante “non vuole creare ex-novo una realtà di concorrenza con altre consolidate da anni o una low cost a uso e consumo dell’Italia. Non dispone del tempo e degli investimenti necessari”. Il mio compagno di liceo che da Londra gestisce l’operatività europea di un grande fondo avvoltoio basato a Detroit può stare tranquillo (ma non penso sia mai stato preoccupato). Poi nelle slide c’è la carriera accademica di Alessandro Penati che chi fa il mio mestiere conosce bene e stima, e c’è la soddisfazione di leggere tante lauree con lode tra il resto dei manager. Purtroppo non c’è uno schema dei compensi che i manager prenderanno, e avrebbe dovuto essere la prima informazione da fornire. I manager parteciperanno in qualche modo alle perdite? Le loro retribuzioni saranno le stesse sia che il rendimento annuo sia il 6% promesso, sia che si trasformi in perdite? Questa informazione sarebbe il tassello finale per la conferma della natura suicida del progetto. A meno che a Penati e gli altri eroi non basti la gloria, come a Bruce Willis e i suoi nel film Armageddon.

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