Finanza
Mentre l’Europa agonizza, in Cina parte la banca dei BRICS: e la Grecia?
L’ondata di scalpore che la telenovela greca sta producendo in queste ore è sensibile, tant’è che persino quei colori arcobaleno atti a tinteggiare importanti conquiste in materia di diritti civili non han trovato lo spazio che cercavano in questa settimana, ove ci si apprestava a parlare d’amore e invece ci si ritrova di nuovo tutti divisi in legioni ordinate, separate dal limbo delle indifferenze ma pur sempre mosse da spirito battagliero. Grecia sì/Grecia no, referendum sì/referendum no, Euro sì/Euro no, keynesiani/liberisti, comunisti/fascisti, popolo/istituzioni, ricchi/poveri, russi/americani sono tutte dualità che impazzano al bar o nel salotto politico televisivo, tutte costrizioni di fede che occludono lo sguardo su una realtà globale che si sta inevitabilmente trasformando, e in modo profondo.
Venendo ai fatti che vogliamo raccontare, ci spostiamo da piazza Syntagma a piazza Tien’anmen, a Pechino, dove il parlamento cinese ha da poche ore ratificato la creazione della banca di sviluppo BRICS. L’acronimo non è sconosciuto dato che ormai da anni si parla delle nuove realtà economiche emergenti -Brasile, Russia, India, Cina, Sud Africa- e dei cambiamenti che ciò ha portato sui mercati finanziari globali degli ultimi anni, con conseguenza diretta sul patrimonio sociale in diverse aree del mondo – Europa compresa.
Durante questi anni di crisi due di queste realtà emergenti, Cina e Russia, da outsider sono diventate potenze, e quell’acronimo BRICS che prima suscitava la simpatia dell’esotico ora è simbolo di alternativa, tra l’altro inaspettata.
La nuova banca di sviluppo BRICS (o NDB) appena ratificata è stata e sarà progettata come opzione al monopolio della Banca Mondiale, assicurando dal punto di vista finanziario i progetti di espansione e miglioramento decisi nei paesi membri, e ogni nazione avrà lo stesso potere decisionale, indipendentemente dal suo PIL.
La banca centrale avrà sede a Shanghai, e durante il primo anno avrà presidenza indiana, con la Russia nel ruolo di portavoce dei rappresentanti. Ogni membro BRICS dovrà versare un capitale equamente spartito atto a raggiungere il complessivo capitale iniziale di 50 miliardi di dollari, con l’obiettivo di raddoppiare in tempi brevi la capitalizzazione (100 miliardi).
Per ora la Cina si è impegnata a versare -secondo fonti Reuters- circa 41 miliardi di dollari, il che per ora darà al colosso asiatico più potere decisionale e più potere di voto all’interno del CdA. La situazione però è tesa ad appiattirsi secondo un concetto equalitario, non appena i contributi dei vari paesi membri si assesteranno sulle stesse cifre.
L’accordo, già ratificato in india e in Russia, è stato approvato dal Comitato Permanente del Congresso Nazionale del Popolo cinese lo scorso 1° luglio, ed è stato anche deciso che verrà creata una filiale della NDB (New Development Bank) in Sud Africa, per monitorare il continente africano.
La notizia sembra influire poco sui quotidiani e sulla stampa occidentale, tutto questo in maniera inspiegabile o forse spiegabile, d’altronde la crisi sistemica dell’Europa e del mondo occidentale qualche punto di genesi deve pure averlo, al di là dei guai greci.
Guai greci che in realtà andrebbero ad intersecarsi con questo scenario, soprattutto in un contesto generale che lascia trapelare notizie sempre non troppo strillate. Il 9 luglio ci sarà il vertice dei BRICS a Ufà, in Russia, e Stephen Lendman sul portale canadese della Global Research scrive che
“L’obiettivo della New Development Bank è di porre fine all’egemonia occidentale sui mercati finanziari e trasformarsi in una delle entità di credito più importanti del mondo. La Russia e probabilmente anche la Cina, potrebbero offrire aiuto finanziario alla Grecia”.
Questo considerando anche l’incontro avvenuto in primavera, di cui abbiamo a suo tempo raccontato su queste pagine. D’altronde durante lo stesso vertice di Ufà il Sud Africa dovrebbe presentare la sua ratifica ufficiale del progetto.
Durante lo scorso mese di giugno il Capo degli Affari Esteri della Duma, Aleksey Pushkov, aveva dichiarato che
“Nel 2014, il prodotto interno lordo totale dei paesi BRICS ha raggiunto il 30 per cento [del PIL mondiale – Ed.]. Questo è meno di quello del G7, ma la differenza è di sette o otto per cento. Il PIL dei paesi BRICS – così Pushkov- secondo il Fondo Monetario Internazionale è 32.500 miliardi dollari, quello del G7 è 34.700 miliardi dollari. Dato che i membri BRICS mostrano per lo più i tassi di crescita molto più elevati rispetto al G7, si può supporre che nei prossimi due o tre anni il PIL aggregato dei paesi BRICS supererà i G7 “
Se a questo ci aggiungiamo anche l’avanzata della seconda banca promossa lo scorso ottobre da Pechino come alternativa al FMI e alla Banca Mondiale, la Asian Investment Bank, e se a questo ci aggiungiamo che tale banca tra i 57 paesi membri annovera anche Germania e Gran Bretagna, intuiamo come lo scacchiere globale stia cambiando radicalmente, mentre l’opinione pubblica in Europa sembra ancora persa a rincorrere memorandum e riforme strutturali che ormai appaiono simboli di un’epoca al collasso.
Perché se è vero che la Germania deve condurre con rigore la trattativa sul Grexit, è altrettanto vero che la stessa Germania deve far fronte al malcontento imprenditoriale interno scaturito dalle sanzioni contro la Russia che di riflesso penalizzano gravemente gli stati della zona Euro, e se come annunciato dai nostri quotidiani l’Italia ha perso milioni di euro in esportazioni, gli altri paesi -anche i più forti- non ridono. Il Comitato tedesco per le relazioni orientali, che rappresenta gli interessi di circa 200 aziende tedesche attive in Russia, da tempo espone al governo di Berlino le proprie lamentele.
Insomma, prima di capire la Grecia, sarebbe opportuno provare a capire ciò che la circonda.
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