Finanza
Due esperti a confronto sulle linee guida Bce per i crediti deteriorati
La pubblicazione delle Linee guida per le banche sui crediti deteriorati da parte della Bce, dopo che a settembre era stata avviata una consultazione pubblica su una bozza del documento (per una sintesi v. qui), continua ad alimentare il dibattito fra addetti ai lavori e anche all’esterno sul problema della gestione dei crediti in sofferenza, e sulle conseguenze dell’approccio seguito dalle autorità europee.
Di seguito propongo una libera riduzione del colloquio tra un banchiere e un ex banchiere in occasione di un recente incontro pubblico.
Banchiere
Il problema del peso degli npl [non performing loans, crediti deteriorati, ndr] delle banche ormai è in via di soluzione. La BCE ha fornito “linee guida ” molto precise e prescrittive che impongono alle banche italiane maggiori di alleggerirsi dei crediti non performing entro un paio d’anni e di far tenere sotto controllo direttamente dai consigli di amministrazione l’evolversi dello smaltimento. Sulla base di queste linee guida, tra l’altro, anche clienti attualmente in bonis, ma a rischio elevato, potranno passare dagli attuali gestori commerciali a gestori specializzati che avranno il compito di liberarsi quanto prima di quei rischi uscendo dalla relazione.
Ex
Le Linee guida della BCE sono essenzialmente best practice che appartengono allo strumentario standard del buon banchiere. La BCE non ha detto nulla di particolarmente nuovo. La novità è che le banche ora dovranno tornare a fare bene il loro mestiere che negli ultimi 20 anni avevano un po’ tralasciato nell’orgia della finanziarizzazione. E tutto questo è un bene.
Molte delle attuali istruzioni della BCE sono state già riapplicate negli ultimi anni in alcune banche. Per esempio, la sottrazione alla rete commerciale delle posizioni ad alto rischio è un’operazione fatta ben cinque anni fa da una delle principali banche italiane e ripetuta più di recente da altre. Al di là del maggiore o minore rigore con cui è stata realizzata, la conseguenza dell’applicazione di quel modello ha prodotto l’emersione di una quantità tale di sofferenze che ha costretto quella banca in particolare a fare una cessione monstre di sofferenze che, a sua volta, ha provocato una ricapitalizzazione monstre.
Banchiere
Però ora tutte le banche maggiori saranno costrette ad applicare quelle istruzioni senza se e senza ma, ed è molto probabile che Banca d’Italia estenda le linee guida BCE anche alle banche più piccole ancora direttamente vigilate.
Ex
Quindi è probabile che, per alleggerirsi di quei rischi, le banche, oltre alle sofferenze, cedano anche posizioni in bonis ad alto rischio?
Banchiere
Sì, è un evento probabile che si manifesterà nel corso dei prossimi anni.
Ex
Possiamo sintetizzare così: la BCE sta imponendo al sistema bancario italiano una cura da cavallo per rimetterlo in condizione di tornare quanto prima a fare credito senza le restrizioni imposte dal fardello dei crediti non performing e magari anche delle esposizioni ad alto rischio.
Perdiamo un minuto per spiegare un tecnicismo. Le banche, indipendentemente dalla liquidità disponibile fornita loro dai risparmiatori, non possono erogare crediti oltre un certo multiplo del loro capitale. Per semplificare diciamo che una banca con un capitale di 1000 non può erogare crediti oltre 10.000. Ma ,ai fini del rapporto con il capitale, i crediti non pesano tutti nello stesso modo , quindi il parametro di 1 a 10 vale solo per i crediti migliori, cioè con il minimo rischio. Se nel tempo alcuni dei clienti, ottimi al momento in cui i crediti furono erogati, peggiorano, la banca ha due strade: o ridurre l’esposizione verso quei clienti ovvero cercare capitale aggiuntivo ai 1000. Al limite , se tutti i clienti fossero pessimi, la banca al massimo può avere crediti pari al capitale, cioè 1000.
Da qui nasce l’esigenza di liberarsi dei crediti che avendo un rischio maggiore di quelli ottimi pesano sul capitale per un rapporto superiore allo standard di 1 a 10. Ecco il motivo della fretta data dalla BCE alle banche per liberarsi di quei crediti che, come si dice, “consumano capitale ” più del necessario. Quando le banche se ne saranno liberate, saranno più efficienti e potranno tornare a fare credito ai clienti meritevoli. Quindi aiutare l economia a riprendersi.
Banchiere
Esatto. Per fare questo non possono aspettare che i clienti peggiori migliorino e che quelli pessimi ,già a sofferenza, paghino quello che possono pagare dopo estenuanti ,lunghe ,incerte e costose azioni giudiziarie. Aspettare questi tempi nuocerebbe alla ripresa economica. Quindi bisogna cedere i crediti ad altri che poi si occuperanno di incassarli , ma che non hanno il compito di fare credito all’economia reale come devono fare invece le banche. I destinatari di queste cessioni sono per il momento i fondi di investimento , gli unici così liquidi da poter comprare questa enorme mole di crediti difficili.
Ex
Ne discendono due conseguenze diverse, ma che fanno riflettere. Un credito in bonis, ma ad alto rischio, ceduto da una banca a un fondo di investimento è probabile che venga trattato in logica liquidatoria, perché l’obiettivo dei fondi è trasformare la “carta” acquistata (cioè il credito ) in denaro nel tempo più breve possibile. Questo potrebbe produrre ulteriori fallimenti e disoccupazione in via accelerata , anche perché il fondo , proprio perché non è una banca radicata in un territorio, e’ disinteressato agli effetti “alone ” che si possono ripercuotere sulla filiera produttiva a monte ed a valle dell’impresa fallita/liquidata. Qui abbiamo un rischio di prociclicità, cioè di rafforzamento dell’andamento negativo di un’economia già prostrata da anni di crisi e di assenza di politica economica.
Banchiere
Non sarei così pessimista. Un cliente ad alto rischio, che passa dalla banca al fondo di investimento e che quindi non godrà più della “tolleranza creditizia ” di cui ha beneficiato per tanti anni, se crede nella sua azienda potrà ricapitalizzarla e farla ritornare meritevole di un credito bancario che ,nel prossimo futuro, sarà erogato con più rigore. Se non ci crede o non ha i mezzi per capitalizzarla, è bene che la liquidi o la trasferisca ad un imprenditore più capace o più dotato di mezzi. Non è un male per l’economia che le aziende marginali escano dal mercato.
Ex
Vero , ma dipende dalle dimensioni del fenomeno nel tempo e dalla condizione di maggiore o minore salute dell’economia nel suo complesso. Tutte le imprese prima o poi cessano, è naturale. Come tutti gli esseri viventi sono destinate a morire.
Diverso però è’ se le morti sono dovute alla vecchiaia , alla peste bubbonica o alla guerra. Negli ultimi due casi non possiamo pensare che non sia un male! Se poi l’economia non è in grado di assorbire la disoccupazione prodotta dalla chiusura massiccia di imprese marginali , il problema si complica e diventa sociale e quindi politico. C’è da aspettarsi che siano approntate contromisure. Vedremo.
La seconda conseguenza discende invece dalle perdite che le banche subiranno nel vendere i crediti non performing ai fondi d’ investimento. Ormai abbiamo imparato e la Banca d’Italia lo ha documentato: i fondi acquistano crediti in sofferenza tra il 10 e il 20% del loro valore nominale. Negli ultimi dieci anni le banche ,per ogni 100 euro di crediti a sofferenza, ne hanno accantonati in media circa 60. La Banca d’Italia ha calcolato che ne recuperano statisticamente 43. Vendere ai fondi ai loro prezzi significa, per le banche, avere perdite ulteriori comprese tra 23 e 33 euro per ogni 100 euro di crediti difficili ceduti. Queste perdite corrispondono in sostanza al guadagno che i fondi porteranno a casa recuperando i 43 euro previsti.
Banchiere
È vero. Ed anche recenti operazioni lo hanno dimostrato. La più grande operazione annunciata negli ultimi mesi è quella cui si faceva riferimento prima. Quella banca ha venduto a poco più del 10% gran parte delle proprie sofferenze, registrando perdite per oltre 12 miliardi che hanno reso necessaria una ricapitalizzazione di 13 miliardi. Ma questo è il mercato!
Ex
Giudico quell’operazione molto ben congegnata. Oggi quella banca, ripulita dal peso delle sofferenze e ripatrimonializzata, non può che dare ottimi risultati se verrà ben condotta ed avrà un modello di business competitivo. Ma tu parli di mercato. Siamo sicuri che in Italia ci sia un mercato efficiente per gli npl? Il mercato è fatto da domanda, offerta e beni da scambiarsi. Perché sia efficiente c’è bisogno di competizione , regole e trasparenza. Nel nostro paese l’offerta è sovrabbondante, ma la domanda è costituita da pochissimi operatori. Il governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco, ha parlato di oligopolio dei fondi. Questa non è efficienza.
Banchiere
Purtroppo è così. Chi può comprare miliardi di sofferenze sono al massimo cinque o sei operatori internazionali che hanno una enorme liquidità disponibile.
Ex
Appunto, allora dov’è il mercato? Le banche sono costrette a vendere per indicazione della BCE. Essendo tutte costrette a vendere, si fanno concorrenza tra di loro come i negozi ai saldi di Natale, ma i compratori sono talmente pochi che non hanno bisogno di farsi concorrenza tra loro più di tanto. Non parliamo poi di regole e trasparenza di cui non c’è nemmeno l’ombra. Questo non è il mercato. Anzi!
E difatti i prezzi sono talmente bassi che le banche o non vendono, e molte non potranno più operare come banche e si dovranno trasformare in bad bank, oppure debbono sacrificare gli interessi degli azionisti registrando enormi perdite e se possibile ricapitalizzarsi. Insomma la questione è molto intricata perché abbiamo perso molto tempo a trastullarci dicendo che le banche italiane erano solide e in grado di superare la crisi.
Il Sole 24 Ore del 25 marzo ha fatto l’elenco delle 114 banche che hanno crediti deteriorati netti superiori al patrimonio tangibile. Se fossero imprese normali sarebbero già tutte affidate a curatori fallimentari. Erano dati del 2015. Nel 2016 la situazione è solo peggiorata. Tra quelle 114 banche ci sono molte banche di credito cooperativo, ma anche banche medie e qualcuna delle grandi, ma anche banche private che sicuramente sono state solo mal gestite perché è improbabile che abbiano subito le influenze di varia natura che altre possono aver subito.
Banchiere
D’altra parte non ci si può opporre all’applicazione delle linee guida della BCE e quindi…….
Ex
Ti confermo che le condivido pienamente, ma l’ottimo è nemico del bene. Non si fa può fare oggi i puristi ritornando ad applicare subito e a qualunque costo best practice colpevolmente abbandonate per seguire le nefaste impostazioni liberiste che hanno provocato questo sconquasso. È indispensabile salvare le banche, ma dobbiamo usare l’intelligenza sociale per evitare fenomeni pro-cliclici e che azionisti, risparmiatori, imprese e famiglie ci rimettano facendo guadagnare solo gli oligopolisti dei fondi.
Banchiere
Non vedo altre soluzioni.
Ex
Prova ad immaginare di offrire ai tuoi debitori in difficoltà di chiudere le loro posizioni con un saldo e stralcio che prevede il versamento di una cifra superiore a quella che ti offrono i fondi , ma non superiore a quella del valore netto del loro debito che tu porti in bilancio. Per seguire l’esempio di prima: una cifra compresa tra 20 e 40 euro ogni 100 euro di debito. Se anche soltanto il 50% dei tuoi debitori in sofferenza accettassero, tu avresti una perdita ben inferiore a quella che ti produrrà la svendita delle sofferenze ai fondi e il tuo debitore potrà tornare a produrre, consumare, pagare tasse. Questo è un circuito virtuoso che può riavvicinare le banche ai clienti e migliorare l’economia. Se poi per fare questo avessi anche un beneficio fiscale con una sorta di super deducibilità delle perdite, lo faresti ancor più volentieri e l’Erario perderebbe molto meno gettito di quello che perderà quando tu detrarrai fiscalmente l’intera maggiore perdita conseguente alla svendita al fondo che probabilmente non pagherà in Italia le tasse sul relativo guadagno. In questo modo il beneficio è generalizzato e nulla toglie che i crediti residui vengano venduti ai fondi.
Banchiere
Ma questo potrebbe indurre tutti a non voler più pagare i debiti con le banche. È un “moral hazard“.
Ex
Non è proprio così perché questa soluzione si dovrebbe applicare solo alle sofferenze vecchie e non alle nuove. In ogni caso sarebbe per legge un’operazione straordinaria e non ripetibile. E poi si potrebbero introdurre strumenti di particolare rigore che dissuadono da comportamenti emulativi. D’altra parte , i contribuenti onesti non hanno smesso di pagare le tasse nonostante i tanti condoni fiscali fatti in questi anni. Chi pagava prima ha continuato a farlo.
Lo Stato ha appena varato la «rottamazione» delle cartelle fiscali e nessuno ha parlato di moral hazard. I politici dicono che non è un condono perché hanno stralciato solo interessi di mora e sanzioni. Attenzione: dei 200 miliardi di sofferenze quanti sono gli interessi capitalizzati negli anni? Il calcolo si può fare e vedrai che non siamo molto lontani dal 50% almeno per le posizioni più vecchie. Le banche quindi in gran parte rinuncerebbero a interessi mai percepiti e spesso calcolati a tassi poco al di sotto dei tassi soglia dell’usura fissati dalla Banca d’Italia.
A me sembra una soluzione semplice e adeguata alla gravità della crisi delle cui conseguenze le banche si sono fatte carico in questi anni. Fare altrimenti vuol dire solo far guadagnare chi non ha alcun merito , penalizzando da subito gli azionisti. Azionisti che hanno la responsabilità di non aver capito, quando era il momento, che bisognava ridurre l’appetito al dividendo e che, in qualche caso, sarebbe stato necessario cambiare il management che non ha saputo affrontare per tempo la situazione. Questi azionisti ora perderanno il controllo delle banche ricapitalizzate a favore di nuovi azionisti che, per prima cosa, avvicenderanno il vecchio management, giusto o sbagliato che sia. Sta già accadendo in tutte le banche che hanno registrato perdite anche da cessioni ai fondi e sono state già ripatrimonializzate o dovranno esserlo. Questo si che è mercato!
Ma questo problema non è più mio. Io sono già un ex.
*
In copertina, Danièle Nouy, presidente del Consiglio della vigilanza della BCE
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