Finanza
Le molte vite dei debiti non pagati a banche e finanziarie
I crediti bancari insoluti sono come i gatti: hanno sette vite. La prima finisce quando il cliente smette di pagare la banca o la società di credito al consumo che lo ha erogato. Il creditore tenta un processo di recupero in tempi brevi: qualche lettera di sollecito, e forse la velata minaccia di passare il tutto agli uffici legali. Ma di solito, specialmente quando si tratta di importi di poche migliaia di euro, finisce tutto lì. A quel punto il credito è “morto”. La banca ha fretta di sbarazzarsene e buttarlo fuori dal bilancio, che risulta appesantito dalla presenza di crediti incagliati o in sofferenza. Perciò prima li svaluta e, quando ne ha accumulati un bel po’ con caratteristiche omogenee, li «impacchetta» in un portafoglio e li vende. Per i crediti in sofferenza, i cosiddetti “non performing loans” (Npl), che per la banca erano ormai carta straccia, inizia così una nuova vita. E, contrariamente a quel che si potrebbe pensare, in quei debiti insoluti c’è un valore inespresso che sta a chi li ha comprati saperlo tirare fuori.
Secondo l’ultimo rapporto Martek Watch NPL di Banca Ifis, pubblicato questa mattina, «il 2020 registra 38 miliardi di cessioni NPL e 9 miliardi di transazioni UTP (i debiti incagliati, ndr), un ammontare superiore a quanto stimato per gli NPL a fine settembre 2020 a seguito dell’accelerazione dell’attività nel quarto trimestre. Nel 2021 il volume di cessioni potrebbe raggiungere i 40 miliardi per i portafogli NPL e di 12 miliardi per quelli Utp».
È un mercato enorme, destinato a crescere, visto che, continua il rapporto, «lo stock crediti deteriorati lordi nei bilanci bancari è previsto tornare di nuovo in aumento (+19 miliardi di euro nel 2021 e +20 mld nel 2022), con un Npe ratio (ossia il rapporto tra crediti deteriorati e il totale erogato, ndr) previsto al 7,8% nel 2022». Alla fine dello scorso anno i primi 10 servicer gestiscono quasi 300 miliardi di euro (valore lordo dei crediti deteriorati).
Ma cosa succede a questi crediti deteriorati una volta usciti dai bilanci di banche e società finanziarie? Come funziona l’industria degli Npl? Completata la cessione, la palla passa ai credit servicer, che si occupano di gestire le fasi di recupero del credito, in conto proprio o su mandato degli investitori che hanno comprato gli Npl.
Con l’aiuto degli esperti di Banca Ifis, che su questo mercato è al contempo investitore e servicer per un ammontare di crediti gestiti di 23 miliardi di euro (dato a fine 2020), cerchiamo di spiegare le fasi che seguono cessione dei crediti insoluti. «Noi entriamo in campo quando le banche e le società finanziarie, dopo aver tentato senza successo un processo di recupero breve, decidono di espellere dal loro bilancio i crediti che i clienti hanno smesso di pagare, cedendoli. Gli operatori come noi sono chiamati a formulare delle offerte sulla base di valutazioni, che per noi sono prevalentemente statistiche», ci spiegano dalla banca.
Primo tentativo di recupero: inbound
La primissima cosa è la raccolta organizzata delle informazioni e della documentazione sottostante i crediti. «Completata questa fase, si fa un primo tentativo di recupero contattando il cliente, a cui viene inviata una lettera che riassume la situazione e che invita a contattare l’operatore qualora si fosse intenzionati a chiudere la pendenza.
A quel punto, si aspetta il cosiddetto inbound (le chiamate in entrata). Solo una piccola percentuale richiama, chiedendo l’intera documentazione o, in taluni casi, arrivando alla definizione, durante il primo colloquio, di una proposta di chiusura. In questa prima fase siamo aperti alla negoziazione: per noi il punto fondamentale è comprendere e distinguere tra chi vuole pagare ma non può, da chi può ma non vuole pagare», continuano da Banca Ifis.
Una storia emblematica
Il racconto di una storia realmente accaduta, omettendo ovviamente ogni riferimento diretto e contestuale, aiuterà a capire cosa accade quando si incrociano una sincera volontà di onorare i debiti e la flessibilità di chi ha comprato il credito insoluto.
Nel 2011 A.G. aveva 39 anni, una moglie, tre figli, un lavoro e una casa, per la quale chiede un finanziamento finalizzato alla ristrutturazione. Dopo 12 mesi di rate puntualmente saldate, perde il lavoro e interrompe bruscamente i pagamenti. Passano due anni, A.G. diventa un debitore insolvente e nel 2015 il suo debito impacchettato insieme con molti altri viene ceduto dalla società creditrice a Banca Ifis nel 2015. Nel frattempo, però, è riuscito a recuperare stabilità economica. L’accordo con la banca è un piano di rientro del debito che prevede una rata mensile di 150 euro.
Il cliente rispetta puntualmente ogni scadenza e come un metronomo salda mese dopo mese, senza alcun intoppo. Ma la vita gli presenta di nuovo un conto amaro: la moglie perde il lavoro nel 2019, lui regge, almeno fino alla pandemia da coronavirus. A fine aprile A.G. contatta la banca per chiedere aiuto, non riuscendo a onorare i pagamenti causa ritardi nella riscossione della cassa integrazione. Dall’altro capo del telefono c’è una persona in ascolto che gli prospetta e propone delle soluzioni, come la sospensione immediata di alcune rate, e lui accetta.
A fine maggio viene ufficialmente comunicata la sospensione dei pagamenti per alcune mensilità. «Vi ringrazio di cuore» scrive con emozione A.G. in una mail il cui oggetto è uno sterile numero di 14 cifre: un codice incomprensibile ai più ma che indica il suo riferimento operativo, il debito da estinguere. A.G. a novembre ha ricevuto la cassa integrazione e ha ripreso subito a onorare i pagamenti.
Secondo tentativo: outbound
Chiuso questo primo round di recuperi, si passa all’outbound: «Siamo noi a chiamare oppure i nostri agenti vanno a cercare i debitori. È questa una fase stragiudiziale tipica: c’è un confronto e una negoziazione che, se ha esito positivo, porta a un accordo del tipo saldo e stralcio. In sostanza, ci si accorda sul fatto che il debitore saldi subito il 50, il 60 per cento del dovuto e si chiude l’intera pratica», spiega la banca. «È una conclusione vantaggiosa per entrambe le parti: il debitore sistema la pendenza con uno sconto e noi rientriamo velocemente».
Anche qui un’altra storia esemplificativa di tante altre uguali aiuta a capire come gira la macchina del recupero credito. C’è un padre di famiglia fagocitato dalle slot machines, tanto da averci dilapidato i soldi della famiglia. Una dipendenza patologica che culmina con un macigno di oltre 100 mila euro di debiti sulle spalle della famiglia.
Un giorno di giugno del 2018, è la figlia a ricevere un atto legale di notifica: nella rincorsa alla partita della vita, il padre aveva contratto un finanziamento per supportare le giocate, ma la linea di credito non è mai stata ripagata. La finanziaria ha riclassificato il debito a sofferenza, ovvero mancato incasso, e l’ha venduto all’interno di un corposo portafoglio contenente altre esposizioni creditizie non performanti.
Il debito del giocatore arrivato sul desk di Banca Ifis, che nella procedura competitiva si è aggiudicata il portafoglio, viene caratterizzato da un codice anonimo. Nell’atto legale la banca notifica subito il debito alla famiglia. Ma quando il postino suona alla porta, il padre si sta disintossicando altrove e il fardello passa direttamente ai figli che chiamano a raccolta zii, cugini e nipoti per unire forze e portafogli. L’accordo con Banca Ifis viene raggiunto in meno di una settimana: la banca apre a un saldo e stralcio, ovvero un pagamento immediato con sconto che cancella subito e una volta per tutte lo scoperto. Un colpo di spugna, ruvido ma risolutivo. Il tragico debito di un’intera vita viene azzerato in meno di 24 ore, senza strascichi né sospesi: una stretta di mano e un nuovo inizio.
Il contenzioso
Purtroppo non per tutti i crediti va così. Quindi, in caso di mancato accordo, ci si incammina verso il contenzioso. I legali della banca presenti sul territorio si attivano per avviare le procedure legali. Si raccolgono ulteriori informazioni, talvolta anche con vere e proprie attività di investigazione, e si cerca soprattutto di distinguere tra chi si trova davvero in stato di bisogno e chi invece attua comportamenti opportunistici. «Nella nostra esperienza, circa il 20-30% del totale è rappresentato da soggetti che, passando da una finanziaria all’altra, di fatto costruiscono uno schema Ponzi. Come ne usciamo? C’è sempre la possibilità di un accordo del tipo saldo e stralcio. Diversamente, si va avanti finché si arriva al pignoramento dei beni», rispondono dalla banca.
Aficionados & desaparecidos
La casistica del recupero crediti è praticamente infinita. Ma fra tutti spiccano due macrocategorie: gli aficionados, praticamente una presenza fissa nel tempo e nei portafogli, e i desaparecidos, i debitori che si volatilizzano. «Ci sono noti debitori, clienti che ogni 2 anni ritroviamo a “catalogo” e che continuano a fare dei piccoli debiti, li pagano a rate, rientrano dalla posizione e quando sono puliti si reindebitano: degli habitué, insomma».
L’altra tipologia di debitori, che in termini di teste fanno il 15-20% del totale, è di fatto irraggiungibile: «o perché ha fatto perdere le tracce, trasferendosi all’estero, oppure perché è nullatenente». Alcuni si negano e non rispondono, continuano a cambiare indirizzo, altri ancora fanno opposizione da subito oppure in fase di esecuzione giudiziaria. Ci sono anche dei debitori con cui si è stabilito un primo contatto e ci si è pure messi d’accordo su una soluzione bonaria o un piano di rientro. Sembra tutto perfetto, proposta di accordo in mano, ma poi il debitore decide di non pagare e non salda nulla, neanche la prima rata.
Queste posizioni sono destinate a rimanere a lungo negli archivi delle società di recupero: negli archivi ci possono essere posizioni aperte anche dagli anni’80. Qui viene avviato un monitoraggio della posizione a lungo periodo, con rinnovo periodico delle notifiche del debito, in modo da impedire la prescrizione, che scatta trascorsi dieci anni dalla notifica del debito. In questi casi l’ultima a morire è la speranza: a volte succede qualcosa che porta il cliente a cambiare approccio e pagare: un aumento di stipendio, un cambio di posizione lavorativa, un’eredità. Può accadere persino che posizioni debitorie aperte da anni e lavorate 15-20 volte con contatti, proposte e offerte, senza mai ottenere riscontro, vengano cedute a un concorrente minore, e che questi rientri nel giro di pochi mesi perché magari nel frattempo è cambiata la condizione economica del debitore, grazie a una vincita. Perché nel recupero crediti anche un pizzico di fortuna ha la sua parte.
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