Finanza

Intesa Sanpaolo chiude nel 2020 del Covid-19 con 3,27 miliardi di utile

5 Febbraio 2021

Intesa Sanpaolo ha chiuso il 2020 con un utile netto contabile di 3,27 miliardi, a fronte dei 4,2 miliardi del 2019. Escludendo l’impatto dell’acquisizione e l’apporto di Ubi Banca, da cinque mesi incorporata nel gruppo milanese, l’utile scende a 3 miliardi. Dopo i conti, il titolo in Borsa ha sfiorato il +4%, in una giornata partita bene per le Borse e  titoli bancari. L’integrazione di Ubi Banca, poi, fanno sapere dalla banca prosegue in anticipo rispetto alle scadenze originarie, portando a stimare sinergie superiori a quelle previste al momento dell’Offerta pubblica di acquisto e scambio.

I risultati del 2020 si confermano quindi positivi nonostante la complessità del contesto che si è creato a causa dell’epidemia da Covid-19, riflettendo la redditività sostenibile, che deriva dalla solidità della base patrimoniale e della liquidità, dal modello di business diversificato e dalla strategia adottata per la gestione dei costi operativi.  Sui ricavi annuali si è registrato tuttavia un calo (-4,2%). Il gruppo guidato da Carlo Messina, ha contabilizzato 2,2 miliardi di rettifiche di valore su crediti per i futuri impatti di Covid-19, riducendo il basso profilo di rischio di Intesa Sanpaolo e confermando l’impegno a sostenere il paese. La banca ha l’obiettivo di diventare sempre di più un punto di riferimento in termini di sostenibilità e responsabilità sociale e culturale.

«Nel 2020 il mondo intero è stato travolto dalla pandemia da Covid-19», afferma l’amministratore delegato, Carlo Messina. «Il nostro Paese è stato colpito con particolare forza: l’innesco di una crisi di portata straordinaria ha segnato duramente le nostre famiglie, le imprese, la società intera. In questo contesto di straordinaria complessità, nel 2020, superando il nostro obiettivo, abbiamo conseguito un utile netto pari a 3,1 miliardi di euro, escludendo l’impatto contabile della combinazione con Ubi Banca e dell’impairment dell’avviamento della Banca dei Territori ed il contributo di 5 mesi delle attività di Ubi Banca». Messina ha poi precisato che se si considerano invece i cinque mesi delle attività di UBI, l’utile netto normalizzato è di 3,5 miliardi di euro.

I proventi operativi netti si attestano 17,4 miliardi scendendo del 4,2 percento rispetto al 2019. I costi operativi si attestano a 9,1 miliardi, scendendo del 3,4 percento, ovviamente senza Ubi. Quanto ai coefficienti di solidità patrimoniale, invece, il Cet 1 ratio post dividendi proposti è del 15,4 percento pro-forma a regime (16,9% escludendo Ubi), 15,9% includendo l’acquisizione di Ubi ma non le attività da cedere a Bper.

Il gruppo ha riportato nel quarto trimestre del 2020 una perdita netta di 3,1 miliardi di euro, dovuta soprattutto agli oneri di integrazione in seguito all’Opas, su Ubi. Il fatturato si è attestato a 5,29 miliardi.

«Per conseguire, nei prossimi anni, nuovi importanti traguardi abbiamo allocato oltre 6 miliardi di euro dell’utile pare-tasse del 2020 all’ulteriore rafforzamento della sostenibilità dei nostri risultati destinando: 2,2 miliardi ad accantonamenti per futuri impatti della pandemia, 2,1 miliardi per accantonamenti addizionali su crediti deteriorati e in bonis di Ubi Banca e 2 miliardi ai costi di integrazione», afferma Messina.

Il cda proporrà la distribuzione di un dividendo per cassa da 694 milioni, «il quantitativo massimo stabilito dal Supervisore», e corrispondente a 0,0357 euro per azione. Una volta superate le restrizioni delle BCE il gruppo chiederà l’autorizzazione a distribuire in contanti – dalle riserve – la parte restante del payout ratio previsto, pari complessivamente al 75% di 3,5 miliardi di utile netto normalizzato 2020. Confermato, inoltre, l’impegno a erogare dividendi per un pay out ratio del 70% rispetto all’utile netto 2021.

 

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