Finanza
Il pelo nell’uovo nel decreto su cartolarizzazioni e garanzia pubblica
Parole, numeri e fatti della cartolarizzazione degli impieghi in sofferenza (NPL) delle banche italiane. Ora che dalle parole siamo passati ai fatti possiamo provare a usare i numeri per una valutazione degli effetti dell’iniziativa del Consiglio dei Ministri. O meglio: poiché dalle parole siamo passati alle norme, possiamo usare i numeri per valutare se le parole trasformate in norme potranno diventare fatti. Unica avvertenza per chi è allergico ai numeri: il post non potrà non essere tecnico, anche se faremo il possibile per introdurre sottotitoli per rispondere a due domande di fondo. Come funzionerà la cartolarizzazione, con o senza garanzia statale, se le sofferenze saranno cedute a prezzi di mercato? E, se i prezzi di mercato saranno più bassi di quelli a cui le sofferenze sono iscritti nei bilanci delle banche, potranno le banche vendere i titoli in sofferenza a prezzi più alti di quelli di mercato?
Innanzitutto, si sgombri il campo da una leggenda metropolitana che affiora qua e là nel dibattito, cioè che l’ammontare delle sofferenze da vendere nelle cartolarizzazioni sarà quello al netto degli accantonamenti fatti dalle banche. No. Per ripulire i bilanci da 200 miliardi di sofferenze dovranno essere messi sul mercato 200 miliardi di sofferenze. Sarà il mercato a definire se la parte recuperabile di questi titoli sarà maggiore o minore dell’ammontare accantonato dalle banche cedenti. In termini più semplici, se devi vendere una mela mezza marcia, la vendi al mercato e il mercato la “scattiva”, come si dice a Firenze, cioè separa la parte buona da quella marcia, e la rivende. Vendere solo la parte marcia è ovviamente una sciocchezza, perché la parte marcia della mela vale zero.
Il gioco quindi è proprio una scommessa su quanta parte della mela sia marcia. Il nostro esempio è semplice, ma coerente con i dati di cui si parla, e anche coerente con i principi di finanza matematica. Ricordate questi numeri. Per 200 miliardi di sofferenze, assumiamo due scenari. Se le cose vanno bene, da questi 200 miliardi se ne ricaveranno 80, e se vanno male se ne tireranno su 20. Assumiamo di conoscere il valore di mercato, e che sia 60, cosicché, secondo i principi di valutazione, la probabilità dello scenario positivo sia 2/3. Quindi: 80X2/3+20X1/3 = 60.
Siete pronti per fare la vostra cartolarizzazione. Costruite il veicolo, cioè un’entità giuridica indipendente da voi che deve tirare su i soldi per comprarsi i vostri prestiti marci. Per fare questi soldi, il veicolo dovrà vendere titoli di debito. In particolare, consideriamo che 50% dei prestiti sia “junior”, cioè quello che assorbe le perdite per primo, e il resto sia “senior”, cioè assorba le perdite solo dopo che tutto il capitale delle “junior” sia stato spazzato via. Per ora non consideriamo la famosa garanzia di stato sulle perdite dell’emissione “senior”. Se le sofferenze verranno cedute al loro prezzo di mercato, 60 miliardi, il veicolo dovrà quindi piazzare 30 miliardi di titoli “senior” e 30 miliardi di titoli “junior”.
Per calcolare il rendimento atteso della tranche “junior”, consideriamo che affronterà la perdita di tutti i 30 miliardi di capitale investito se il valore delle sofferenze si rivelerà essere quello dello scenario negativo (perdita di 60 – 20 = 40, che è maggiore del capitale “junior” di 30). Nello scenario positivo la tranche “junior” incasserà invece 20 (guadagno di 80 – 60 = 20). Il valore della “junior” sarà quindi 50 nello scenario migliore (20 di guadagno più 30 di capitale) e 0 nello stato peggiore. Il guadagno atteso da chi si avrà la tranche “junior” sarà quindi di 3,33 miliardi (50X2/3 – 30).
Venendo ai titoli “senior”, ripagheranno tutto il capitale nello scenario positivo, mentre in quello negativo perderanno 10 miliardi. Infatti, in questo scenario le perdite complessive saranno 40 miliardi ma solo 30 verranno assorbite dalla “tranche” junior. La perdita attesa della tranche “senior” sarà quindi di 3.33 miliardi (10X1/3). Il fatto che la perdita attesa dei titoli “senior” sia uguale al guadagno atteso dei titoli junior è legato al fatto che titoli “senior” e “junior” rappresentano il 50% del valore delle sofferenze cartolarizzate.
In una cartolarizzazione senza garanzia, con ripartizione al 50% dei titoli “junior” e “senior”, i 60 miliardi delle sofferenze saranno pagati per 33,33 miliardi dai titoli junior e 26,67 dai titoli senior. Introduciamo ora la garanzia di stato. Con questa garanzia, lo stato si accollerà la perdita di 10 miliardi che raggiungerà i titoli senior, e il valore attuariale di questa garanzia sarà la stessa perdita attesa di questi titoli, cioè 3,33 miliardi.
Chi paga per la garanzia pubblica? Qui c’è una novità tra le parole spese al ritorno da Bruxelles e la norma. Mentre si diceva che la garanzia è a carico delle banche, secondo la norma il pagamento è a carico del veicolo. In pratica il veicolo paga 3,33 miliardi allo stato in cambio della garanzia che i titoli “senior” vengano ripagati integralmente per i 30 miliardi investiti. Poiché il valore complessivo delle sofferenze vendute non cambia, risulta che anche il valore dei titoli “junior” sarà 30 miliardi. In altri termini, la garanzia pubblica viene pagata dagli investitori “junior”. Il guadagno atteso che dovrebbe attrarre i fondi speculativi ad acquistare la quota più rischiosa viene dirottato per finanziare l’acquisto della garanzia della quota “senior”. La domanda che sorge spontanea è: perché mai questi fondi dovrebbero intervenire?
Quindi, nel caso in cui le sofferenze verranno cedute a valori di mercato, la presenza della garanzia sarà finanziata dagli investitori che sottoscriveranno la quota “junior”, rendendo per loro meno conveniente l’intervento. E il fatto che le sofferenze verranno cedute ai prezzi di mercato provocherà una perdita secca per le banche. Nelle nostre ipotesi, assumendo che le banche abbiano iscritto a bilancio il valore dello scenario positivo, la perdita sarebbe di 20 miliardi (80 meno il valore di mercato di 60).
La domanda ora è: cosa succederà se le banche venderanno le sofferenze a valori superiori a quelli di mercato, ad esempio quelli a cui sono iscritte in bilancio? Cosa succederebbe se le banche mettessero sul mercato le sofferenze al valore dello scenario positivo di 80 miliardi? In questo caso i 20 miliardi di sopravvalutazione si trasformeranno in perdite da ripartire tra le due categorie di creditori. In particolare, i creditori “junior” perderebbero 13,33 miliardi, e 6,67 miliardi sarebbe la perdita dei titoli “senior”. Nel caso in cui fosse attivata una garanzia pubblica, tutti i 20 miliardi di perdita verrebbero sostenuti dagli investitori nei titoli “junior”.
Se siete arrivati fin qui, avete capito che la possibilità che le parole si trasformino in fatti non è suffragata dai numeri. Se la cartolarizzazione è fatta a prezzi di mercato, le banche cedenti accuseranno il colpo in bilancio. Inoltre, la garanzia di stato trasferirà il costo sugli investitori “junior”, che sono quelli cui spetta lo smaltimento delle sofferenze. Se poi le banche proveranno a cedere le sofferenze a prezzi superiori a quelli di mercato, portare a buon fine la cartolarizzazione sarà praticamente impossibile.
Potrebbe andar peggio? Potrebbe piovere, si diceva in Frankenstein Junior, che solo per caso è omonimo degli investitori che dovrebbero attivarsi per smaltire le sofferenze. Invece, in questo disegno di cartolarizzazione possono essere delineati altri scenari negativi. Prendete questo. Una regola, di natura squisitamente tecnica, prevede che la garanzia statale diventi efficace solo dopo che più del 50% dei titoli “junior” siano stati venduti. Ora modificate il nostro esempio precedente nel seguente modo. Assumete che solo i fondi avvoltoio e gli specialisti di impieghi in default siano in grado di calcolare che il valore delle sofferenze proposte in vendita è 60. Supponete che le banche decidano di vendere al valore di libro di 80 le sofferenze stesse, con garanzia pubblica. I 40 miliardi di titoli “senior” verranno quindi emessi alla pari, e intanto le banche si compreranno la parte “junior” in attesa di collocarla sul mercato. In questo caso è chiaro che il collocamento della parte “junior” fallirà, e il valore dei titoli “senior” scenderà di 6,67 miliardi, cioè al loro valore di mercato in assenza di garanzia. Sarà un nuovo caso di risparmio tradito?
In conclusione, il complicato percorso descritto nell’intervento di legge, e i suoi dettagli, producono un labirinto di scenari in cui è difficile orizzontarsi, ma che possono essere sintetizzati così. La struttura è tale per cui gli investitori specializzati in smaltimento delle sofferenze, che sono maggiormente informati, hanno il coltello dalla parte del manico. Se riusciranno a spuntare un prezzo basso, infliggeranno perdite ai bilanci delle banche. Se invece le banche imporranno un prezzo alto, magari attivando anche la garanzia bancaria, gli investitori specializzati resteranno fuori, e lasceranno che le perdite siano ripartite tra gli altri due attori: le banche e gli investitori “senior”. Insomma, prima di aggiungere altri scandali a quelli di questi giorni, il consiglio per banche e investitori nei confronti dei buoni propositi del governo pare essere ancora: «Non ti curar di lor, ma guarda e passa».
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