Finanza
Il lancio del dado per le banche venete
IL LANCIO DEL DADO PER LE BANCHE VENETE
La sera del 25 giugno ’17, il Governo italiano ha preso una decisione in merito alle condizioni deleterie di due banche venete, ovvero la Banca Popolare di Vicenza e Veneto Banca, istituti fortemente a rischio a causa di trascorsi negativi riguardanti gestione malsana, spese ingenti e numerosi non performing loans.
“La crisi delle banche venete risale a prima della crisi economica e ha raggiunto livelli che hanno reso necessario un intervento di salvataggio, per evitare i rischi evidenti a tutti di un fallimento disordinato“. Queste le parole del premier Gentiloni , che si è pronunciato in conferenza stampa dopo la chiusura del Consiglio. Difatti, dopo che, il 23 giugno scorso, la BCE, ha definito le due banche in dissesto (“failing or likely to fail”), il Consiglio dei Ministri ha approvato un decreto legge concernente le misure di salvataggio, contemplanti una strategia nel complesso indicata come “liquidazione ordinata”: è stato stabilito che Intesa San Paolo assimila la ‘parte sana’ delle due banche (all’irrisorio ed incredibile prezzo di un solo euro), mentre le bad banks sono a carico dello Stato.
E’ lo Stato, dunque, ad assumersi la prevalente responsabilità economica del risanamento, operazione già iniziata con lo stanziamento immediato, a favore di Intesa, di circa 5 miliardi di euro: questa somma – che secondo Padoan “non pesa sulle finanze pubbliche” – servirà, per il momento, a finanziare le procedure, proteggere soprattutto il patrimonio della Ca’ de Sass e fare i conti con migliaia di esuberi. E non è tutto: la cifra messa a disposizione dallo Stato potrebbe aumentare di 12 miliardi di euro di garanzia fino a raggiungerne 17, a causa di crediti molto pericolosi, attingendo ai 20 miliardi messi da parte nel dicembre scorso per un’eventuale ma previdente ricapitalizzazione delle banche. Ragionando a lungo raggio, bisogna considerare che l’impiego maggiore o minore di queste cifre dipenderà dalla efficace o meno osmosi tra Intesa e le due banche.
I crediti deteriorati saranno delegati invece alle mani della Sga, la Società per la Gestione delle Attività, bad bank già nota per essersi già occupata, nel 1999, della liquidazione del Banco di Napoli. Il Governo Renzi, inoltre, nel maggio 2016 aveva acquisito la Sga dalla stessa Intesa, per cui tutto il suo Tesoro, florido grazie alle operazioni di successo sulla banca napoletana, è attualmente nelle mani del Mef. La nota negativa, che va a discapito dei debitori nei confronti delle due banche, è che la bad bank, per sua natura e competenza, si occupa unicamente di recupero crediti, e non può concedere aiuti finanziari, per cui vi è il rischio che ogni debito sarà gestito al pari di una sofferenza. Si esprime a riguardo l’Avv. Biagio Riccio, cassazionista e fondatore dell’Associazione Culturale Favor Debitoris: “Non ha licenza bancaria e non può rifinanziare il debitore per gestire il credito. Può solo escutere quello del debitore ceduto. E’ lo stesso decreto che lo ribadisce quando obbliga la società a dotarsi di un patrimonio a garanzia della sua attività”.
Riguardo le decisioni prese dal Consiglio dei Ministri, le alternative alla procedura in atto sarebbero potute essere soltanto due: un duplice bail-in (ovvero il tentativo di risanare le sofferenze attingendo agli investimenti dei privati sulle obbligazioni e i depositi superiori a centomila euro), soluzione che il Governo ha sempre cercato di evitare per i pericolosi risvolti sociali e politici che avrebbe potuto avere: l’unica occasione in cui questa metodologia fu utilizzata fu la crisi di Banca Carife, Banca Marche, Banca Etruria e Carichieti, nel 2015, che finì per suscitare proteste e mobilitazioni di tutti gli investitori e risparmiatori che si erano ritrovati senza un centesimo in banca; oppure, prospettiva ancor meno rosea per l’economia italiana, lasciare sole le banche a risollevare la propria situazione o, nel peggiore dei casi, a fallire.
“Di quali alternative stiamo parlando? Vorrei che le persone fanno critiche e dicono che ci sono alternative migliori dal punto di vista del sostegno alle famiglie, a costi inferiori, mi dicessero qual era l’alternativa migliore perché io francamente non le vedo. L’unica alternativa era la liquidazione disordinata o spezzatino che avrebbe completamente distrutto la capacità operativa delle due banche” : la risposta di Padoan a tutti coloro che aspramente, in questi giorni caldi, criticano le mosse del Governo, che, bisogna ricordare, non hanno risvolti unicamente economici ma anche politici e sociali.
Adesso, rimane soltanto da restare a guardare.
Di Monica Mandico e Arianna Papa
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