Finanza
Il gioco di prestigio sulle Assicurazioni Generali
Se sulla scalata a Mediaset, condotta dal finanziere francese Vincent Bolloré attraverso la Vivendi, il Governo Gentiloni ha tirato in ballo l’interesse nazionale, va registrato un apparente disinteresse sulle manovre che attorno alle Assicurazioni Generali sono cominciate almeno un anno fa. Eppure, se si vuole ragionare seriamente di interesse strategico dell’Italia, la compagnia triestina qualcosa in più delle televisioni del Biscione dovrebbe significare, visto che hanno in pancia 70 miliardi di titoli governativi italiani, partecipazioni strategiche ed una rete internazionale interessante al pari se non di più di quella dell’ENI.
Giusto oggi il presidente della Commissione Bilancio della Camera, Francesco Boccia, ha parlato di un «disegno per portare Unicredit in Francia», e così «assicurare il controllo su Generali e aumentare la presa in Mediobanca» – uno scenario che, fra gli altri, era stato rilanciato qualche giorno fa anche dall’ex ministro Paolo Cirino Pomicino.
Quello di prendere il controllo della compagnia triestina “attaccando” dall’alto della filiera è un grande classico della dietrologia finanziaria attorno a quella che una volta era chiamata la Galassia del Nord. Le tre società sono collegate: il primo azionista di Generali è Mediobanca con il 13%, e il primo azionista di quest’ultima (con una quota dell’8,7% alla quale si affianca la partecipazione altrettanto rilevante di Bolloré) è Unicredit, banca che a breve dovrà realizzare un aumento di capitale da 13 miliardi di euro, con inevitabile cambio degli assetti proprietari e marginalizzazione dei storici soci di riferimento italiani, in primis le fondazioni.
Il sospetto sollevato da Boccia e Pomicino è che i due manager francesi a capo di Unicredit e di Generali, rispettivamente Jean Pierre Mustier e Philippe Donnet, tra loro molto amici, stiano facendo “cordata” con l’establishment francese, e in particolare con il gruppo Axa (da cui Donnet proviene) e con Vincent Bolloré (lo stesso che ha cinto d’assedio Mediaset), per mettere le mani sulla Galassia del Nord, e su Generali in particolare.
Che in un momento di oggettiva debolezza dell’Italia e del suo sistema bancario-assicurativo ci sia qualcuno che voglia approfittarne è nell’ordine delle cose. Ma le cose potrebbero essere un po’ più complesse di come le si dipinge, e molto dipenderà dalle convenienze del momento, dove le ambizioni e gli interessi personali hanno il loro peso.
Se per Donnet potrebbe essere plausibile la velleità di essere protagonista di una grande fusione europea fra compagnie assicurative, conducendo Generali alle nozze con Axa, Mustier ha l’aria di chi potrebbe coltivare ambizioni ben più grandi rispetto a essere un portatore d’acqua al mulino di Axa e di Bolloré.
Ora, come in ogni buon numero di magia, anche i giochi di prestigio finanziari si compongono di più parti.
Nella prima parte – la “promessa” – viene dimostrato qualcosa di ordinario: il prestigiatore espone l’oggetto e vi chiede di verificare che sia inalterato, che tutto sia per così dire “normale”.
Prima nota. Un anno fa l’annuncio dell’addio dell’a.d. Mario Greco, prima ancora di completare il primo mandato triennale, e il suo passaggio al gruppo Zurich, passò appunto per uno dei “normali” avvicendamenti che da sempre avvengono a Trieste: incomprensione con alcuni azionisti e divergenze sulla strategia.
Mediobanca aveva proposto a Greco un secondo mandato a tempo: a metà mandato avrebbe lasciato a favore di un successore, che già allora i ben informati individuavano in Donnet (già presente nel gruppo come responsabile Italia) ma che veniva ritenuto non essere pronto al grande passo. Greco aveva rifiutato questa prima proposta, ottenendone una nuova, con un mandato pieno triennale. Forse, compreso il disegno francese, Greco aveva capito che per restare in sella doveva fare un balzo ulteriore in avanti perché un mandato di tre anni sulla carta poteva essere rimesso in gioco successivamente. Per questo aveva rilanciato, chiedendo oltre al triennio anche la disponibilità ad effettuare un aumento di capitale per future acquisizioni. Su questa richiesta probabilmente anche i soci italiani privati più piccoli non lo hanno voluto seguire. Fatto sta che, uscito Greco, l’a.d. delle Generali è stato proprio l’uomo voluto dalla Mediobanca guidata dall’a.d. Alberto Nagel, che da tempo è ormai sotto influenza di Bolloré. La preparazione dell’operazione con AXA potrebbe precedere quindi anche l’uscita di Greco.
Il secondo atto del gioco è la “svolta”: qui l’illusionista prende la cosa ordinaria e la trasforma in qualcosa di straordinario, la fa sparire mentre il pubblico si affanna a cercare il segreto, senza però volerlo davvero trovare.
Seconda nota. A dicembre il Giornale aveva scritto di una trattativa per la vendita di Generali France, la controllata francese del Leone, al gruppo tedesco Allianz, quale premessa di un’operazione di acquisizione che Axa lancerebbe su Generali, trovando sponda nell’a.d. di quest’ultima, Philippe Donnet, che è fra l’altro un ex manager Axa. A voler essere precisi, a settembre Donnet aveva negato l’intenzione di fondere Generali con Axa, e verso la fine di novembre, durante un incontro con gli investitori, il mercato francese non figurava fra quelli che il gruppo è intenzionato a lasciare.
La cessione sarebbe un passo rilevante: consentirebbe di eliminare il principale ostacolo sul fronte antitrust ad un’aggregazione tra Generali ed AXA. Ed al contempo permetterebbe di dare un boccone alla rivale storica Allianz, per tenerla buona in modo che non intervenga, magari anche grazie all’incentivo fornito da un prezzo di convenienza, giustificato dall’andamento non brillante della controllata francese di Generali. Una piccola buonuscita ad Allianz fatta pagare agli azionisti Generali. Scenario non fantascientifico, se fosse vero che lo stesso Greco, una volta giunto a Zurich, aveva proposto ad Allianz un’offerta congiunta su Generali per fronteggiare le mire francesi. Rumor che non trova riscontri ma ha una solida base logica (Allianz avrebbe una grande sovrapposizione sull’Italia, dove ha assorbito Ras e Lloyd Adriatico).
Quando le voci sulla cessione di Generali France hanno ripreso a circolare, e con dovizia di particolari (nomi degli advisor, data e luoghi degli incontri), la cessione di Generali France non è stata mai ufficialmente smentita, né la Consob che avrebbe dovuto farlo, si è presa la briga di chiedere un chiarimento ufficiale, nemmeno quando la notizia del Giornale (sicuramente rilevante in quanto a sensibilità per il prezzo) è stata ripresa pari pari dall’agenzia internazionale Bloomberg.
A margine, aggiungiamo che già dalla scorsa estate fra i ben informati circolava la notizia di un piano Axa, elaborato con il supporto di Boston Consulting Group (alla quale sarebbe stato chiesto di verificare in particolare le problematiche antitrust), per fondersi con Generali. Sembra che nel cda di Generali ci sia stato un blocco informale all’operazione. Ma, ripetiamo, sorprendentemente nessuna autorità competente si è ancora sognata di chiedere una presa di posizione formale a Generali. Azionisti quali Caltagirone giocano a farsi rappresentare sui media come baluardo dell’italianità della compagnia, ma il costruttore romano non ha un portafoglio sufficientemente largo per difendere Trieste e ha interesse rilevanti nell’immobiliare che potrebbero facilmente indurlo a cambiare posizione di fronte a lauti guadagni.
Diciamo che al momento non è ben chiaro se la svolta sia andata in porto. È invece evidente che nelle fila di Generali il numero di manager provenienti da AXA sta crescendo. Quattro membri su sette del Group management comittee di Generali (oltre a Donnet, Tim Ryan, Rob Leonardi, Frederic de Courtois), sono ormai di provenienza AXA.
Il terzo atto del gioco è quella che gli illusionisti chiamano “prestigio”. È la parte più difficile, in cui la “cosa” deve riapparire, anche se non è detto che sia esattamente la stessa, e il pubblico non deve cogliere alcuna differenza: è sufficiente che si limiti ad applaudire.
Terza nota. In un momento in cui le relazioni italo-francesi sono già sotto tensione per la vicenda Vivendi-Mediaset e, dato il peso politico rivestito in Italia da una delle parti direttamente interessate, tanto che l’andamento della stessa può incidere sulla sopravvivenza politica del Governo Gentiloni, di spazio per scontri al calor bianco non dovrebbe essercene. Semmai come – guarda caso ha detto ieri il presidente francese François Hollande, c’è la «volontà di fare in modo che le imprese francesi e quelle italiane possano essere insieme, a volte separatamente, dei campioni di scala europea e mondiale».
Dato che il mercato assicurativo continentale ruota e sta in equilibrio attorno a tre big – Axa, Allianz, Generali – intendiamo che le implicazioni di Hollande vadano ben oltre le televisioni di Silvio Berlusconi. Ci vorrà ancora un po’ di tempo per vedere il prestigio. E la “cosa” potrebbe riapparire sotto nuove spoglie: magari una mega holding di diritto europeo, senza apparente bandiera nazionale francese, sotto il cui cappello riunione polizze italiane e francesi e magari qualche banca (Mediobanca, forse Unicredit), per bilanciare il peso francese (una delle ragioni di interesse dei francesi è che oggi la valutazione di Generali è depressa rispetto a quella di Axa, ma questo non agevola la storia della “fusione tra pari”).
Ovviamente, si può immaginare che ruoli di rilievo va verrebbero assicurati a qualche italiano benemerito che ha aiutato il traghettamento (Nagel sarà fra questi?). Il tutto sarebbe comunque destinato a finire sotto l’egida francese, una volta che il boccone amaro sarà stato digerito dall’opinione pubblica nostrana, grazie al “prestigio” di una nuova bella holding costituita come societas europaea (proprio come Allianz). A quel punto rimpinguare i manager potranno anche andare a casa, contenti di aver rimpinguato i conti a Ginevra o altrove, ma tanto, ragionano gli architetti, a chi importerà in Italia, paese che ha coniato il detto “o Franza o Spagna, purché se magna”?
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