Finanza
Il debito pubblico e le sofferenze bancarie bloccano l’Italia
Il Governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco in occasione delle “Considerazioni Finali” della relazione annuale resa pubblica il 31.5.17, ha rimarcato, con preoccupazione, come il debito pubblico e i crediti cosiddetti deteriorati «riducono i margini di manovra dello stato e degli intermediari finanziari; entrambi rendono vulnerabili l’economia italiana alle turbolenze sui mercati e possono amplificare gli effetti delle fluttuazioni cicliche». Visco ha anche fatto presente che «l’elevato debito pubblico è un fattore di vulnerabilità grave, che condiziona la vita economica del paese».
Risulta necessario, “un impegno costante e prolungato nel controllo dei conti pubblici”, e non manovre politiche poco lungimiranti, di sapore elettorale.
“La politica monetaria non può da sola garantire il ritorno a una crescita stabile e sostenuta. I problemi strutturali delle economie nazionali vanno affrontati accelerando i necessari interventi di riforma. Dove il debito è particolarmente elevato deve proseguire con decisione il consolidamento dei conti pubblici, orientando la composizione del bilancio in modo più favorevole alla crescita; dove è più contenuto, è possibile sostenere la domanda interna, in particolare con investimenti in infrastrutture, evitando un livello eccessivo della posizione netta sull’estero, tale da fornire argomenti a sostegno di interventi di protezione commerciale. In Italia l’espansione dell’economia, ancorché debole, si protrae da oltre due anni. Il miglioramento ciclico si sta diffondendo alla maggior parte dei settori industriali; di recente segnali positivi sono emersi anche nei servizi e nelle costruzioni, soprattutto nel comparto residenziale che beneficia degli incentivi fiscali per la ristrutturazione del patrimonio esistente e dei bassi tassi di interesse. L’attività fatica a rafforzarsi nell’edilizia non residenziale, dove pesa la modesta dinamica degli investimenti pubblici. Al miglioramento delle esportazioni delle aziende italiane, di pari passo con il commercio mondiale, continua ad accompagnarsi un contenuto incremento della spesa delle famiglie, sospinta da più favorevoli prospettive di reddito; più di recente vi si è associata la ripresa degli investimenti privati. Stanno soprattutto aumentando gli acquisti di beni strumentali, che hanno un impatto diretto sul potenziale produttivo dell’economia, saliti lo scorso anno di quasi il 5 per cento, ma ancora inferiori del 14 al massimo del 2007. La crescita interessa anche le regioni meridionali. Indicazioni positive, pur se territorialmente meno diffuse rispetto al Centro Nord, provengono dalle informazioni raccolte dalle nostre Filiali presso gli operatori economici locali. Il ritardo rispetto al resto del Paese rimane ampio, superiore al 40 per cento in termini di prodotto pro capite. Lo sviluppo equilibrato della nostra economia dipende in modo decisivo dalla rimozione degli ostacoli, non solo economici, che frenano il recupero del Mezzogiorno. Restano, nel complesso, ampi margini di capacità inutilizzata ed è ancora insufficiente la domanda di lavoro da parte delle imprese. L’andamento dei prezzi riflette queste condizioni, con una dinamica delle retribuzioni particolarmente contenuta”.
Inesorabile intervento dello stato per la risoluzione dei crediti deteriorati.
Nel 2016, i cosiddetti crediti “cattivi o deteriorati” delle banche, conseguenza inevitabile della crisi, ricorda il governatore, erano pari a 173 miliardi, “ a fronte dei quali le banche detengono garanzie reali per oltre 90 miliardi e personali per quasi 40. Vi sono poi 92 miliardi di altre esposizioni deteriorate, già svalutate per circa un terzo del valore nominale; per una parte di queste il ritorno alla regolarità dei pagamenti è certamente possibile, in una misura legata ai tempi e alla forza della ripresa; una gestione attiva da parte delle banche è necessaria per ridurre significativamente la quota che si trasforma in sofferenze. Tre quarti delle sofferenze nette sono detenuti da banche le cui condizioni finanziarie non impongono di cederle immediatamente sul mercato. Quelle che fanno capo a intermediari che stanno attraversando situazioni di difficoltà e possono trovarsi nella necessità di disfarsene rapidamente ammontano a circa 20 miliardi. Come abbiamo documentato, i valori ai quali i crediti in sofferenza sono iscritti nei bilanci sono in linea con i tassi di recupero effettivamente osservati negli ultimi dieci anni. Se fossero venduti ai prezzi molto bassi offerti dai pochi grandi operatori specializzati oggi presenti sul mercato, che ricercano tassi di profitto molto elevati, l’ammontare di rettifiche aggiuntive sarebbe dell’ordine di 10 miliardi.”
In principio, rammenta, Visco, quando il problema era ormai divenuto grave, la proposta di “un intervento dello Stato non appariva compatibile con le condizioni di finanza pubblica“. Tuttavia dal 2013, secondo Bankitalia tale intervento è anzi diventato possibile, ma è stato bocciato “dagli orientamenti in materia di aiuti di Stato assunti dalla Commissione Europea a metà del 2013”.
Visco, sostiene che la Banca d’Italia, oggi chiede alla Commissione Europea, di intervenire con soluzioni che favoriscano l’aiuto pubblico, perché lo stallo dell’incertezza “rallenta la definizione delle transazioni in corso, scoraggia quelle che potrebbero realizzarsi nei prossimi mesi”.
Risollevare il mercato del lavoro. Ricorda Visco, che “ È soprattutto nel mercato del lavoro che vediamo l’eredità più dolorosa della crisi”. Non va dimenticata la situazione dei Neet, la precarietà, ma anche il calo della popolazione: “Un aumento della partecipazione al mercato del lavoro e un inserimento efficace e razionale degli immigrati saranno elementi necessari per lo sviluppo futuro del Paese“. E’ necessario, che cresca la produttività, e per fare ciò, occorrono investimenti pubblici, serve investire nell’innovazione tecnologica, per evitare che il paese resti indietro e sia sempre meno competitivo. “Solo l’innovazione nella produzione di beni e servizi è in grado di assicurare allo stesso tempo aumento dei redditi e più elevata occupazione in quantità e qualità“.
No all’uscita dall’Eurozona. Visco ribadisce poi la posizione di sempre della Banca d’Italia: no a politiche antieuropee, “è un’illusione pensare che la soluzione dei problemi economici nazionali possa essere più facile fuori dall’Unione economica e monetaria”
Le possibili soluzioni per ridurre il debito. Secondo il Governatore, l’Italia può risolvere la questione del debito pubblico, ma deve agire, senza indugio, “nell’attuale fase di ripresa, pur moderata, è possibile intraprendere un processo di consolidamento duraturo attraverso politiche di bilancio prudenti, mirate non solo a ridurre il disavanzo, ma anche a rivedere le composizioni delle spese e delle entrate”. Politiche di bilancio adeguate, controllo continuo, riduzione dei costi, innovazione tecnologica, possono portare a un rapporto debito/Pil al di sotto del 100% in circa dieci anni, sostiene il governatore. Una previsione che tiene conto della crescita debole, che si manterrà, ritiene la Banca d’Italia, intorno all’1% annuo, e un’inflazione al 2%, purché ci sia un saldo primario in avanzo del 4% del Pil. “Non è un impegno da poco – riconosce Visco – ma non è al di fuori della nostra portata“.
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