Finanza
Gli italiani tornano a risparmiare ma non investono
Crisi geopolitica, crisi energetica, inflazione, modifica delle catene di fornitura, isolamento internazionale della Russia, raffreddamento dei rapporti politici tra occidente e Cina: sono gli elementi dello scenario cui le famiglie si trovano di fronte quando effettuano le proprie scelte finanziarie. Le difficoltà non sembrano tuttavia legate al reddito. La maggioranza delle persone coinvolte in un’accurata indagine svolta dal Centro Einaudi e Intesa Sanpaolo si dice infatti finanziariamente indipendente (il 93,3 percento).
Non solo, migliorano anche i giudizi circa la sufficienza del reddito a consentire un tenore di vita accettabile, sia al presente che al momento di accedere alla pensione: la valutazione passa nel primo caso dal 64,6% del 2021 al 68,1% del 2022, nel secondo dal 45,9% al 52,8%. Il 69% dei giovani rispondenti appare tranquillo sulla sufficienza del reddito tra dieci anni. La differenza di genere è però in questo caso piuttosto significativa (72% nel caso degli uomini, contro il 64% delle donne): un dato su cui probabilmente pesa la maggior precarietà del lavoro che le giovani donne subiscono rispetto ai coetanei maschi.
La ricerca analizza il rapporto degli italiani con la gestione delle proprie finanze e il risparmio, in un momento storico particolarmente complesso. Al questionario generale, somministrato tra marzo e aprile 2002 (oltre 1.000 interviste) sono affiancati due focus: il primo sugli imprenditori e il secondo sui giovani (in entrambi i casi circa 200 interviste).
I risultati sono stati presentati stamattina da Gian Maria Gros Pietro, presidente di Intesa Sanpaolo, Gregorio De Felice, chief economist della banca, Beppe Facchetti e Giuseppe Russo, presidente e direttore del Centro Einaudi.
«L’inflazione è una brutta bestia perché tutti gli operatori si aspettano che continuerà e quindi anticipano gli acquisti per non dover subire troppo l’aumento dei prezzi, ma così facendo provocano un’accelerazione dell’aumento dei prezzi. Per evitare questo le Banche centrali sono molto rigide ma bisogna fare attenzione a cercare un atterraggio morbido» ha detto a margine della presentazione Gian Maria Gros Pietro.
Gran parte degli intervistati vorrebbe risparmiare, ma non tutti ci riescono. L’indagine 2022 registra comunque un buon risultato: la percentuale dei risparmiatori si riporta verso i livelli pre-pandemia, attestandosi al 53,5% (55,1% nel 2019), in netto aumento rispetto al dato 2021, che vedeva i risparmiatori ridotti al 48,6% del totale. La quota varia però sensibilmente tra i diversi gruppi del campione. Riesce ad accantonare risorse il 68% dei laureati, contro meno del 50% di chi ha un’istruzione media inferiore. Risparmia il 69% di chi ha un reddito netto mensile maggiore di 2.500 euro, ma solo il 36% di chi non arriva ai 1.600 euro. Differenze analoghe emergono tra chi ha una casa di proprietà (risparmia il 60%) o in affitto (34%) e tra le famiglie con più redditi (69%) e quelle monoreddito (47%).
Un dato positivo, che emerge dalla fotografia del Centro Einaudi e di Intesa, è l’aumento dell’intensità di risparmio, ossia della percentuale di reddito che gli intervistati riescono ad accantonare. In media, il dato si attesta nel 2022 all’11,5%, in crescita rispetto al 10,9% del 2021 e non lontano dai livelli pre-pandemia (12,6%). Solo una quota minoritaria degli intervistati (17% del campione) dichiara di accantonare risorse avendo in mente uno scopo preciso (sono i cosiddetti risparmiatori “intenzionali”); il 30% circa lo fa invece per ragioni puramente precauzionali.
Il 38% del campione per uno spesa improvvisa di cinquemila euro ricorrerebbe appunto ai risparmi accumulati. Una quota minima. Al contrario, circa il 62% delle famiglie dovrebbe attivarsi con una nuova iniziativa, che va dal prestito bancario (nel 26% dei casi) al ricorso alla famiglia o agli amici (25%).
Quanto alla casa, l’indagine rileva una domanda dinamica trainata dal credito (+60% rispetto al 2007), con i prezzi che hanno recuperato il terreno perso (abitazioni nuove) o lo stanno recuperando (abitazioni esistenti) e le transazioni sui livelli pre-crisi immobiliare. Un aumento dei tassi potrà però penalizzare il settore, ma questo avverrebbe in un quadro di domanda vivace e offerta ancora compressa.
Per quanto riguarda la previdenza, gli intervistati appaiono relativamente sereni sul proprio tenore di vita quando raggiungeranno l’età anziana; il merito di tale serenità è in gran parte ascrivibile al sistema previdenziale pubblico. Tuttavia, solo il 26,6% ritiene che si debba alzare l’età di pensionamento se aumenta la vita attesa: molti accetterebbero una pensione inferiore in cambio della libertà di uscita. Cresce nel campione la quota di chi ha sottoscritto una forma pensionistica integrativa, pur mantenendosi su valori piuttosto bassi (17,6%, da 12,6% nel 2021); percentuali maggiori di adesione caratterizzano le fasce centrali di età (22,4% tra i 35-44enni e 23,1% tra i 45-54enni). Ancora limitata risulta la diffusione delle polizze long-term care (LTC), soprattutto tra i più giovani (10,4%). Bassa anche la presenza di assicurazioni per altre tipologie di rischio: ha una polizza sanitaria solo il 16,9% del campione, mentre la Responsabilità Civile (RC) personale o della famiglia copre rispettivamente poco più di un soggetto su 12 e su 10.
Se guardiamo agli investimenti, la sicurezza si conferma al primo posto per gli intervistati tra le caratteristiche degli investimenti: è l’aspetto da privilegiare per il 57% del campione. L’80,4% la colloca al primo o secondo posto tra gli elementi cui prestare attenzione nel decidere un investimento, seguita dalla liquidità (49,7%). Persiste la tendenza a tenere disponibilità liquide in eccesso per motivi precauzionali: l’improvvisa accelerazione dell’inflazione contribuisce tuttavia a ridurre il grado di soddisfazione associato alla detenzione della liquidità. Cresce il gradimento per il risparmio gestito: almeno un prodotto è presente nel 21% dei portafogli del campione, sia pure con una marcata differenziazione a livello territoriale. Si riduce invece la quota investita in obbligazioni (dal 29% al 23% dei portafogli), mentre resta contenuta (sebbene in leggera crescita) la percentuale degli investitori in azioni (4,8%). Da segnalare il crescente interesse verso gli investimenti alternativi (39% del campione), in particolare l’oro (24,8%) e i fondi etici-ESG (13% circa, che sale oltre il 22% tra i laureati).
Il focus sugli imprenditori fa emergere diversi segnali positivi. In risposta alla crisi, più del 35,7% ha innovato i propri prodotti; il 39,6% ha accelerato sul fronte della digitalizzazione; il 34,7% ha puntato sulla promozione online e il 23% sulle vendite online. Digitalizzazione e innovazione saranno gli assi portanti del rilancio, insieme alle relazioni di parternariato (33%) e agli investimenti nella formazione (31%).
Preoccupa invece la debolezza dei giovani sul fronte dell’alfabetizzazione finanziaria e assicurativa: solo il 2,3% si dichiara molto interessato ai temi dell’economia e della finanza. Il tempo medio dedicato all’informazione su questi argomenti è di 17 minuti alla settimana. «Le famiglie italiane tornano a risparmiare, è un dato positivo, così come il fatto che c’è una maggiore propensione a investire nel risparmio gestito – ha commentato Gregorio De Felice, capo economista di Intesa -. Il grande tema è quello di un’elevata liquidità tenuta dalle famiglie italiane ancora sui conti correnti. Forse non tutte le famiglie hanno compreso che con un tasso di inflazione del 10% avere soldi fermi e non investirli ha un inevitabile costo. Credo che il nostro Paese abbia ancora un problema di educazione finanziaria nonostante gli sforzi che il sistema bancario sta effettuando».
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