Finanza

Cosa sono i Pir e a chi conviene investirci?

26 Giugno 2017

Tutti pazzi per i Pir. I Piani Individuali di Risparmio sono una delle grandi novità della legge di bilancio 2017, una nuova forma di investimento con un duplice e ambizioso obiettivo: sostenere l’economia reale italiana, in particolare le Pmi, in modo stabile e duraturo, e favorire il risparmio dei piccoli investitori grazie all’esenzione dalla tassazione dei redditi di natura finanziaria generati dagli investimenti effettuati nei Pir (capital gain, dividendi, successione), a condizione che siano detenuti per almeno cinque anni.

Una formula dedicata alle persone fisiche: sono infatti escluse le partite Iva e un Pir può essere detenuto da un solo soggetto, che allo stesso tempo non potrà detenerne più di uno e nemmeno cointestarlo, ad esempio, col coniuge. Uno strumento che all’estero esiste con successo da anni e che in pochi mesi ha registrato un vero e proprio boom anche in Italia, tanto che l’indice Aim di Borsa Italiana, quello dedicato proprio alle piccole e medie imprese, è cresciuto del 29,22% da dicembre 2016 ad oggi: quasi il triplo del Ftse Mib.

Il segreto del successo dei Pir, che hanno un limite di investimento di 30mila euro l’anno a persona e di 150mila euro complessivi in cinque anni, è nello sconto fiscale (l’imposta è del 26% per azioni e bond, del 12,5% per i titoli di Stato) ma non solo. Anche sul fronte dei costi, la maggior parte degli operatori sul mercato si è orientata su livelli mediamente inferiori rispetto a prodotti simili per profilo di rischio proprio in considerazione della grande opportunità che quest’innovazione rappresenta per il sistema Italia apportando benefici a tutti gli attori coinvolti: risparmiatori, imprese italiane e sistema finanziario.

I primi fondi Pir disponibili sul mercato italiano sono quelli di Eurizon lanciati a fine febbraio. La società di gestione del gruppo Intesa Sanpaolo ha scelto di rispondere alle diverse esigenze della clientela proponendo tre fondi comuni, differenziati per profilo di rischio (conservativo, moderato e dinamico) e per peso azionario crescente: Eurizon Progetto Italia 20, Progetto Italia 40 e Progetto Italia 70.

“La più elevata rischiosità della componente azionaria – spiega Francesco De Astis, Responsabile Italian Equity di Eurizon – va ricondotta alla maggiore volatilità di quest’ultima rispetto alla componente bond. La volatilità è infatti la misura del rischio di un investimento”. I clienti Eurizon che hanno scelto finora i prodotti Pir hanno investito mediamente 10.000 euro ciascuno. Alla raccolta proveniente dai clienti retail si sono aggiunti i mandati ricevuti da clientela istituzionale (per le soluzioni d’investimento con beneficio fiscale destinate a enti previdenziali) apportando complessivamente flussi netti sui portafogli Pir compliant per 800 milioni di euro, stando ai dati di inizio maggio. “Le stime iniziali elaborate dal governo devono già essere riviste al rialzo – aggiunge De Astis -. Nuova liquidità sta affluendo alle aziende italiane e questo si tradurrà a breve in una minore dipendenza dal credito bancario”.


Francesco De Astis, Responsabile Italian Equity di Eurizon

Già, perché le grandi beneficiarie di questa novità sono le aziende italiane e soprattutto le Pmi: la legge prevede un limite minimo di investimento del 70% in strumenti finanziari emessi da imprese residenti o con stabile organizzazione in Italia e un minimo del 21% in strumenti di imprese al di fuori del Ftse Mib, quindi fondamentalmente in Pmi italiane. La norma è stata dunque interpretata restrittivamente, secondo il gestore di Eurizon: “Mancando una chiara interpretazione del concetto di stabile organizzazione si fa ricorso a quella più restrittiva, per cui si considerano investibili ai fini Pir soltanto le azioni emesse da società domiciliate fiscalmente in Italia non appartenenti al settore immobiliare. Cosa diversa è stata l’esperienza ad esempio francese che dopo aver introdotto nel 1993 dei prodotti analoghi li ha poi estesi ai titoli europei”.

Investire molto nelle Pmi, che sono solitamente le realtà più fragili del sistema industriale, non può però costituire la vera insidia di questo nuovo strumento? “La maggiore rischiosità degli strumenti finanziari emessi da queste aziende – commenta De Astis – va attribuita principalmente alla minore liquidità di tali strumenti rispetto a quelli emessi da società di più grandi dimensioni ed è proprio su questo punto che i Pir dovrebbero dare il loro contributo positivo, grazie alla maggiore liquidità canalizzata sulle Mid e Small caps”.

I Pir sono uno strumento già rodato all’estero (in particolare in Francia con i plan d’épargne en actions e in Uk con gli individual savings accounts), e ora sono pronti a dare un nuovo impulso all’economia italiana. “Avendo come obiettivo quello di indirizzare il denaro dei risparmiatori verso le imprese italiane, rappresentano un stimolo all’accesso delle nostre aziende al mercato dei capitali. Questo può contribuire a dare maggiore peso al nostro mercato azionario, diventato nel corso degli anni sempre più piccolo e meno rappresentativo della nostra economia: la capitalizzazione della Borsa italiana infatti è solo il 30% del Pil domestico contro il 50% in Germania e il 150% in Usa”.

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