Finanza

Consob e trasparenza sui rischi: una strada sempre in salita

13 Maggio 2016

La relazione annuale per il 2015 della CONSOB (ovvero l’ Authority che dovrebbe vigilare sulla tutela dei risparmi) tenuta, come da tradizione dal Presidente Giuseppe Vegas, non ha soddisfatto coloro che si attendevano risposte e soluzioni concrete dopo i recenti gravi casi di patologia finanziaria che hanno visto coinvolti decine di migliaia di risparmiatori.

Proprio il tema più atteso, relativo ai motivi che hanno portato alle gravi perdite connessi ai bond subordinati delle quattro banche poste in risoluzione per effetto della direttiva BRDD, è stato solo marginalmente affrontato per confermare una sostanziale (auto)assoluzione sull’operato della vigilanza.

Se, secondo Vegas, da un lato i prospetti dei bond subordinati fornivano massima evidenza di tutti i fattori di rischio di quei prodotti, la protezione non avrebbe funzionato (con un chiarimento fornito tuttavia il giorno successivo 10 maggio a mezzo Comunicato Stampa) perchè le informazioni contenute nei prospetti potrebbero “non essere state correttamente trasferite dalle banche alla clientela”. In tal senso l’Authority avrebbe avviato accertamenti sulla condotta degli intermediari.
Peccato che Consob decise di intervenire con una Comunicazione del 24 novembre 2015 già trascorsi 2 giorni dal provvedimento che già aveva azzerato i titoli, per chiedere agli emittenti di mettere nei prospetti dei bond in collocamento informazioni sulla disciplina del ”bail-in”.
Una prima domanda sorge spontanea: per quale motivo la Consob non si è mossa a giugno 2014 ovvero quando la direttiva BRDD sul “bail-in” è stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea? Per inciso la Comunicazione della Commissione Europea sul settore bancario risale addirittura al 1° agosto 2013.
Inoltre, come da copione perché ormai è una classica “way out”, sono stati tirati in ballo i “limiti” della disciplina comunitaria in materia di prospetti. Eppure il prospetto del legislatore “comunitario” è quello definito dalle Authority dei vari Paesi Europei, quindi anche la Consob italiana. Il proporre ora ben tre consultazioni sul tema appare francamente tardivo, quanto piuttosto una mossa di immagine per dimostrare un attivismo che potrebbe essere gradito ai soggetti che tuttavia non conoscono la storia precedente.
Come noto nei prospetti attuali già ci sono ampie sezioni sui fattori di rischio finanziario. Vero è che i prospetti sono una sorta di “testo unico dei rischi finanziari” che si somigliano e dove si trovano lunghi e complicati elenchi che fanno riferimento alla genericità degli strumenti finanziari, mentre poco si dice del rischio specifico relativo alla singola controparte e singola emissione. Ma questo limite è noto ed è stato segnalato/criticato da anni.
Che poi Consob abbia fatto inserire l’avvertenza che “l’investitore avrebbe potuto perdere l’intero capitale investito” non solo è priva di pregio tecnico, ma non offre all’investitore alcuna indicazione sulle reali possibilità connesse ad un evento così catastrofico per le sue finanze e quindi rimane priva di deterrente. Un po’ come “il fumo nuove gravemente alla salute”: non impedisce la vendita delle sigarette.
Nel secondo documento messo in consultazione dalla Consob si raccomanda di fornire agli investitori delle informazioni-chiave sul prodotto mediante “scheda-prodotto”, “da consegnare alla clientela prima della conclusione dell’operazione di acquisto, con acquisizione dell’attestazione di avvenuta consegna”.
Anche questa non è una novità.
CONSOB non ricorda che con una propria Comunicazione (n. 9019104 del 2 marzo 2009) aveva raccomandato agli intermediari-distributori di utilizzare una “scheda-prodotto” per rendere trasparenti i rischi e i rendimenti potenziali dei prodotti illiquidi, categoria che include le obbligazioni subordinate che sono state vendute dalle 4 banche salvate lo scorso novembre.
Come mai questa amnesia? Bisogna conoscerne un po’ la storia.
Quella Comunicazione fu il frutto, quasi sofferto, di una vera battaglia a suon di consultazioni tra chi chiedeva trasparenza (come le associazioni dei consulenti indipendenti, dei consumatori e risparmiatori) e chi predicava “snellezza” nell’operatività di collocamento (ABI ed intermediari in genere interessati alla massima diffusione dei prodotti).
Insomma in parole semplici una comunicazione “scomoda” e quindi da “dimenticare” velocemente.
Peraltro nel caso delle 4 banche non vi erano indicazioni specifiche ed evidenziate degli enormi rischi di credito/controparte. Sarebbe bastata l’indicazione della probabilità implicita di default a 5 e/o 10 anni e gli scenari di probabilità, il tutto in un paio di facciate. (Per la cronaca: il prospetto della Banca Popolare di vicenza è di 715 pagine per un valore del titolo di 0,10€).
Quella Comunicazione, pietra miliare della trasparenza che poneva l’Italia all’avanguardia in Europa (una volta tanto!) non piaceva alle banche, non piaceva all’ABI e i fatti hanno poi rapidamente dimostrato non piacesse neanche a Vegas. Infatti al paragrafo 1.5 raccomandava l’inserimento nella “scheda-prodotto” degli “scenari probabilistici”, cioè di una tabellina che illustra i rischi del prodotto dicendo con quale probabilità e di quanto quell’investimento può farti guadagnare soldi o farteli perdere.
Dal suo arrivo in Consob nel 2011, il neo-Presidente Vegas ha omesso di vigilare sulla presenza degli scenari di probabilità nelle schede-prodotto dei prodotti illiquidi, comprese le obbligazioni subordinate di Banca Marche, Banca Etruria, CariChieti e CariFerrara.
Una ritrosia la cui spiegazione è molto semplice: un investitore leggendo questi prospetti capirebbe facilmente quali sono i rischi del prodotto finanziario che sta acquistando: infatti avrebbe una informazione essenziale, peraltro già nota alla sua controparte, ovvero quali sono le probabilità di guadagnare o perdere. Insomma capirebbe rapidamente come stanno le cose, senza bisogno di «avvertenze» diluite in centinaia di pagine. Con Vegas, successore di Cardia, non solo gli scenari di probabilità sono scomparsi, ma anche la scheda-prodotto è stata pensionata: per le obbligazioni emesse dalle 4 banche salvate a novembre 2015 non se ne trova una.
Preoccupa osservare che nel documento attualmente in consultazione sulle informazioni-chiave da rendere agli investitori tramite la scheda-prodotto non c’è riferimento agli scenari di probabilità. E’ così “sconveniente” affermare a chiare lettere che è necessaria una tabellina con le probabilità? Il 10 maggio il Sole24Ore ha piazzato in prima pagina un pezzo intitolato “Il «bugiardino» trasparente per informare chi investe” e nella grafica di pagina 1 e pagina 7 ha messo anche gli scenari di probabilità indicando quale fonte la Consob. Non è però quello che si legge nel documento di consultazione.
Altro tema “dimenticato “ concerne le profilazioni della Clientela che per lo stesso Ministro Padoan sono stati l’origine del problema delle quattro banche.

Due osservazioni in merito sono doverose. Vero anzi verissimo è che i questionari di profilazione, ovvero l’anamnesi che un medico- consulente dovrebbe fare al proprio paziente- investitore, qualora fatti dalle banche, sono troppo spesso incoerenti, incompleti, atecnici, suggestivi delle risposte da fornire, autovalutativi e persino fuorvianti quando inesatti al punto di sfociare talvolta nel ridicolo. Lo rileviamo nel lavoro di tutti i giorni come consulenti indipendenti e consulenti del Tribunale in ambito bancario e finanziario e se ne stanno accorgendo i risparmiatori una volta suggerito loro di rileggerli con più attenzione.
Tuttavia è altrettanto vero che questo modo di profilare è noto ed è stato segnalato fin dal recepimento della MIFID (2008).
Padoan dovrebbe saperlo, ancor di più la CONSOB: eppure poco o nulla è stato fatto. Quali e quante sanzioni sono state comminate in merito di fronte a decine di migliaia di questionari quanto meno da rifare?
Infine l’incoerenza dei questionari è una concausa non una causa: a monte infatti sono stati tolti tutti i semafori che si dovevano mettere in evidenza nei prospetti per far comprendere con chiarezza agli investitori i rischi e quindi assumere decisioni informate e consapevoli. Insomma la strada verso una efficace trasparenza sui rischi dei prodotti finanziari rimane ancora molto in salita.

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