Finanza
La solidità delle banche è questione di “governance”
L’Italia ha bisogno di banche sane e ben governate per affrontare e vincere la sfida della ripresa economica. Le banche hanno bisogno di investitori che credano nell’Italia in una prospettiva di medio termine. L’affidabilità delle une e degli altri non può che passare da una crescente trasparenza reciproca, da uomini e donne con una visione del futuro e con le competenze e le capacità per realizzarla.
L’Osservatorio Effective Governance Outlook (EGO n.3) di Nedcommunity, l’associazione italiana degli amministratori indipendenti, fotografa i principali cambiamenti intervenuti nei board delle banche quotate. L’Italia ha oggi 20 banche sull’MTA (1 in meno dell’anno scorso per la fusione del Credito Bergamasco con il Banco Popolare), con una capitalizzazione complessiva di € 105 miliardi. La borsa di Londra, per un confronto, ne conta 41 sul mercato principale, per un valore complessivo di circa 670 miliardi di sterline (circa 845 milioni di euro). La proprietà delle banche italiane continua ad essere molto concentrata: quasi la metà ha un azionista rilevante che pesa per oltre il 50% del capitale.
Le dimensioni dei consigli di amministrazione restano elevate e persino in leggero aumento. Se la media è di 16 consiglieri, le 3 banche con il dualistico vanno da un minimo di 23 ad un massimo di 32 complessivi. Quelle con il sistema tradizionale rispettano in media la “soglia” di 15 fissata dalla Banca d’Italia, pur con una punta di 24 che richiederà una revisione non di poco conto e altre 3 banche con consigli sopra la soglia. La presenza delle donne è notevolmente cresciuta: in 11 banche siedono in consiglio almeno 3 donne. Il cambiamento è più lento nei collegi sindacali: vi sono ancora 11 banche su 18 i cui collegi sono composti da soli uomini.
Gli amministratori indipendenti – portatori, secondo la normativa bancaria e le buone prassi, di competenze esterne e di professionalità rilevanti – rappresentano una quota compresa tra un minimo del 25 ed un massimo del 53% del totale. In diversi casi, si disattende però il principio del Codice di autodisciplina che suggerisce la decadenza del requisito passati 9 anni dalla nomina. La complessità dell’incarico e le crescenti responsabilità, ma anche il divieto di interlocking, sembrano aver portato ad una redistribuzione del numero di incarichi: si sono verificati da un lato un lieve aumento del numero medio di altri incarichi ricoperti (da 3,1 a 3,3), pur con punte di 18, dall’altro una notevole riduzione del numero medio per banca (da 4,4 a 3,3) di consiglieri che ricoprono almeno altri 5 incarichi.
Ma quali competenze esprimono gli amministratori delle banche? In media il 53% è laureato in materie economiche; il 19% in giurisprudenza; il 15% in altre materie non collegate all’ambito bancario (tra queste, lettere moderne, storia, medicina, scienze agrarie, pedagogia). 7 hanno conseguito la laurea all’estero. Solo Unicredit ha però il 100% di laureati. Quanto all’esperienza professionale, ben il 29% dei membri del CdA e del Collegio Sindacale svolge la professione di dottore commercialista; manager e presidenti di altre aziende rappresentano il 23% degli amministratori; i professori universitari sono solo l’11%, come peraltro gli avvocati. Dirigenti o ex dirigenti di banca e coloro che hanno maturato molti anni di esperienza nel settore sono solo il 4%, mentre i banchieri veri e propri sono 5. In consiglio compaiono però anche altre figure professionali, come magistrati, geologi, medici, costruttori e giornalisti.
Possiamo dirci soddisfatti? Trasparenza della governance, indipendenza e competenze dei board sono aree su cui le banche hanno lavorato molto e continuano a farlo. Ora occorre attivare tutto questo, per stimolare quel sano processo di innovazione strategica, di business e di processo, che dovrà garantire la tenuta del sistema e la sua capacità di essere forza trainante per l’uscita dalla crisi.
* Articolo scritto a quattro mani da Paola Schwizer e Maria Luisa Di Battista, rispettivamente presidente e responsabile dell’Osservatorio di Nedcommunity
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