Finanza
Che cosa vuol fare il Governo Lega-M5S per tutelare il risparmio?
I provvedimenti proposti dalla Commissione d’inchiesta sulle banche per tutelare il risparmio, in accordo al dettato costituzionale, sono diversi. Ne elenchiamo alcuni:
- informazione più semplice e trasparente da parte degli operatori del mercato finanziario;
- re-introduzione dell’obbligo degli scenari probabilistici nei prospetti informativi di emissione dei prodotti finanziari (nella normativa nazionale e stimolo al riconoscimento anche a livello europeo);
- attuazione del terzo pilastro dell’Unione Bancaria. L’Unione Bancaria si basa su tre pilastri: il Meccanismo di Vigilanza Unico (SSM) entrato in vigore nel 2013 e operativo da novembre 2014, il Meccanismo Unico di Risoluzione delle Crisi (SRM), entrato in vigore nel 2016, e il Fondo Unico di Risoluzione (SRF) che, dopo una fase transitoria, potrà (forse…) andare a regime dal 2025. Gli stati dovranno quindi dare vita ad un fondo “salva-banche” unico, finanziato mediante prelievi sulle banche che inizialmente saranno gestiti a livello nazionale, poi confluiranno gradualmente in un unico fondo europeo. L’European Deposit Insurance Scheme (EDIS) si affiancherà ai sistemi nazionali di garanzia dei depositi (DGS), garantendo un livello più elevato di tutele patrimoniali a fronte dell’emersione di rischi di default per gli enti creditizi europei. E’ evidente che si tratti di un tassello necessario all’intera riforma, che colma l’asimmetria attuale rappresentata dalla contemporanea esistenza di meccanismi unici di vigilanza e risoluzione a livello di Unione, da un lato, e di schemi di garanzia dei depositi esclusivamente nazionali, dall’altro. In tre fasi successive, l’EDIS opererà prima come schema di riassicurazione dei DGS nazionali, e solo per le risoluzioni degli enti significativi, soggetti alla diretta supervisione della BCE; nella seconda fase, come co-assicuratore dei fondi nazionali, fornendo risorse a copertura degli esborsi da parte dei DGS nazionali in misura di anno in anno crescente, sino all’80% delle risorse da fornire/effettivamente fornite in caso di risoluzione di un ente creditizio o di liquidity shortfall; nell’ultima fase, coprirà anche le risoluzioni che abbiano un rilievo esclusivamente nazionale, riguardanti la risoluzione di banche non significant. Il ritardo programmato alla sua attuazione nasconde l’ostilità di alcuni paesi (tra cui la Germania) alla ripartizione comune, a livello europeo, delle perdite del sistema;
- istituzione di una agenzia di rating europea, sotto l’egida della Commissione Europea (quindi organismo sostanzialmente pubblico), per garantire che l’informazione price sensitivesia indipendente e corretta; requisiti questi che le attuali tre sorelle (le agenzie di rating internazionali Moody’s, S&Poor’s e Fitch) non sembrerebbero essere state in grado di garantire;
- potenziamento dell’informativa obbligatoria da parte di banche e altri intermediari finanziari.
Rientrano nello stesso ambito anche le molte proposte di riforma del diritto penale e di presidio normativo del settore bancario-finanziario.
Tra queste spicca la proposta del M5s di eliminazione della prescrizione per i reati finanziari (sia in ambito penale che civile).
Ecco alcune delle proposte per il rafforzamento di strumenti, risorse e competenze dell’AG:
- la necessaria contestualità dell’azione dell’AG e delle autorità di controllo;
- il doppio binario sanzionatorio (penale/amministrativo) sul market abuse, con una norma che preveda un meccanismo di unificazione tra procedimenti sanzionatori, prevedendo una stretta connessione, sostanziale e temporale;
- la creazione di fattispecie penali che consentano di sanzionare condotte di gestione fraudolenta e di truffa di mercato anche in assenza di dichiarazione di insolvenza-fallimento delle banche, quindi anche per banche in bonis; stessa proposta è stata avanzata per la violazione delle norme che regolano la verifica preventiva, da parte delle banche affidatarie, della solvibilità e affidabilità del soggetto finanziato;
- una disciplina ad hoc per la class action di risparmiatori danneggiati nei confronti della banca o dei suoi vertici;
- la creazione di una nuova fattispecie penale per sanzionare le famigerate operazioni baciate;
- l’accentramento nel tribunale capoluogo di distretto dell’azione penale per reati finanziari, fino alla istituzione della procura unica nazionale per favorire specializzazione, sviluppo, condivisione informazioni e coordinamento: condivisione auspicata da tutte le relazioni, meno condivisa invece che lo strumento dell’accentramento dell’azione penale sia la soluzione per ottenerla.
Da ultimo, più in generale, in tema di regolamentazione europea del sistema finanziario, da parte della ex minoranza M5s emerge l’opposizione netta al principio one size fits all: degne di nota sia la proposta di non applicazione o di applicazione attenuata (seguendo peraltro la prassi di altri paesi europei, come Germania, Irlanda, UK, Paesi Bassi, ecc.)della CRD IV alle banche di credito cooperativo, sia la proposta di intervenire sulla legge 180/2015 in tema di risoluzione delle crisi bancarie, perché la disciplina in tema di divieti alla nazionalizzazione delle banche in crisi, sia più articolata e consenta l’adattamento a situazioni specifiche.
In merito al primo punto, si tratta di un orientamento contrario alla riforma in atto (legge 49 del 2016) che, sull’onda della discutibile legge 33/2015 del governo Renzi, che ha imposto l’obbligo di trasformazione in spa delle banche popolari maggiori, punta alla concentrazione in 2-3 istituti centrali (al momento ICCREA Holding spa, Cassa Centrale Banca spa e, a valenza regionale, la Reiffeisen Cassa Centrale Bolzano spa) delle banche di credito cooperativo italiane, consegnandole nei fatti alla vigilanza unica europea.
Il Governo in carica si è già pronunciato per il blocco o almeno la moratoria di 18 mesi della riforma. Alcuni dei protagonisti (le banche cooperative e le casse rurali aderenti al Gruppo Bancario Cooperativo Cassa Centrale Banca) hanno risposto con un manifesto di entusiastica difesa della riforma (“Il futuro non si arresta ma si governa”).
Quali i vantaggi della riforma? La concentrazione porterebbe, secondo i suoi sostenitori, vantaggi competitivi e maggiore efficienza: razionalizzazione della presenza territoriale (eliminando le sovrapposizioni tra banche), riduzione dei costi associativi e tagli nelle strutture centrali, sistemi informativi accentrati e più evoluti, migliore coordinamento e qualità dei servizi forniti alle affiliate.
I critici evidenziano: la perdita di diversità del sistema, sia in termini di “specie” che di categoria dimensionale, anche perché le evidenze empiriche non hanno mai supportato la superiorità di una forma proprietaria o di una classe dimensionale nel fare banca, mentre hanno dimostrato che la diversità del sistema è garanzia di sua stabilità; la minore attenzione al territorio e l’annacquamento del fine mutualistico; la penalizzazione del credito alle imprese, soprattutto quelle di taglia inferiore, e la sottomissione alle regole indifferenziate della vigilanza europea.
Conclusioni
Quindi, molte le aree di intervento, molte le proposte praticabili, alcune a costo zero. In generale, l’approccio che sembra emergere, soprattutto in capo alle proposte più innovative e coraggiose, è quello di ri-appropriazione da parte dello Stato (per il tramite delle autorità via via deputate) del ruolo di protagonista nella regolazione del sistema finanziario e di maggiore interventismo nel risolvere malfunzionamenti e conflitti che il mercato, lasciato da solo, genera e non è in grado di auto-risolvere. In entrambi i casi, si tratta di un’inversione di passo che non sarà facile imporre in Europa.
La sintesi qui prodotta rappresenta una sorta di sfida al Governo e al Parlamento in carica perché intervengano al più presto, peraltro realizzando interventi da loro stessi proposti quando erano minoranza e su alcuni dei quali in commissione si era registrato un largo consenso.
Quindi, parafrasando Franklin, perché rimandare, se il tempo non lo farà?
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