Finanza
Bce tranchant: fusione Bpm-Banco solo con aumento immediato da 1,5 miliardi
«Il sacrosanto diritto di sapere cosa sta realmente accadendo» nelle trattative per la fusione con il Banco Popolare è stato rivendicato oggi dai sindacati della Banca Popolare di Milano con comunicato unitario dal titolo piuttosto beffardo («Poltrone e sofà»). Anche gli investitori istituzionali, che fra Bpm e Banco sono tanti, stanno cominciando a sollecitare parole chiare sulla vicenda, mentre a Piazza Affari l’andamento dei due titoli ha iniziato a divergere. Dopo l’incontro di mercoledì 9 marzo con i vertici della Vigilanza Bce, però, i protagonisti dell’operazione hanno scelto di tacere e prendere tempo per studiare le prossime mosse.
Il problema è che trovare le parole per dirlo non è semplice, né per Giuseppe Castagna, 57 anni, consigliere delegato della Bpm, né per Pier Francesco Saviotti, 74 anni, amministratore delegato del Banco Popolare. Stando a quanto riferito da fonti vicine al dossier, infatti, la posizione sostanziale della Vigilanza bancaria europea guidata da Danièle Nouy è tranchant: l’autorizzazione all’operazione è condizionata a un aumento di capitale da 1,5 miliardi di euro da realizzare contestualmente alla fusione. Un esito che Castagna e Saviotti hanno cercato fino all’ultimo di evitare, e che segnerebbe la fine delle nozze bancarie caparbiamente inseguite fin qui.
Ma la Vigilanza non vuole correre rischi essendo questa la prima fusione a passare sotto il giudizio di Francoforte. Perciò ha chiesto che la nuova entità venda in tempi brevi parte dei circa 8 miliardi e – poiché si presume che queste cessioni faranno emergere delle perdite – rafforzi il patrimonio da subito.
Il Banco non ha fornito commenti, mentre il portavoce della banca milanese, interpellato da Stati Generali, ha smentito seccamente la notizia. Una comunicazione formale e definitiva arriverà comunque nei prossimi giorni. Il mercato ha però già fiutato qualcosa: in Borsa le strade delle due banche hanno iniziato infatti a separarsi, dopo aver viaggiato in parallelo da inizio anno. Come di vede dal grafico (fonte: Borsa Italiana), le quotazioni relative di Bpm [in nero] e quelle del Banco [in rosso] divergono dal 9 marzo, giorno del confronto a Francoforte. La prospettiva di un mancata aggregazione ha fatto riguadagnare terreno al titolo Bpm: l’operazione è infatti ritenuta penalizzante per gli azionisti della banca milanese. In un recente incontro con Castagna, del resto, alcuni investitori istituzionali avevano fatto notare che, senza l’ipotesi Banco, il titolo Bpm sarebbe risalito sopra quota 1 euro, mentre alla chiusura di venerdì 11 era a 73 cent per azione, avendo peraltro beneficiato del rimbalzo generale innescato dal nuovo QE annunciato dalla Bce.
I titoli a Piazza Affari
Al termine del consiglio di gestione di giovedì scorso, i vertici operativi di Bpm hanno promesso una linea chiara prima del 30 aprile, data in cui è convocata l’assemblea ordinaria dei soci per la presentazione del bilancio e l’elezione del nuovo consiglio di sorveglianza. In tale occasione, e fino a quando la Bpm non si trasformerà da cooperativa in società per azioni – cosa che per legge deve avvenire entro il 12 dicembre –, si voterà ancora con il sistema del voto capitario (una testa, un voto). Si presume dunque che i soci-dipendenti avranno un peso rilevante.
Per Castagna l’assemblea non sarà un passaggio facile. Da un lato, i sindacati e soci-dipendenti hanno sollevato dubbi sulla bontà dell’operazione per Bpm, dubbi che peraltro non sono estranei nemmeno ai puri investitori di capitale. E hanno manifestato «apertamente il timore che non si stia lavorando per il bene collettivo». La fusione renderebbe necessari pesanti tagli – 2.700 unità secondo quanto previsto nel piano presentato dai vertici in Bce, ma almeno mille in più secondo stime attribuiti alla Bce – e si pensa che porterebbe nel volgere di poco tempo alla cancellazione del quartier generale e dei centri direzionali di Milano a favore di una concentrazione a Verona, dove ha sede il Banco Popolare.
Inoltre, sembra che il presidente del consiglio di sorveglianza Bpm, Piero Giarda, abbia fatto sapere di non volere firmare la tradizionale lettera ai soci che accompagna il bilancio. Un segnale muto e nello stesso tempo assordante della spaccatura che si è determinata fra il consiglio di sorveglianza, che è diretta emanazione dei soci, mentre il consiglio di gestione, incluso il consigliere delegato Castagna, sono nominati dal primo. Il fatto sarebbe del tutto inusuale: non è mai successo che nella lettera ai soci mancasse la firma del presidente del consiglio di sorveglianza, essendo peraltro riservata allo stesso consiglio la competenza relativa all’approvazione del bilancio (l’assemblea decide invece sulla destinazione dell’utile). Al momento, non è chiaro se il tentativo di salvare le apparenze darà qualche frutto, o se invece la lettera ai soci recherà solamente le firme di Castagna e del presidente del consiglio di gestione Mario Anolli.
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Nella foto di copertina, Danièle Nouy, presidente del consiglio di vigilanza della Bce
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