Autorità indipendenti
Bankitalia, il tardo-grillismo di Renzi obbliga tutti a difendere Visco
Il mandato di Ignazio Visco volge al termine, non senza ombre ed errori. Che la azione di vigilante dell’istituzione da lui guidata sia stata ora tardiva, ora debole, è un sospetto quantomeno legittimo, anche a giudicare le dimensioni quasi sistemiche assunte dalla crisi di quattro banche regionale medio piccole. Controllare prima – ed è uno dei compiti di Bankitalia – avrebbe evitato l’allargamento della cancrena, la pena di molti risparmiatori, e l’allargarsi di un’ennesima macchia sulla classe dirigente italiana politica e non.
Mettere in discussione dunque quell’operato non sarebbe stato scandaloso, a patto di farlo nei modi giusti, con la prudenza istituzionale che la questione meritava, con il rispetto per un’istituzione terza, e che tale deve rimanere, rispetto al potere politico.
Esattamente quel che è mancato a Matteo Renzi e al suo partito – nel senso che è di lui, e non lui del partito – nell’affrontare la vicenda. La legge vigente prevede che a nominare (e revocare) il governatore sia un decreto del presidente della Repubblica, su proposta del Presidente del Consiglio approvata dai ministri, dopo aver sentito il direttorio di Bankitalia stessa. Una costruzione istituzionale molto articolata, proprio per proteggere l’indipendenza di una figura di garanzia che dev’essere terza e indipendente. Che non deve temere la politica, e anzi che non deve guardare in faccia a nessuno per tutela il risparmio e l’equilibrio economico: che dev’essere severa e imparziale, anche (o tanto più) se a combinare guai sono i politici (o i loro famigli).
In questo quadro, Renzi, apertamente e volutamente, ha rotto gli equilibri di e tra poteri, per intestare al Pd – cioè a se stesso – la richiesta di non confermare Visco, coi toni espliciti della cacciata: forse per poter spendere in campagna elettorale almeno un tentativo di rimozione, poi bloccato dalla “vecchia politica”. La prima mozione parlamentare del Pd – da presentare in un parlamento che come detto sopra non ha alcuna competenza sul punto – andava appunto in questa direzione; con la mediazione di Gentiloni (e nella distanza siderale e gelida rispetto al Presidente Mattarella) si è arrivati poi a un compromesso. Renzi lascia comunque intendere che se conferma di Visco sarà, non sarà roba sua, e nessuno deve dire che è stato lui a volerla. La mossa – pachidermica – consente di dire, ai grillini, che loro hanno posto il problema Visco per tempo e nessuno li ha ascoltati, rivendicando una primazia che efffettivamente hanno. Permette a Brunetta – lui – di ergersi a tutore dell’ordine istituzionale e del rispetto delle regole. Impone a Mattarella la durezza necessaria quando ci si comporta di fronte alla divisione dei poteri come se si fosse in una sparatoria al saloon. E consente, infine, a Ignazio Visco di ricordare che lui è ovviamente disponibile ad essere ascoltato dalla commissione d’inchiesta della parlamento, dove si presenterà con tutti i documenti a sua disposizione. Sarà difficile, vero o no che sia, spiegare a un’opinione pubblica sempre più umorale che la forzatura renziana non è stata fatta per paura che da quelle carte emergesse qualcosa di fastidioso per il partito di Renzi e dei suoi commilitoni toscani. E così, dopo scandali bancari e crack assortiti, oggi ci troviamo circondati da proclami istituzionali e solenni articolesse che difendono Visco a spada tratta.
Niente da dire, dunque: davvero un capolavoro.
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