Finanza

Cosa è successo sulle banche venete

26 Giugno 2017

Nella notte fra domenica 25 e lunedì 26 giugno la Banca Popolare di Vicenza e Veneto Banca, già da anni in crisi, sono state poste per decreto in liquidazione coatta amministrativa, la procedura fallimentare prevista dalla legge italiana per gli istituti di credito in dissesto.

L’intervento del Governo avviene in conseguenza alla decisione della Banca centrale europea del 23 giugno 2017 di dichiarare le due banche venete «in dissesto o a rischio di dissesto» e alla contestuale decisione del Comitato di risoluzione unico europeo (Single Resolution Board, SRB), secondo cui non vi sono le condizioni per un’azione di risoluzione secondo le norme UE – ovvero per un’applicazione delle procedure di bail in, che avrebbe colpito anche gli obbligazionisti senior e i depositi oltre 100mila euro.

Le banche sono state quindi messe in liquidazione in base alle procedure di insolvenza italiane, mentre la parte “buona” della massa in liquidazione è stata ceduta a Intesa Sanpaolo, che è subentrata nei rapporti esistenti con la clientela senza soluzione di continuità. Le filiali di Veneto Banca e BPVI hanno quindi continuato ad operare, ma sotto la responsabilità e in quanto parte del gruppo Intesa Sanpaolo.

L’operazione ha ricevuto l’approvazione delle competenti autorità europee, e in particolare della Commissione europea per gli aspetti relativi alle norme sugli aiuti di stato.

I tre commissari liquidatori nominati dalla Banca d’Italia per ciascuna delle due banche venete hanno quindi firmato i contratti di cessione a Intesa Sanpaolo, al prezzo simbolico di un euro, di un insieme di attività e passività facenti capo alle due banche fallite, accompagnate da un contributo pubblico di 4,7 miliardi di euro, di cui 3,5 miliardi a titolo di copertura dell’impatto sui coefficienti patrimoniali di Intesa Sanpaolo e 1,285 miliardi a copertura degli oneri di ristrutturazione (chiusura di 600 filiali su un totale di 900 ed esodo incentivato di circa 3.900 ex dipendenti delle due banche liquidate).

L’operazione viene meno nel caso in cui il decreto non venga convertito in legge dal Parlamento ovvero nel caso venga convertito «con modifiche e/o integrazioni tali da rendere più onerosa per Intesa Sanpaolo».

Il perimetro oggetto di cessione a Intesa Sanpaolo include:

  • crediti in bonis diversi da quelli ad alto rischio per circa 26,1 miliardi di euro,
  • attività finanziarie per circa 8,9 miliardi di euro,
  • attività fiscali per circa 1,9 miliardi di euro,
  • debiti verso clientela per circa 25,8 miliardi di euro,
  • obbligazioni senior per circa 11,8 miliardi di euro,
  • raccolta indiretta per circa 23 miliardi di euro, di cui circa 10,4 miliardi di risparmio gestito,
  • circa 900 sportelli in Italia e circa 60 all’estero, inclusa la rete di filiali in Romania,
  • circa 9.960 persone in Italia e circa 880 all’estero
  • crediti in bonis ad alto rischio per 4 miliardi di euro
  • le partecipazioni in Banca Apulia S.p.A., Banca Nuova S.p.A, SEC Servizi S.c.p.a., Servizi Bancari S.c.p.a. e le banche con sede in Moldavia, Croazia e Albania.

Restano escluse dalla cessione i crediti deteriorati (sofferenze, incagli, esposizioni scadute) e le partecipazioni in Banca Intermobiliare e Farbanca.

È prevista l’erogazione di una garanzia pubblica –  il cui valore è stato calcolato in 400 milioni di euro – a favore di Intesa Sanpaolo su un ammontare di 12 miliardi di euro della massa in liquidazione, così composto: fino 6,3 miliardi di euro per finanziamenti erogati alla procedura di liquidazione coatta amministrativa da Intesa, per 4 miliardi in relazione all’obbligo di retrocessione dei crediti in bonis ad alto rischio, e per 1,5 miliardi in relazione agli impegni contrattuali presi dai commissari liquidatori a tenere indenne Intesa Sanpaolo «per fatti antecedenti la cessione».

L’intervento tutela tutti i depositanti i creditori senior di BPVI e Veneto Banca, mentre azionisti e obbligazionisti subordinati perdono il loro capitale (viene applicato il criterio della condivisione degli oneri). Tuttavia, per i clienti persone fisiche, imprenditori individuali, nonché imprenditori agricoli o coltivatori diretti, che abbiano acquistato le obbligazioni subordinate direttamente dalle due banche, è previsto l’accesso al fondo di solidarietà statale che pagherà un indennizzo pari l’80% del capitale. Intesa Sanpaolo si è detta disponibile a farsi carico del restante 20 per cento.

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