Borsa
Non diciamolo troppo forte, ma le banche italiane sono a posto
A differenza di quanto accaduto nel 2008 e nel 2012, quando le banche italiane erano al centro della crisi, questa volta non è razionale aspettarsi che ci siano grossi problemi. Rispetto alle crisi globali precedenti, infatti, gli istituti di credito italiani sono capitalizzati meglio, hanno gestito meglio l’aumento dei tassi d’interesse e, per quello che riusciamo a vedere, i bilanci non nascondono dei buchi.
Partiamo dalla capitalizzazione. Le banche complessivamente hanno aumentato la percentuale di capitale tangibile sull’attivitá, rispetto al 2008:
CapitalIQ, stime mie
Come si vede, c’è un aumento per ogni banca (eccetto BPER che direi va meglio grazie alla fuoriuscita delle minoranze) che porta nel caso di Unicredit ad avere addirittura il capitale più che raddoppiato rispetto a quello del 2008. Le banche adesso hanno meno leva rispetto al 2008 e questo le rende meno vulnerabili alle scosse della economia.
Le percentuali stimate nella tabella qui sopra sono valide anche dopo le perdite registrate l’anno scorso, a causa del calo dei valori delle obbligazioni dopo l’aumento dei tassi. Mentre SVB aveva delle perdite uguali al patrimonio netto della banca, le perdite per le banche italiane sono piú contenute:
Stime mie
Dall’1,6% per BPER al 7,0% per Monte Paschi, le perdite sono minime. Questo è grazie al fatto che le banche hanno portato a breve la duration dei portafogli obbligazionari l’anno scorso per ridurre le possibili perdite e l’esposizione ai tassi d’interesse. Per esempio, Intesa San Paolo aveva un duration di solo 0,4 anni a fine 2022 mentre BPER era a 1,9 anni. Invece di aumentare i rischi come ha fatto SVB le banche italiane, l’anno scorso, sono riuscite a ridurre i rischi dal portafoglio obbligazionario e salvaguardare il patrimonio della banca.
E finalmente, a differenza di Credit Suisse che ha creato dei danni a se stessa con le operazioni di Greensill, Archegos e Mozambico, le banche italiane sono piacevolmente noiose, adesso. Mentre nel 2008, i problemi di Italease e Carige erano noti e ci si faceva qualche domanda sul poco patrimonio di Unicredit e Monte Paschi dopo l’acquisto di Banca Antonveneta, in questo momento queste banche vanno bene. Hanno ridotto il livello delle sofferenze, si stanno consolidando per concentrarsi sulla gestione dei costi e danno piú importanza al livello di capitale che non altro.
Non c’è insomma nulla di particolarmente interessante da dire: e, dati i tempi che corrono, è decisamente meglio così.
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