Filosofia
Alt-Vax. Il suicidio dello spirito critico
C’era una volta la capacità critica come spirito di radicale messa in discussione dell’ordine esistente. Questa attitudine esistenziale e cognitiva si basava su un rifiuto dell’ordine costituito come dato autorevole di per sé. Ultima propaggine dell’illuminismo, eccetto la controversa interpretazione francofortese dell’illuminismo, è stata motivo di orgoglio e auto-identificazione nel pensiero e nella pratica di progressismo radicale del pensiero occidentale.
Uso il passato non per farne un necrologio, anche se la diagnostica pessimistica ben si attaglierebbe alla teoria critica applicata a se stessa. È risaputo che Bruno Latour aveva acutamente diagnosticato la fine della critica e il suo essersi “spompata” (“Why critique has run out of steam?”) di fronte alla confusione paranoica di qualcuno che ne ha utilizzato lo stile per confonderla con il mero complottismo. Uso il passato per segnalarne la recente tendenza a un clamoroso autodafé pragmatico. È sotto gli occhi di tutti la sconcertante ma forse non così sorprendente congiunzione tra messa in discussione dei dispositivi vaccinali di una parte della sinistra radicale e della destra estrema.
Come è possibile che diversi intellettuali, privati cittadini e professionisti abbiano accettato di finire a sostenere una battaglia che di fatto è coincidente con quella (per lo più pretestuosa) di una certa destra? Molte frange della sinistra radicale in questi anni hanno preso il distanziamento dalla destra, che nel frattempo ha inquinato il dibattito e le politiche su tanti temi (immigrazione, povertà, uso del corpo), come una guida identitaria e pratica fondamentale. Perché l’emergenza Covid e la politica vaccinale hanno fatto emergere una paradossale vicinanza tra estrema destra e parte del radicalismo di sinistra? Perché molti attivisti e intellettuali radicali (si veda il caso estremo di Agamben) non hanno cercato di evitare questa infamante identificazione, nonostante molti giornalisti e pensatori del centro tecnocratico cosiddetto neoliberale abbiano usato questa presunta identità di opposti radicalismo come arma polemica?
Per rispondere a queste domande bisogna rigettare di principio l’identificazione dei due estremismi, come vuole il gergo giornalistico centrista, e concentrarsi sulla questione della sinistra no-vax (o scettica), poiché il fenomeno della destra no-vax sembra essere per lo più una pura opposizione politica pretestuosa (almeno in Europa ed escludendo i libertari americani). È noto che le posizioni sono molto variegate nei diversi campi. Si va da un rifiuto di principio per motivi medici, a un rigetto politico, a una perplessità per gli strumenti politici (il green pass). Ma per capire l’opposizione di sinistra ai vaccini bisogna distinguere le questioni mediche da quelle politico-morali.
Da un punto di vista medico-scientifico, la ragione fondamentale dell’opposizione (di sinistra) alle vaccinazioni Covid potrebbe essere il rifiuto di una scienza monolitica, la Scienza con la S maiuscola, che sarebbe a braccetto con il potere politico e quindi in grado di garantire indipendenza e neutralità. Che la scienza con la S maiuscola non esista ormai è un dato acquisito e solo lo spauracchio del burionismo mediatico ha acuito questa percezione. Come è noto e come la stessa dinamica di comprensione del Covid ha mostrato, la scienza (o meglio le diverse discipline scientifiche coinvolte) procedono in maniera collettiva per aggiustamenti successivi di fronte a fenomeni nuovi.
È vero che in certi momenti di estrema emergenza l’appello alla scienza ha fatto emergere un certo scientismo indistinto, come se tutte le soluzioni potessero essere puramente somministrate medicalmente su un soggetto collettivo inerte. Ma l’evoluzione delle risposte all’emergenza non ha certo restituito l’immagine di una scienza monolitica che indottrina la politica che a sua volta modella la società. Al contrario, abbiamo assistito a una dinamica (imperfetta) di discussione collettiva che, con mille limiti, ha mostrato come scienza-politica-e-società si aggiornano di fronte a un fenomeno imprevisto.
Quindi la ragione per l’opposizione presuntamente scientifica che parte della sinistra radicale ha manifestato contro i vaccini Covid va cercata altrove. E può essere ritrovata solo in un atteggiamento esistenziale e cognitivo di alternatività a priori. Il rifiuto dell’autorità di ciò che si trova nei canali mainstream è il cuore dello spirito critico. E il sospetto in ogni verità ufficiale è la sorgente di questa tendenza critica. Ma la motivazione alla verità alternativa è viziata quando le “verità alternative” sono corrotte da altre motivazioni e non rispettano alcuno standard razionale.
L’altra motivazione fondamentale per il rifiuto vaccinale è morale, ovvero di natura in senso lato anarchica nel rifiutare che l’autorità pubblica imponga ai cittadini una misura, forse giusta, ma sbagliata nei modi. In Francia in molti si sono opposti al green pass macroniano proprio con questa motivazione. A voler prendere per buona questa forma di opposizione, se ne dovrebbe concludere che i vaccini andrebbero bene ma non dovrebbero essere imposti. Però questa opposizione morale si coagula a sua volta con le motivazioni spurie di natura pseudo-scientifica di cui sopra.
Le motivazioni radicali contro le misure vaccinali sono quindi basate su una medicina alternativa o su un rifiuto anarchico nei confronti di ogni imposizione. Detto in questi termini il rifiuto vaccinale si basa sulla ricerca di un principio alternativo, cognitivo ed esistenziale, contrario alla verità ricevuta. Ma questa opposizione di principio deve misurarsi con la situazione emergenziale. Come uscire dall’emergenza se non con strumenti medici e politici eccezionali? Alcuni – in Italia in particolare il collettivo Wu Ming – hanno proprio contestato la natura emergenziale della situazione cercando di mostrare che la presunta emergenza è in realtà un dispositivo di potere costruito ad arte. Ma anche a concedere una parziale plausibilità di quest’ultima critica, non è chiaro cosa si possa fare altrimenti in questa situazione.
Più in generale è sorprendente che questo tipo di critiche si coagulino così fortemente attorno alla questione della vaccinazione. È vero che è sempre esistita un’opposizione ai vaccini sin dalla loro prima introduzione nel XIX. Ma i vaccini di oggi non sono quelli di una volta. Su questa paura ancestrale si innesta una motivazione che riemerge in varie forme ma che possiamo definire una forma di naturalismo, ovvero la tendenza a rifiutare le soluzioni tecniche e mediche a favore di non meglio specificate soluzioni alternative più naturali. È certo che dietro molte posizioni scettiche o incerte di tantissimi cittadini esitanti giochi questo tipo di motivazione. Ma se volessimo prenderla sul serio, questa motivazione dovrebbe coerentemente far rifiutare anche le cure proposte per il Covid. Perché a coloro che temono i vaccini per motivazioni naturaliste dovrebbe andare bene l’essere curati (in ospedale!) invece che una misura di profilassi (il vaccino)?
La ragione di tante incoerenze e stranezze risiede probabilmente nel fatto che la questione vaccinale fa coagulare in maniera caotica timori sulla bontà scientifica e rifiuto degli strumenti politici utilizzati. In questo contesto la ricerca di una posizione, alternativa a quella percepita come ufficiale e politicamente imposta, produce un autodafé intellettuale, politico ed esistenziale sconcertante. L’impulso a non credere alla verità ufficiale, tanto salutare e necessario di fronte a tante manipolazioni del potere costituito, in questo caso porta i no-vax (di natura scettica, anarchica o naturalista) a credere alla pseudo-scienza. Come è possibile che coloro che si sentono eredi di un atteggiamento critico finiscano per essere vicini a posizioni genuinamente e chiaramente manipolate da qualcuno?
La pulsione fondamentale alla ricerca di una verità alternativa ha creato un dispositivo di auto-illusione tale per cui qualsiasi affermazione ufficiale viene screditata, soprattutto se presentata nel connubio scienza-potere. Ma, da un lato, scienza e potere sono molto meno monoliti di quanto viene paventato. E, dall’altro, se anche lo fossero, non ne seguirebbe che si dovrebbe dubitare di tutto e gettarsi in posizioni chiaramente irrazionali (qualsiasi sia la concezione di sapere che uno vuole adottare). Il buon vecchio Marx ci ha insegnato a diffidare della verità ammantata dall’ideologia. Ma è sempre stato un grande sostenitore della scienza (ottocentesca e positivista). È vero che dietro alla ricerca scientifica ci sono molti interessi economici e qualcuno ci sta guadagnando enormemente da questa epidemia. Ma questo non dovrebbe farci cascare nelle braccia del suo opposto.
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