UE

Un popolo di risparmiatori arrabbiati con l’«italiano alla Bce»

14 Marzo 2016

Dietro l’avanzata dell’Afd in Germania, non c’è solo la questione immigrati ma anche il crescente malumore dei tedeschi per la politica monetaria della Bce, che, insieme ai programma di salvataggio della Grecia, è fortemente contestata dal partito e non piace a molti tedeschi. Passati i tempi in cui l’ex governatore della Banca d’Italia veniva ritratto con un elmetto prussiano sulla prima pagina di Bild. Ormai Mario Draghi, «l’italiano alla Bce», è la bestia nera dell’opinione pubblica tedesca. Perché il costante calo dei tassi da parte della Bce, ormai a zero per quello di riferimento e addirittura negativi per i depositi degli istituti di credito presso la banca centrale, sta toccando un nervo cruciale per i tedeschi: l’ansia della stabilità dei propri soldi e soprattutto il piccolo risparmio.

«Cari risparmiatori, da ieri non vale più quello che ci hanno detto i nostri genitori: risparmia nel tempo, per avere nell’emergenza. Risparmiare era il nostro Dna, così mi hanno educato i miei genitori, risparmiare per la vecchiaia per quando ne hai bisogno», ha scritto Franz-Josef Wagner, celebre columnist del tabloid Bild. Perché il tedesco medio in genere predilige i metodi più sicuri, come i libretti di risparmio, ed è profondamente avverso al rischio e in genere ai debiti, soprattutto a lungo termine. E non è un caso che in tedesco la stessa parola, Schuld, significhi sia “debito” sia “colpa”.

Un elemento salta agli occhi – e spiega perché ben pochi, al contrario di quanto accade in Italia, si rallegrino della politica della Bce: la Germania è su scala europea il paese con il più basso tasso di proprietari di abitazione (chi ha un mutuo vede calare gli interessi che paga sulla rata): in una classifica pubblicata dall’ufficio statistico tedesco e riferita al 2014, su 27 paesi Ue (manca il Lussemburgo) più la Svizzera, il paese della cancelliera Angela Merkel è all’ultimo posto con appena il 52,5% di proprietari (solo la Confederazione, fuori dall’Ue, fa peggio, con il 44%). Per raffronto: l’Italia è al 73,2 per cento.

Le ragioni sono varie, una però primeggia: l’ostilità a fare debiti soprattutto a lunga scadenza. A questo si aggiunga una particolare severità della banche nel concedere mutui, mentre gli affitti sono ragionevoli. Dall’altro lato, altissimo in Germania è il tasso di risparmio soprattutto tramite strumenti poco o punto redditizi come i libretti di risparmio. Basti dire che, stando allo Handelsblatt, su conti correnti e libretti i tedeschi hanno depositi complessivi per 2.000 miliardi di euro circa, pari a grosso modo un terzo dell’intera somma dei risparmi di tutta l’Eurozona. «La Germania – si legge in uno studio pubblicato nel 2015 dalla filiale tedesca della Bank of Scotland e realizzato dall’istituto di sondaggi Forsa – è un paese di risparmiatori. Oltre il 60% dei tedeschi (il 64%, ndr) mette regolarmente soldi di parte». Le somme messe da parte mensilmente per il 47% dei tedeschi sono tra i 50 e i 200 euro, per il 24% oltre 300. A risparmiare a costo di lacrime e sangue sono anche i tedeschi a basso reddito: il 90% con stipendi sotto i 1.000 euro mette da parte fino a 200 euro al mese. Non vanno forti le azioni (troppo rischiose) mentre, prosegue lo studio, «un libretto di risparmio è usato molto più spesso», almeno da un tedesco su due. E il trend prosegue anche tra i giovani: secondo uno studio pubblicato dalla Deutsche Bank nell’agosto 2015, l’80% dei tedeschi sotto i trent’anni mette soldi da parte ogni mese, in media, su 464 euro mensili, ben 126 vengono depositati su strumenti di risparmio.

È chiaro che per chi punta su conto correnti e libretti di risparmio la politica della Bce è devastante. La società di investimento tedesca Union Investment ha calcolato che le perdite complessive per le famiglie tedesche nei prossimi cinque anni per i bassi interessi saranno di 224 miliardi di euro, se i tassi non risaliranno. E anche sottraendo i benefici per i migliori interessi sui mutui la perdita netta resta dell’ordine di 60 miliardi di euro. Non a caso i media tedeschi e molti politici locali accusano Draghi di “esproprio” dei risparmiatori.

Del resto tra i beni sicuri dei tedeschi ci sono, ovviamente, i titoli di Stato, i famosi “Bund” su cui viene calcolato lo spread (il differenziale) rispetto ai nostrani Btp. Ormai i titoli tedeschi sono sprofondati in terreno negativo, «chi presta 1.000 euro al signor Schäuble (il ministro delle Finanze tedesco, ndr) – commenta l’Handelsblatt – ci rimette 30 euro all’anno». E poi c’è l’altro capitolo cruciale per i tedeschi, i fondi pensioni, basati su titoli molto sicuri (Bund inclusi). Markus C.Kerber, un economista ordinario di Economia finanziaria pubblica e politica economica all’Università tecnica di Berlino, e tra i più aspri critici di Draghi, cita studi secondo cui chi ha un assicurazione pensionistica privata firmata nel 1998, rischia di perdere fino a 48.000 euro fino all’età della pensione, con una pensione (privata aggiuntiva) di 1.025 euro invece dei 1.248 euro previsti.

Sullo sfondo, la tradizionale diffidenza verso i paesi del Sud. Per tanti tedeschi, la politica di Draghi “premia” chi fa debiti, Italia in testa. Handelsblatt ha calcolato che la politica del tasso zero ha “regalato” all’erario italiano 53 miliardi di euro tra il 2012 e il 2015, mentre i vantaggi per le casse dello Stato tedesco sono di appena 9,5 miliardi. Non a caso Hans-Werner Sinn, l’economista presidente dell’istituto Ifo di Monaco assurto a massimo esponente euroscettico e critico di Draghi, parla della «più colossale redistribuzione in Europa dal Secondo dopoguerra». Della serie: noi tedeschi risparmiatori e prudenti veniamo puniti, gli italiani spendaccioni vengono premiati. E da chi? Chiaro, dal loro compatriota arrivato ai vertici della Bce. Umori che difficilmente cambieranno nei prossimi mesi.

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