UE
La Grecia perde miliardi per i trucchi fiscali delle multinazionali europee
«Hanno evirato Varoufakis». Con un’immagine piuttosto brutale, il Pasok – lo storico partito socialista greco ora ridotto a una piccola forza di opposizione – ha sintetizzato così quanto sta accadendo in queste ore in Grecia, mentre aumenta il pressing e al tempo stesso la preoccupazione per il perdurante stallo dei negoziati. Uno stallo dovuto, a dire il vero, non solo all’insufficiente reattività ellenica, ma anche a una eccessiva rigidezza, finora, dei creditori, mentre emergono realtà che in parte sembrano dar ragione al governo di Alexis Tsipras. Come lo stop alla concessione alla multinazionale canadese Golden Eldorado, che sta sfruttando a fondo un’area nel nord del Paese, ma che – stando a una Ong olandese – avrebbe di fatto eluso (legalmente) al fisco greco somme colossali attraverso una triangolazione con i Paesi Bassi.
Procediamo per ordine. La questione di Varoufakis è emersa durante il fine settimane, dopo che l’eurogruppo di Riga, venerdì e sabato scorso, è finito letteralmente a pesci in faccia, con insulti degli altri ministri nei confronti del collega greco («irresponsabile»). Che il volitivo e fascinoso ministro delle Finanze stia creando sempre più problemi, con disappunto dello stesso Tsipras, è un segreto di Pulcinella.
E non a caso in questo fine settimana grandi quotidiani finanziari anglosassoni – Financial Times e Wall Street Journal in primis – hanno apertamente parlato di una progressiva emarginazione di Varoufakis. Che, in effetti, si è verificata domenica sera, anche se a parole il governo di Atene ribadisce la «fiducia e il sostegno» al ministro delle Finanze. Fatto sta che Tsipras – il quale ha avuto una fitta serie di telefonate con la cancelliera tedesca Angela Merkel, ansiosa di evitare il “Grexit” – ha di fatto commissariato Varoufakis.
Il punto è che la situazione finanziaria di Atene appare sempre più tesa. A maggio c’è già una raffica di scadenze: 1,4 miliardi di euro di scadenze di titoli a breve l’8 maggio, 770 milioni di euro al Fmi il 12 maggio, un altro 1,4 miliardo il 15 maggio per altri titoli a breve. E poi a giugno ci sono altre scadenze per titoli a breve per un totale di 5,2 miliardi e di 1,5 miliardi per il Fmi. E via continuando. Oltretutto se appare arduo che Atene conduca a termine il vecchio programma in scadenza il 30 giugno e porti a casa gli ultimi 7,2 miliardi di aiuti ancora rimasti, ancora più complicato è pensare a quale nuovo programma si potrà pensare per il dopo. Non è un caso se viene sempre più spesso citata la possibilità di un “Grexit”, o almeno di un “piano B”. Secondo il Wall Street Journal questa possibilità è stata apertamente invocata nella riunione di Riga di venerdì e sabato dai ministri delle Finanze di Slovenia, Slovacchia e Lituania. Il presidente dell’Eurogruppo Jeroen Dijsselbloem ha per ora respinto l’ipotesi, mentre più sibillino è stato il ministro delle Finanze tedesco Wolfgang Schäuble: «Ovviamente c’è sufficiente fantasia – ha detto – per immaginarsi che cose potrebbero accadere. Ma se io rispondessi “sì” (all’ipotesi di un piano B n.d.r.), sappiamo che accadrebbe (sui mercati n.d.r.). Se rispondo di no, beh, sappiamo che non mi crederete». Salvo poi aggiungere: «se avessimo detto in anticipo che abbiamo un piano per la riunificazione (tedesca del 1990 n.d.r.) tutti avrebbero detto che i tedeschi sono completamente impazziti». Secondo Die Zeit, del resto, il governo tedesco ci sta pensando eccome, solo che l’ipotesi su cui si starebbe lavorando sarebbe ora come evitare un Grexit anche nel caso di un default greco.
Il punto è che pare di capire che il governo Syriza su alcune questioni non abbia tutti i torti, checché dicano i creditori. E’ il caso, ad esempio, dello stop imposto alla mega concessione per una miniera d’oro nella penisola Calcidica, nel nord della Grecia, al colosso minerario canadese Gold Edorado, tra l’altro anche per preoccupazioni ambientali. Le proteste non si contano, molti vi hanno visto l’ennesimo esempio del governo di «estrema sinistra» che blocca investimenti pubblici preziosi per il paese. Ebbene, un recente rapporto preparato dall’ong olandese Somo sostiene che in realtà la Gold Eldorado pagherebbe pochissime imposte all’erario greco grazie a un sofisticato sistema fiscale che le consentirebbe di pagare le imposte non in Grecia, ma in Olanda, il cosiddetto “profit shifting” – i profitti della filiale greca vengono “girati” alla filiale nei Paesi Bassi, dove le imposte sulle società sono bassissime, a volte fino a zero – proprio come nel Lussemburgo al centro dello scandalo LuxLeaks. Una direttiva Ue, scrive il rapporto, «stipula che la Grecia non può prelevare imposte su pagamenti di interessi tra sussidiarie collocati in vari stati membri Ue».
Trucchi perfettamente legali attraverso i quali il colosso minerario canadese Gold Eldorado che, secondo il rapporto, avrebbe “risparmiato” imposte in Grecia per 1,7 miliardi su due anni. E non è che un esempio tra molti, secondo il rapporto sarebbero molte le multinazionali (alcune anche italiane) che trasferiscono i propri profitti realizzati con le proprie filiali in Grecia verso le proprie filiali nei Paesi Bassi e in Lussemburgo. Tra queste, stando al rapporto, ci sarebbero colossi come la Bmw, la Bayer, l’Edison, la Bosch, la Footlocker. Se così è il gettito fiscale perso dall’erario greco potrebbe essere colossale. L’ong olandese cita il caso della società tedesca Hochtief, responsabile dell’aereoporto di Atene, che, si legge nel rapporto, non pagherebbe l’Iva dal 2001. Nel settembre 2014 un Tribunale ateniese ha confermato le richieste del governo greco di un rimborso fiscale per 600 milioni di euro.
Quando si parla di lotta all’evasione fiscale in Grecia, è insomma il messaggio del governo guidato da Syriza, va bene guardare al piccolo gelataio che non emette scontrino, ma forse l’ex troika – che ora si chiama “Brussels Group” perché suona meglio (anche se è costituito sempre da Bce, Commissione Europea e Fmi) – farebbe bene a concentrarsi di più anche sulla gigantesca elusione fiscale legale che sottrae alla Grecia (come a molti altri stati) risorse più che indispensabili. Che magari potrebbero evitare di dover abbassare ulteriormente le pensioni o i salari minimi.
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