UE
Tsipras inizia il suo secondo mandato: la Grecia è un laboratorio politico?
Presi come eravamo a inseguire le rotte dei migranti, scossi dalle testimonianze quotidiane di morti, guerre e atrocità varie, impegnati a combattere col proprio dirimpettaio in merito a vicende italocentriche e di relativo spessore, ci eravamo quasi dimenticati della Grecia. O meglio, avevamo lasciato Tsipras all’imbocco dell’estate rovente, quando il presunto accordo con i creditori aveva -secondo molti- inevitabilmente bollato il fallimento della ciurma di Syriza, certificato da quelle dimissioni di fine agosto inquadrate grossolanamente come segno di resa, o comunque incanalate per poter essere digerite dall’opinione pubblica con questo sottile significato.
Sta di fatto che ieri in Grecia si è votato, sta di fatto che da oggi ad Atene si riparte con un nuovo impegno politico per cercare di trascinare il paese fuori da una situazione di malessere cronico.
In realtà, mentre il paese correva alle urne e mentre l’Europa accendeva le luci su Atene, la situazione greca appariva -e appare- ancora piuttosto difficile da pronosticare. L’incertezza nonostante quel che potesse sembrare –“Tsipras sul filo di lana” titolava La7 nell’edizione serale del tg andato in onda ad urne chiuse, incurante dei quasi 7 punti di margine- non verteva certo sul possibile vincitore: Syriza come previsto resta saldamente il primo partito del paese, al netto della scissione dei dissidenti Koronakis e Lafazanis, rispettivamente ex segretario di partito ed ex ministro dell’energia.
Ad esempio un sondaggio condotto tra il 7 e il 9 settembre scorso dall’istituto di rilevamento Prorata e riportato dalla stampa greca indicava come Syriza si aggirasse attorno al 28,5%, a cinque punti dall’opposizione di Nea Dimokratia che si sarebbe fermata al 23%. Nei giorni successivi i sondaggi indicavano un tendente assottigliamento del margine tra le due rappresentanze, tant’è che negli approfondimenti dedicati alle elezioni greche sui media ellenici e non si indicava una situazione incerta, quasi fosse un braccio di ferro. A conti fatti, quando il cerchio si è stretto, il margine tra Tsipras e l’opposizione di Vangelis Meimarakis, l’uomo nuovo della destra conservatrice ellenica, è lievitato in maniera considerevole.
La polemica in Grecia sta coinvolgendo i principali istituti di ricerca e sondaggi, a cui viene imputato l’errore di aver minimizzato il distacco tra Syriza e Nea Dimokratia fallendo di fatto la previsione. Qualcosa di simile era già accaduto alla vigilia dell’ormai epocale referendum del 5 luglio, quando i sondaggisti diffusero le previsioni di un incerto ballottaggio tra “Oxi” e “Nai” salvo poi vedere il trionfo del primo.
Thomas Gerakis, presidente della società di ricerca e inchiesta MARC si è scusato per le pessime previsioni negli exit poll e per gli errori in termini di sondaggi pre-elettorali dicendo come un fattore importante lo abbia giocato l’astensionismo:
“A margine degli exit poll è lecito prevedere un relativamente piccolo margine di errore rispetto al risultato elettorale -dice– L’exit poll pubblico però non è riuscito a prevedere la grande differenza tra due più grandi schieramenti. Il problema non era metodico: nessun problema di progettazione del campione o di archiviazione dati. Quei dati raccolti dai nostri ricercatori -prosegue Gerakis- al di fuori dei seggi elettorali erano fedeli e il popolo ha risposto con assoluta sincerità. Tuttavia, nelle analisi statistiche che sono seguite sono stati elaborati modelli e ipotesi poi puntualmente smentiti. L’alto tasso di astensionismo era stato correlato agli elettori Syriza, e finora non è stato così“.
Curioso anche come si fosse ingigantito il bacino elettorale di Unità Popolare, ala radicale e vera e propria costola scissionista di Syriza fondata da Lazafanis e ‘simpatizzata’ dallo stesso Varoufakis. Lo schieramento inizialmente godeva di una stima al 3,5-4%, tanto da spingere varie analisi visionario-politiche a considerare una necessaria alleanza con Syriza, e invece è finito al di sotto di quel 3% che segna la soglia d’ammissione al Parlamento. Curioso davvero, perché in campagna elettorale dalle nostre parti si ragionava spesso su come si sarebbe articolato il serpente dell’ostracismo sinistro a Tsipras, con il Corriere della Sera impegnato ad assemblare parole a Varoufakis pur di rendere credibile il progetto di un’alternativa internazionalista -era il 16 settembre, qui la diatriba e l’articolo.
Curioso anche come il risultato di ANEL, i Greci Indipendenti -corrente guidata da Panos Kammenos, ex ministro della difesa nel primo governo Tsipras- venga considerato come un generico “alleato di destra”:
Tsipras trionfa, governerà con la destra. La Ue: prima verifica in autunno
titola il Sole24Ore, salvo poi specificare come Tsipras possa «rifare praticamente un governo fotocopia del precedente e portare avanti le politiche di attenuazione dell’austerità per le classi più disagiate e -continua Vittorio Da Rold – continuare le fondamentali trattative sulla ristrutturazione del debito».
Altro discorso va riservato alla Golden Dawn, peggio conosciuta come Alba Dorata, partito nazista alla sbarra e sull’orlo dell’incostituzionalità ma capace di raccogliere il 7% e mostrarsi in generale calo dopo essere più volte sponsorizzato come ombra nera del baratro in cui Tsipras pareva esser destinato. In realtà la formazione politica di Nikolaos Michaloliakos -che deve far fronte a vari guai giudiziari- ha perso il 14% dei voti nel collegio di Atene e il 10% nel collegio di Salonicco, arrivando poi a pagare circa 20.000 voti nelle sei regioni urbane. Diverso il discorso nelle regioni di confine come il Dodecaneso, Creta, il Mar Egeo Settentrionale e le regioni al confine con la Macedonia, dove Golden Dawn ha visto aumentare di 14.000 voti le sue preferenze, il tutto favorito dal problema dell’accoglienza dei profughi che interessa le aree in questione.
La questione della scarsa affluenza (circa il 10% in più di astensioni rispetto a gennaio) è un altro fattore da considerare, seppur la Grecia abbia sempre avuto tassi molto alti e seppur fosse preventivabile registrare picchi di stanchezza da parte dell’elettorato, nessuno può certo biasimarlo, dopo tre giri di danza -due lezioni politiche e un referendum- in pochissimi mesi, affrontati con orgoglio tra mille difficoltà. Proprio alla luce della recente storia del paese non mi sembra un dato significativo per riuscire a inquadrare la scena politica ellenica, considerato che il livello di astensionismo è crescente in diverse aree d’Europa da almeno trent’anni a questa parte (qui).
In sostanza, la capitolazione di Syriza tanto dichiarata -anche nel commento di questi risultati elettorali- sembra non esserci stata. Tsipras era il Presidente del Consiglio e sarà il prossimo Presidente del Consiglio. Ora bisognerà vedere e tentare di intuire come cercherà di mantenere la leadership fronteggiando la questione memorandum, questione che, va detto, appare ancora tutt’altro che risolta. Il Fondo Monetario infatti non sembra più allineato da tempo con le istanze di Schaeuble che negli anni scorsi erano abituate a guidare le velleità dei creditori, ed è forse proprio per questo aspetto che la diatriba estiva sul debito greco è stata consegnata all’ibernazione, spostando i riflettori sulle dinamiche politiche interne. In pochi vedevano dietro le dimissioni di Tsipras un paradossale tentativo di crescita, arginando i problemi alla radice e tentando di riformare una coscienza nuova che consenta di ritornare sul ring a testa alta. In effetti il giovane partito di Alexis ha attraversato i 6 mesi più difficili degli ultimi trent’anni di storia ellenica, ed era preventivabile che le forze spese nel tentativo di arginare la durezza della Troika avrebbero visto cadere uomini sul campo.
Uno di questi sembra essere l’ex ministro delle Finanze, il falco Yanis Varoufakis, che prosegue nel frattempo la sua attività divulgativa cercando di chiarire quali siano gli aspetti che hanno determinato il corso di questo lungo stillicidio ellenico. In molti lo danno come reale protagonista del futuro del paese, alcuni lo indicano come feroce avversario del premier, altri come possibile vecchio-nuovo interlocutore con cui formare un’alternativa credibile, resta da capire in che modo le consultazioni post voto possano indirizzare Varou -già stretto collaboratore di Tsakalotos- una linea più uniforme con quella di Tsipras, nonostante la stampa europea si affretti da tempo a dipingere la frattura con il premier.
La sensazione è che ci sia un nuovo scenario post-bellico in cui la Grecia sia più preparata ad affrontare uno scontro frontale che può trasformarsi in dialogo, la sensazione è quella di un laboratorio politico. In fondo Angela Merkel, già intenerita dai profughi siriani, ha parlato di “discussione” in merito al tema del debito, mentre appare francamente arduo pensare che Tsipras sia sia allineato improvvisamente alle richieste di Schaeuble, quest’ultimo inviso ormai a parecchi esponenti principali della scena – vedi Draghi, vedi Lagarde, e non solo.
L’emorragia tanto annunciata di fatto non c’è stata, come non c’è stata alcuna necessità di governi di unità nazionale o improbabili pasticci tra coalizioni nazarene e non c’è stata la creazione annunciata dello zoccolo duro oltranzista, rappresentato soltanto dai comunisti del KKE, attestatisti al 5,5%. La Grecia ora ha la possibilità di riavvolgere il nastro, e c’è la sensazione che il cambiamento lo abbia portato più nelle coscienze che con fatti concreti. Certo, Tsipras poi è stato lasciato solo quasi come fosse un agnello sacrificale, sta di fatto che il sacrificio non si è compiuto. L’aria non è più pesante come quella di gennaio, né come quella di luglio. Adesso sembra che molte battaglie ai più apparse vane abbiano condotto l’Europa ad ascoltare le proprie identità frastagliate e a fare i conti con un mondo che è costretto ad uscire di scena a tempo con gli ingranaggi della Storia. Ad Alexis forse il ruolo di averlo accompagnato all’uscita. Staremo a vedere.
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